L’arte e la moda hanno il meraviglioso potere di esprimere, con le loro personalissime parole, quello che i discorsi non riuscirebbero a fare. Sempre troppo deboli o vaghi per essere precisi. Ma soprattutto, dalle diverse forme d’arte si possono tradurre emozioni condivise molto simili da quelle che ci regala la moda. Per essere più specifici. Prima di trasferirmi in Italia (quando non mi occupavo molto di moda), abitavo in Argentina, studiavo psicoanalisi e cercavo di capire come l’arte reagisse con la nostra mentre. Dopo essermi trasferita in Italia, la moda è diventata un mio altro campo di interesse per sondare come il modo in cui ci vestiamo rifletta il periodo in cui viviamo, spesso freddo e senza speranze. Quando sono arrivata in Italia 3 anni fa, non riuscivo a fare un distinguo esatto tra arte e moda. Oggi, invece, considero ogni capo un pezzo d’arte. Anche perché, ogni pezzo di abbigliamento riesce a dirci qualcosa sulla persona che lo ha disegnato. Non solo il messaggio che il designer vuole comunicare attraverso una collezione, ma che cosa c’è dentro la sua mentre, che periodo sta attraversando, che sensazione ha vissuto durante il processo creativo.

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A volte, moda e arte comunicano allo stesso modo e lo fanno con una forza incredibile. Un esempio perfetto a mio avviso potrebbe essere la somiglianza tra le istallazioni di Marta Minujin, famosa artista argentina, e John Galliano, arcinoto designer di Maison Margiela. Per chi non conoscesse Marta Minujin, stiamo parlando di una eclettica regina della pop art, performance art, happening... Un’amica di Andy Warhol, di cui adoro l’essere libertina, provocatrice, distruttista… caratteristiche che si traducono nei suoi lavori. Nel 2010, diceva delle sue statue destrutturate: “Siamo distratti, bombardati da una marea di informazioni ogni secondo, è difficile per noi stare insieme davvero. Queste opere dimostrano proprio la nostra confusione, il nostro stato mentale frammentario e frammentato, mai sul pezzo”. Viviamo in una realtà demolita dagli effetti negativi del mondo digitale, un concetto molto simile a quello descritto dalla couture di John Galliano nella collezione 2018 presentata a Parigi: medesime frammentazioni e stratificazioni, medesimo state of mind nomade.

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Maison Margiela Haute Couture Spring Summer 2019 dalla Paris Fashion Week

È trascorso un anno, e in occasione dell’ultima fashion week Maison Margiela ha presentato una collezione di “pezzi d’arte in movimento”, simboli del decadimento e dell’eccesso, un concetto simile a quello ritrovato nelle installazioni di Marta Minujin, in cui si percepisce la frecciatina alla nostra ormai deceduta memoria, che riesce a dimenticare , organizzare, sistemare i dati difficilmente. Uno stato di seria confusione. Guardo le foto di queste opere d’arte e non riesco ad averne abbastanza di come il linguaggio dell’arte e della moda ci trasmetta messaggi impossibili da recitare a parole. E, soprattutto, di come i sentimenti che ognuno di noi prova possano essere tradotti attraverso queste diverse forme d’arte in “messaggi da guardare”.