Londra ore 18, camminata dinoccolata cockney. Parigi ore 14, il sibilo dei vagoni alla fermata Pigalle. Torino ore 8, l’aroma di caffè che seduce ricci castani. Lo streetwear, tanto ai vertici delle vendite quanto ai margini delle periferie, è l’imperatore degli anni Zero. E chi altro è figlia della cultura streetwear? La collaborazione tra brand che potrebbero oscurarsi tra loro e, invece, uniti diventano una bomba. Se poi la bomba in questione è preparata tra chi condivide lo stesso dna il risultato è un innesto sanissimo: la limited edition Kappa x K-Way, composta da sei capi e con un massiccio lancio social, è l’esempio di quanto una zip, un logo, una crasi possano diventare vi-ra-li & funzionali. In un mattino di fine estate a Londra nel monobrand store di K-Way a Covent Garden, Lorenzo Boglione Vice President Sales del Gruppo BasicNet (proprietario di Kappa e K-Way) ci racconta perché è stata naturale la nascita di questa collabo. Impossibile non partire dal ritorno del logo nel mondo street perché da Gosha Rubchinskiy al padre di famiglia che ri-porta in auge la tuta di Kappa del liceo, Kappa è diventato il brand imperante indossato da Kylie Jenner quanto dai ragazzi che rappano nelle banlieueparigine. “Siamo un brand sportivo e l’altro un brand di outdoor, non vedevo perché no, non ci siamo buttati di testa, ci siamo detti "vediamo il prodotto finito, siamo in casa e chissà come va". Abbiamo smanettato un bel po’: all’inizio abbiamo preso il K-Way e abbiamo aggiunto la banda di Kappa ma gli mancava qualcosa, poi abbiamo pensato di sovrapporre la banda di Kappa e la banda di K-Way e immediatamente ha funzionato. La collaborazione è spesso più facile quando è condivisa: deleghi una parte del lavoro, tipo Marcelo Burlon e sai che l’altra parte è brava a saper fare quella cosa specifica. Qui, essendo tutto in house, ci siamo fatti il mazzo il triplo". La collabo con Gosha fu un’intuizione potentissima per Kappa, e chi è il prossimo guest? “Eh non lo so, questo mondo negli ultimi tre anni è cambiato tantissimo. Il mondo delle collaborazioni è saturo. Noi stiamo rallentando e dicendo di no anche a proposte belline, ma nulla più di belline…”.

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Poche ore dopo in un ex magazzino dalle luci basse, il Motel Studios e dal dj-set tutto al femminile - signori suona Siobhan Bell - il co-branding prende forma. In un sipario formato da stripes Kappa x K-Way la collaborazione veste Londra: le bande della doppia “K” delineano la silhouette di ventenni funky, i pantaloni della tuta si insinuano su look da ladylike. “Negli anni 90 non c’era Instagram ma c’erano le Spice Girls che mettevano la tuta, e allora tutti a mettere la tuta” sintetizza Lorenzo Boglione. Ecco, in questa Londra di fine estate, abitata da Cardi B e dai maghi dello streetwear che sono spesso sneakerheads 13enni maestri dell’arte di eBay, il mondo italianissimo di Kappa e l’animo francese di K-Way applicano allo sportswear la logomania che ha sedotto la couture. Il pubblico cambia (in parte), l’effetto identificativo rimane ma per quanto virale possa diventare la collaborazione Kappa x K-Way rimane limited: si parte dalla giacca storica “la spina dorsale la Vrai Leon e la Vrai Claude per arrivare al tutone che è molto forte sul mercato”. Una collezione femminile e maschile, genderless “a me non piace la parola genderless, diciamo unisex: unisex è uguale per tutti i sessi, nei nostri capi K-Way c’è scritto unisex, da quando è nato nel lontano 1965 era un sacchetto in plastica con una zip che andava bene a tutti” chiosa Boglione da otto anni in BasicNet. Perché le mode (e le parole che in parte le raccontano) passano, le storie incise su sacchetti di plastica che hanno vestito le gite di tutti noi, restano. Eccome se restano.