Ines De la Fressange oggi è più schietta di ieri? No, lo è sempre stata. Ines de la Fressange oggi è una donna che siede rilassata, gambe divaricate braccia posate sulle ginocchia e occhiali che non nascondono per nulla lo sguardo più acuto della moda. La incontriamo in un giardino milanese, avvolta nella sua sicurezza che è tutt’altro che scostante. È snob certo, è Ines; è autentica certo, è Ines. “Il 14 giugno è una data importante, è la data in cui decidi che diventerai designer della tua linea di abbigliamento” proclama dopo aver parlato dei pantaloni che indosso e avermi fatto fare lo spelling di nome e cognome per trovare il nome del brand più sincero e funzionale possibile. Le credo. Perché davanti alla musa, designer, anima del mondo Roger Vivier, qui a Milano per presentare il libro che raccoglie storie e donne della maison parigina, #LoveVivier (Rizzoli New York), è difficile non credere che in una sola vita ci siano molte strade percorribili.

Essere una musa di un brand rapina un po’ della propria personalità? “No, non potrei fare altro che essere me stessa. Non ho mai accettato di lavorare con un brand che non mi piacesse. Quando ho incontrato Diego della Valle, e ho saputo che aveva acquistato Roger Vivier, gli ho subito fatto i complimenti e lui ha ribattuto “vuoi rilanciare il brand?” Gli ho detto semplicemente: sì, idea brillante, con molta spontaneità, senza fare lunghi giri di legali and co. Lui ha capito che posso fare moltissimo ma devo essere libera”. È così difficile mixare libertà ed heritage? “No non lo è. Oggi, in generale, le persone hanno paura di essere licenziate e quindi non dicono, fanno: ma se credi in quello che fai, se argomenti le tue scelte con energia, tutto funziona. Roger Vivier va benissimo, Diego (Della Valle ndr) domani mi licenzierà perché non avrà più bisogno di me” scherza con quella voce che di colpo di catapulta negli anni Ottanta del glamour. “Quando stavo lavorando all’allestimento della boutique di Parigi, Della Valle ha chiesto di entrare ma gli ho detto di tornare dopo, lo store non era ancora pronto, ero in jeans e t-shirt tra fotografie, maschere africane...Il mio futuro con Roger Vivier? (ride ndr) credo di essere la guardiana del tempo: posso dire questo non è Roger Vivier style, questo è troppo volgare…” Cos’è volgare per lei? “Questa risposta è troppo lunga: volgare oggi è quando le persone fanno confusione tra lussuoso e costoso, quando lusso è solo show off, volgare è credere che la felicità arrivi dai soldi, dalla celebrità, se vai su Instagram vedi il meglio e il peggio…”

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Il rapporto con e tra la moda di Ines è una sequela di fortunati innamoramenti umani, timori e paure: “Gran parte delle persone che creano temono qualcosa, ed è normale, ma le persone migliori sono quelle convinte delle proprie idee. Pensa ad Azzedine Alaïa, tutta la sua vita è stata spesa tra entusiasmo, amici, fare quello che amava. E oggi nella storia della moda se c’è qualcosa che è amato da tutti è lui, Alaïa, ha avuto successo facendo quello che desiderava” racconta la donna che è stata compagna di stile di Karl Lagerfeld per Chanel. Mentre parla, muovendo quelle mani da pianista, Ines de la Fressange crea spazio intorno a lei senza mai mancare di charme e discrezione. Dalla sua borsa di Roger Vivier (“ce l’ho da due anni, è impeccabile”) estrarrà il cellulare solo per rispondere alla figlia (un “ciao!” vibrante da diva del cinema) il resto del tempo i suoi occhi sono inchiodati all’interlocutore. Nel libro #LoveVivier si parla di muse e donne forti (ritratti e articoli sulla maison ideati da lei stessa a Leandra Medine, tra le altre): “Le donne non devono essere famose per essere forti. Sono sicura che tua madre sia una donna forte, coraggiosa. Non è così? Quello che impari con il tempo è che tutte le persone hanno storie. Ho imparato ad ascoltarle” risponde immediatamente. Non crede che oggi ci sia un uso scontato del termine femminismo che invece necessita analisi più profonde? “Tu devi ringraziare tua nonna, tua madre, loro hanno combattuto le battaglie che ti permettono di arrivare qui con uno chignon, una camicia da uomo, quei pantaloni, in motorino, con un trucco leggero che una volta era concesso solo alle prostitute. Tu vivi in una società privilegiata, ma le libertà di cui godi no, non sono affatto scontate” incalza la ex modella. Certo, intendevo quanto il concetto di femminismo rischi di diventare anche marketing, si deve/può fare altro di concreto per il femminismo? “è solo una parola. Se ti dicessi che nel tuo giornale c’è un ragazzo che è pagato molto più di te, e c'è, tu non dovresti accettarlo. Questo è qualcosa di cui i giornali dovrebbe continuare a parlare. Quando guardi le news e ti accorgi che negli ultimi 4 anni le cose sono peggiorate e ammetterlo.” Abbiamo ancora tempo? “Sì, questo non è Cannes dove devi usare il timer”.

