È sempre Parigi l’ispirazione migliore per l’Haute Couture di Chanel. D’altra parte questi capi sono fatti solo nella capitale francese e cuciti in rue Cambon, proprio sopra la boutique. Nessun riferimento però a quella stretta via del primo arrondissement, Karl Lagerfeld ha preferito la vista sulla Senna con tanto di bouquinistes (edicole che vendono libri, riviste e dischi usati) e suoi venditori (gli amici della maison come Hudson Krönig con i figli o Augustin dol Maillot) vestiti in felpa grigia con il logo «Institut Chanel».

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Sul marciapiede sfila invece l’eccellenza degli atelier, abiti dalle centinaia di ore di lavoro che hanno questa volta i riflessi della Ville Lumière. I ricami di Montex assomigliano al ciottolato di Place de la Concorde, il bustier ricamato è perfino dipinto a mano da Lesage per dare un’idea di tramonto riflesso sulla Senna mentre i guanti in pelle di Causse sono lunghi oltre il gomito.

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Una sfilata che occhieggia allo streetwear con le zip che rendono giacche e gonne più sportive e ancora più difficili da realizzare visto che sono come passamanerie e segnano “l’high profile” delle clienti Haute Couture. Donne milionarie che esigono sorprese e lavorazioni straordinarie come i tweed intessuti a mano o che sono fittissimi incrostazioni di perle e pietre. Anche la sposa sorprende: dopo due abiti bianchi e immacolati appare la modella sudanese Adut Akech Bior con mini velo tutta vestita in una nuance fra il verde menta, rame e reseda (tipico del Grand Palais dove ha sfilato Chanel). Una silhouette sottile e slanciata con tanto di revers ispirati alle giacche degli accademici di Francia. Una mariée da premio.

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