Si chiama re-mediation, rimediazione, ed è un concetto classico e ricorrente nell'evoluzione del mondo mediatico. Significa, per dirla in termini molto semplici, che quando un nuovo medium, un nuovo linguaggio o una nuova tecnologia di comunicazione di massa entra in scena, uno o più altri medium hanno due opzioni: sparire o re-inventarsi (ri-mediarsi, appunto) e diventando anche migliori di prima. È successo in molte circostanze, finora, basti pensare all'avvento della radio: tante le cassandre che paventavano la morte del teatro per sua mano, e poi anche la sua prematura dipartita per via della televisione.

Billboard, Advertising, Vacation, pinterest
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Come ben sappiamo, nessuna delle due ipotesi si è verificata, e anzi, l'avvento di una potenziale minaccia ha spinto a rimboccarsi le maniche e trasformare entrambi i soggetti in qualcosa di diverso, più ricco, più appetibile, più efficace. Questo stesso processo è oggi in atto anche nel mondo della pubblicità che, tra inserzioni mirate che aggrediscono i potenziali acquirenti web o social, sul monitor del pc o sul display dello smartphone, sembra voler ripercorrere la propria storia tornando a scommettere sul “mondo reale”, ma in una maniera inedita, molto più sofisticata di quando nel billboard advertising, le affissioni pubblicitarie in buona sostanza, ci si accontentava di mettere la colla su un muro per attaccarvi un pezzo di carta che rimaneva lì per un mese...

Un caso emblematico è quello che si è visto e continua vedersi tra le strade degli Stati Uniti, un mega manifesto pubblicitario digitale voluto da Netflix per promuovere la sua ricerca di nuovi scrittori, registi e attori interessati a lanciare idee e lavorare per il sito. Eclatante, ma non la sola, la campagna da 150 milioni di dollari della società di produzione e streaming. Assieme a lei anche Apple, Google, Amazon o Alibaba hanno deciso di incrementare i rispettivi investimenti nel filone pubblicitario che scommette sull'efficacia di collocare megaschermi digitali e interattivi sulle strade o nelle piazze più trafficate delle città. Insomma, a quanto pare, in un mondo fatto di teste chine su un piccolo schermo, richiamare lo sguardo e l'attenzione su grandi superfici coperte da messaggi pubblicitari funziona ancora. Di nuovo.

Secondo un'analisi di PricewaterhouseCooper, negli ultimi tempi, il segmento delle cosiddette “pubblicità digitali all'aperto” è cresciuto di anno in anno del 15%, e con questo incremento si è avuto anche un notevole miglioramento delle tecnologie che permettono ai supporti fisici di veicolare il messaggio pubblicitario in maniera più efficace grazie a schermi sempre più grandi e con risoluzioni elevatissime. Ma anche dotati di un'intelligenza, capace cioè di creare un'interazione con i passanti e raccogliere una delle risorse più preziose per il business digitale, i dati sugli utenti e sulle loro abitudini e predisposizioni di acquisto.

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Google, per esempio, in Germania sta testando una nuova tecnologia basata sui billboard digitali con la quale punta ad acquisire dati demografici approfonditi sugli utenti dei dispositivi Android che passano da determinati luoghi in cui sono collegati i “cartelloni”. E pare che Alibaba abbia investito qualcosa come 2,2 miliardi di dollari in società cinesi specializzate proprio nelle strategie adv che sfruttano la commistione offline-online. Un altro esempio che rende bene l'idea della direzione che sta prendendo il fenomeno si è avuto lo scorso agosto a New York quando, durante la settimana della moda, New Balance ha collocato in vari punti di SoHo degli schermi digitali dotati di videocamere che, grazie alle tecniche della computer vision e della computer screening, analizzavano gli abiti dei passanti e, quando, l'intelligenza artificiale del sistema individuava un vestito particolarmente elegante o cool, fermava l'immagine di quella tale persona sullo schermo e la faceva lampeggiare al di sopra del proprio logo.