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Ines de la Fressange, ambassador Roger Vivier la lancio del book a Milano

La moda cambia, giri di valzer alle direzioni, uso dei social e influencer quali nuove muse, che ne pensa? “Tutto cambia, sempre: è qualcosa che devi accettare. Anche questo tavolo: è fatto di milioni di atomi che lo spostano. Ho incontrato una marea di giornalisti che mi hanno chiesto “non hai nostalgia degli anni 80? Di quando eri modella?” No, è la vita, cambia sempre, nulla è per sempre, devi saperlo. Per esempio questo anello che indosso, lo amo tantissimo, quando lo perderò sarò tristissima ma sono stata fortunata ad averlo avuto per lungo tempo. E questo ti rende una persona più felice. La vita arriva con la morte, la morte arriva con la vita. Quando sei giovane aspetti che succeda qualcosa, pensi che la vita arrivi sempre dopo: devi accettare un’evoluzione. Molti magazine oggi sono spaventati dai social media, ma devono accogliere questa evoluzione”. Cosa la sorprende ancora? “Mi sorprende che riesca ad alzarmi dal letto e andare al bagno facilmente, mi sorprende andare a letto la sera e trovare tre cose belle della giornata. Solo tre cose: fallo, è un ottimo esercizio per scoprire la gratitudine. Decido ogni giorno di fare tutto quello che voglio: faccio la collection con Uniqlo, sono designer per la mia linea, scrivo newsletter ogni settimana, viaggio per Roger Vivier, mi occupo di due cani, ah e ho dimenticato i miei libri editi editi per l’Ippocampo”.

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Eleonora Carisi, Tamu McPherson, Candela Pelizza e Ines de La Fressange

Oggi, in termini di iper-connessione, che compito hanno i magazine, le testate digitali, cartacee che siano? “Dovreste spiegare nei magazine che le donne non devono fare così tante cose: lo so, io non sono l’esempio (vedi sopra ndr) ma lo stile di vita delle donne anni 90, che producono una marea di contenuti, attività, secondo me non è affatto la scelta di vita più sana. Leggo di donne che si alzano alla mattina presto, bevono un litro di acqua, poi fanno yoga, corrono al lavoro, mangiano sanissimo e alla fine dell’articolo ti sei annoiata terribilmente e ti rimane l’idea di una donna che ha dormito pochissimo...Penso che le nuove generazioni tendano sempre di più alla qualità rispetto alla quantità, puntano e punteranno a vivere meglio. Già ora vivono in spazio più piccoli dove non c’è posto per accumulare cose”. Le nostre lettrici più giovani vogliono conoscere lo storytelling e scoprire il bikini di cotone organico molto più che accumulare “esatto, questo è quello che ha fatto anche Miroslava Duma, ex blogger russa e ora attivista consapevole di un moda per l’ambiente. La moda ha questa responsabilità: per quanto passi sempre come ambiente superficiale non dimentichiamo che è stato il mondo moda a creare le prime vere battaglie per l’AIDS. La moda ha questo potere di far succedere le cose. Voi come brand siete potenti perché potete dare l’imprinting e parlare di queste realtà, puntare i riflettori su persone interessanti. Amo questa vostra attitude di parlare di altro, e di osare”. Ovviamente al lancio di un’ipotetica linea di abbigliamento nata il 14 giugno 2018, Ines de La Fressange chiede di essere invitata (ovvio, è la donna del buon auspicio).