Quanto era moderno uno come Lionello d'Este? Nato nel 1407, divenne marchese di Ferrara nel 1441 e da allora fece tantissimo per la sua città, dalla politica all'economia, dal sociale (fece costruire l'ospedale di Sant'Anna, ancora esistente) alla cultura (ridiede slancio all'Università). Grande mecenate, ospitò presso la sua corte tanti artisti, tra cui Pisanello, Mantegna, Bellini e Piero Della Francesca. Era talmente avanti con i tempi e così innamorato della bellezza, che fu tra i primi a farsi allestire nella villa di Belfiore uno studiolo, un modello che poi avrebbe avuto molta fortuna presso le corti del Rinascimento. Un ambiente riservato al principe, “una stanza tutta per sé”, per dirla alla Virginia Woolf, in cui ritirarsi alla meditazione e al riposo intellettuale con l'unica differenza - però - che lì, in quel posto colmo degli oggetti più cari - su richiesta - potevano accedervi anche studiosi e diplomatici per informarsi e a sua volta informare.

C'è di più. Nella lettera a lui indirizzata da Guarino Veronese, il grande umanista elogiava quell'idea di decorare lo studiolo con immagini dipinte di alcune muse, indicandone numero, nomi e iconografia specifica, facendo sì che quella lettera diventasse poi uno dei primi esempi documentati di ideazione di un ciclo pittorico da parte di un umanista. Venne così superata l'antica ostilità della cultura cristiana nei confronti delle divinità pagane protettrici delle divinità artistiche e della memoria, e aperta la strada alla fortuna del tema in epoca rinascimentale. Quello studiolo con le sue tre Muse – la musa Erato, la musa Urania e la musa Polimnia - divenne quindi una rappresentazione simbolica del governo delle arti sulla città, la realizzazione dell'ideale platonico di uno Stato retto da un principe filosofo. Non è un caso, quindi, se Martina Bagnoli, donna preparata e coraggiosa, nonché grande esperta d'arte e direttrice da tre anni delle Gallerie Estensi, ha deciso di ridar vita in maniera eccellente e non scontata alla Pinacoteca Nazionale di Ferrara (a Palazzo dei Diamanti) partendo proprio da quello studiolo. Ha attirato molto la nostra attenzione la tempera su tavola raffigurante la musa Erato. È seduta su un trono, ha in mano un ramo con delle rose rosse, i capelli legati da una treccia e un abito che finisce con una gonna di velluto verde da cui si intravedono degli zoccoli rossi.

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MIBAC/Polo Museale Emilia Romagna
La musa Erato, 1450-1455 ca. e 1456-1458 ca. Tempera su tavola. Ferrara, Pinacoteca Nazionale

Fin qui, nulla di strano, penserete voi, ma soffermandovi ad ammirarla con più attenzione, noterete anche voi che sulla nostra destra si intravede il piede dell'elegante musa che sorregge, tenendolo in bilico, uno zoccolo rosso che ai fashionisti non potrà non far venire in mente le celebri suole delle scarpe Christian Louboutin. Della serie: lo stilista calzaturiero francese, nonostante la sua eccellenza, non si è inventato poi nulla, mettendo in pratica quella regola non scritta della moda secondo la quale “tutto si crea e si trasforma da un passato che quasi sempre torna”. Louboutin a parte (anche perchè le sue, di scarpe, hanno tacchi anche di 14 centimetri, quelle sono più semplici e più comode pianelle) il quadro, come gli altri due dedicati a Urania e a Polimnia (quest'ultima proveniente dalla Gemaldegalerie di Berlino), considerando che risalgono al Quindicesimo secolo, sono straordinariamente moderni. “Sono figure che hanno un'immediatezza affascinante e la loro sensualità ci parla ancora”, ci spiega la direttrice. “La modernità è rappresentata non soltanto da Erato, ma anche da Polimnia nel mezzo che ha una semplicità di ritmo e di linea che ricorda le figurazioni degli anni Venti e Trenta”.

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La musa Urania, 1456-58 ca.; tempera su tavola. Ferrara, Pinacoteca Nazionale.

In quello studiolo di Belfiore, è ospitata anche la Bibbia di Borso d'Este, uno dei manoscritti rinascimentali più celebri al mondo. È il fulcro della mostra Cantieri Paralleli, curata da Marcello Toffanello e visitabile fino al 22 aprile del prossimo anno. Come le Muse di Belfiore, anche quei due volumi della Bibbia latina – scritti, miniati e rilegati dal 1455 al 1462 – sono un'opera collettiva eseguita da un'équipe di miniatori guidati dal ferrarese Taddeo Crivelli e dal mantovano Franco Dei Russi. “È uno dei simboli della Biblioteca Estense di Modena – continua la Bagnoli - “è un pezzo emblematico delle loro collezioni portata a Ferrara nonostante i molti 'no' di alcune organizzazioni culturali. Non è un libro qualsiasi, ma un cantiere artistico che è avvenuto nel corso di sei anni in contemporanea con altri cantieri artistici che hanno contribuito all'evolversi della cultura umanistica e del linguaggio formale e stilistico ferrarese”. Splendide le pagine aperte sulla Genesi, una moltitudine di imprese, di insegne e di colori, dai lapislazzuli all'oro che – assieme alla pelle di animali adoperata per la pergamena – ne evidenziano ancora di più il valore. I due ospiti prestigiosi, a fine mostra andranno via, ma nessuna preoccupazione, assicura la direttrice, perchè troverete due touch screen che amplieranno la portata delle opere in esposizione, permettendovi di visitare virtualmente lo studiolo di Belfiore. Non sarà la stessa cosa, ma quell'immagine della musa Erato, sensuale, divertita, dispettosa e maliziosa insieme, la porterete con voi a lungo.

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