Le celebrità richiedono fiducia, per questo Giorgio Armani le ha affidate a sua nipote Roberta, affiancata da un team che è una macchina perfetta. Soprattutto durante l’Awards season, la stagione delle premiazioni, che si apre con i Golden Globe e si chiude con la grande cerimonia degli Oscar. Nel mezzo molti tappeti rossi con le dive vestite dalle case di moda. Abiti che non possono comparire due volte, gerarchia delle star, capricci e imprevisti: è un affare complicato. Ce lo spiega Roberta Armani: «Questi personaggi vivono costantemente sotto i riflettori. È fondamentale rendere loro la vita semplice, con naturalezza e spontaneità. Bisogna essere disponibili, rapidi e intuitivi, mentre si offre un servizio impeccabile. L’organizzazione deve essere efficiente e veloce, perché i tempi sono serrati». Lei a Hollywood gode di un credito inestinguibile: «Il fatto che sia di famiglia, nata e cresciuta nel mondo Armani, è motivo di immediata fiducia, e ogni suggerimento suona vero e autentico».

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Glenn Close in Armani Privé ai Golden Globe 2019, dove ha vinto come miglior attrice per The Wife.

«Sono cresciuta in questo ambiente, era normale per me vedere arrivare attori e registi di fama internazionale: mio zio da sempre ha rapporti di amicizia e lavoro con le star. Quando ho iniziato è stato tutto naturale perché ho seguito le mie inclinazioni. Sono curiosa, mi piace comunicare e confrontarmi con persone diverse. Però quando incontro grandi artisti sono sempre emozionata. Provo ogni volta una grandissima ammirazione
perché sono persone dall’incredibile talento». La lista degli attori vicini ad Armani è davvero ampia e variegata, da Sophia Loren a Lady Gaga, da George Clooney a Isabelle Huppert: «Alcuni nomi li propone mio zio, altri io. E poi ci sono, ovviamente, quelli che ci contattano spontaneamente. Nel tempo e con l’esperienza ho imparato a riconoscere a prima vista i personaggi più affini alla maison, con cui collaborare e instaurare rapporti di amicizia. Ormai c’è una bellissima intesa e una grande energia tra me e mio zio». Tra le collaborazioni più inaspettate rimane sicuramente quella del 2010 con Lady Gaga, oggi all’apice del successo con il film A Star is Born per cui è stata nominata agli Oscar come miglior attrice: «L’abbiamo vestita in un momento in cui il suo look era estremamente teatrale e lontanissimo, in apparenza, dallo stile Armani. Si è rivelato un enorme successo per lei e per noi: le collaborazioni insolite diventano spesso le migliori».

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Leonardo DiCaprio con l’Oscar per The Revenant.

Roberta Armani è felice di citare l’abito Armani simbolo sul red carpet, quello che ancora viene ricordato: «Direi Jodie Foster in tailleur bianco, quando vinse l’Oscar nel 1992 per Il silenzio degli innocenti. È ancora oggi un’immagine potentissima, che parla di glamour e innovazione, in un certo senso di rottura, dimostrando che è possibile cambiare e osare senza perdere stile. Ma penso anche alla divina Cate Blanchett in abito Armani Privé agli Oscar 2014: migliore attrice per la sua interpretazione di Blue Jasmine».

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Courtesy Giorgio Armani
Jodie Foster, 1992, con l’Oscar per Il silenzio degli innocenti.
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Cate Blanchett agli Oscar del 2014. L’attrice è ambasciatrice del profumo Sì di Giorgio Armani.

Per quanto riguarda gli uomini e lo stile della maison, non si può che pensare a un film, il cui guardaroba viene ancora ricordato sia dagli appassionati di cinema e che da quelli di moda: «Le giacche e i completi di Richard Gere in American Gigolò sono entrati nell’immaginario collettivo. Penso sia straordinario come quegli abiti fossero “parlanti”, esprimevano la personalità di chi li indossava quasi oltre la sua consapevolezza. Sono parte della cultura visiva di tutti ed è un traguardo meraviglioso».

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Courtesy Giorgio Armani
Richard Gere in American Gigolò: i completi Armani del film sono entrati nella memoria visiva collettiva.
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Il regista Guillermo del Toro con gli Oscar vinti per La forma dell’acqua.

La passione per la settima arte di Giorgio Armani è nota. Una volta ha persino detto che farebbe il regista se avesse trent’anni oggi. Se la sua storia fosse un film, quale sarebbe? Secondo Roberta: «Certamente un film epico, una saga familiare. La storia di un personaggio e di un Paese che vuole ritrovare se stesso. Mi viene in mente l’ampio respiro di Novecento, dell’amico Bertolucci, da poco scomparso e al quale ci legava un rapporto sincero». L’espressione più concreta dell’amore per il cinema, anche nei suoi aspetti tecnici, sono i progetti per i talenti emergenti. Tra questi, l’Armani/Laboratorio è un’occasione unica per alcuni ragazzi di collaborare con insegnanti d’eccezione in diverse discipline (regia, sceneggiatura, trucco, costumi, fotografia, montaggio). L’ultimo è stato coordinato dal regista Luca Guadagnino, che ha reclutato otto mentori e selezionato nove studenti con un bando. Tra i primi lo sceneggiatore David Kajganich (Suspiria) e la costumista Giulia Piersanti (Suspiria, Chiamami col tuo nome, A Bigger Splash). Roberta ha avuto modo di lasciarsi contagiare dal loro entusiasmo: «Con Luca c’è un rapporto speciale, di amicizia e complicità, quindi è stato naturale proporgli di partecipare. E il suo coinvolgimento è andato oltre ogni aspettativa. Si è appassionato subito all’idea e ha voluto dirigere il tutto, senza risparmiarsi». Dalla prima edizione del laboratorio è nato il corto Una giacca che ha addirittura contribuito a scoprire un nuovo talento, come spiega Roberta «Greta Ferro. Mio zio l’ha notata e l’ha scelta come modella e poi ambasciatrice di Armani/Beauty». Il prodotto della seconda edizione del corso, un corto ambientato a Milano, deve ancora essere svelato, ed è attesissimo da Giorgio e Roberta Armani, che ci saluta prima di imbarcarsi per Los Angeles.

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Courtesy Giorgio Armani

La grande serata degli Oscar l’aspetta: «È sempre una giornata frenetica, di grande eccitazione. Tutti si preparano, incerti sulla vittoria. Le aspettative sono alte, la visibilità massima e l’abito diventa importantissimo. Non è raro che la star sia indecisa tra due abiti, che richieda delle modifiche proprio all’ultimo istante, che ci sia un po’ d’ansia dovuta all’emozione e all’attesa. Il nostro lavoro, poi, non termina quando inizia il red carpet: rimaniamo vicini ai nostri personaggi anche durante l’evento. È un gesto d’affetto per noi spontaneo, al tempo stesso per loro rassicurante». Un dettaglio che fa la differenza, in stile Armani.

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Viola Davis, Oscar 2017, dove ha vinto per Barriere.