Da quando a San Martino in Rio è arrivata la fibra ottica e il bar Mario di Ligabue ha cambiato gestione, i ragazzi di questo lato della Bassa reggiana non si danno più tanto spesso appuntamento qui, a metà strada esatta tra Correggio e il resto del mondo. In effetti, sono diversi anni che l’evento pubblico più importante a San Martino è Ciccioli in piasa: una celebrazione rituale della vita di provincia, in cui notevoli quantitativi di grasso di maiale, cuocendo a fuoco lento, rilasciano strutto e diventano base per aperitivi.

Per questo, sulle prime, vi sembrerà quantomeno bizzarro il fatto che, certe notti, sul ciglio della strada, come a fare l’autostop in un paese da ottomila anime – ma con meno aspettative – si possa scorgere un cinese sui vent’anni, con indosso un maglione in cashmere 12 fili, aggirarsi smarrito tra le saracinesche chiuse, con una faccia da leone in gabbia che non vede una vetrina di Hermès e una vodka tonic come si deve almeno da una ventina di giorni. Non vedo mai nessuno, sembrano dire i suoi occhi che sprizzano ingegno, ma sono velati da un po’ di nostalgia del cosmopolitismo, e da occhiali polarizzati Santos de Cartier.

Il fatto è che a Sân Martèin Grand non ha sede solo la Federazione Italiana Giuoco Colesterolo, ma anche Modateca Deanna. Questo luogo, che un tempo era il maglificio Miss Deanna, cuore – sempre al caldo – del distretto italiano della maglieria, oggi è uno dei più importanti centri di documentazione sulla moda al mondo. Insieme all’Accademia Costume e Moda di Roma, Modateca Deanna organizza il Master di I livello, riconosciuto dal MIUR, in Creative Knitwear Design. Ovvero: come progettare una collezione di maglieria dalla A alla Z.

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Il Master ammette circa 10 allievi per corso, in genere da 10 paesi diversi, ed è tutto in inglese; anche se, dopo un anno, qualche parola in reggiano la si impara per forza. Si entra dopo una selezione durissima, lasciandosi alle spalle, per dodici mesi, le proprie case e le proprie vite. Non è tanto un investimento in alta formazione, quanto una scelta di vita perché, più che una scuola di moda, è metà talent show (il “saggio” di fine anno è presentare la propria collezione a Pitti Filati) e metà convento di un ordine fashionista. Gli elementi ci sono tutti. C’è una concorrenza spietata: si studia insieme, si lavora insieme, si dorme insieme. Naturalmente, si mangia insieme, in una specie di piccolo refettorio, anche se con menu diversamente monacale: tortelli verdi, Parmigiano Reggiano e Prosciutto di Parma. Ma non ci sono eliminazioni, ce la fanno tutti: appena mettono un rocchetto fuori dalla scuola, sono contesi dalle maggiori case di moda. Uno dei pochi italiani, Dario Tubiana, lavora da Benetton. Prima del CKD Master, laureato in cultura ebraica, non aveva mai preso un ago in mano. Un’americana è da Valentino. Un’altra alunna lavora da Stella McCartney. Quest’anno, alla terza edizione, si dice che ci sia una messicana da tenere d’occhio.

Come in ogni cenobio che si rispetti, il cuore pulsante dell’edificio è la biblioteca. Solo, visto che siamo a casa di Deanna Ferretti (divinità locale e madre) e di Sonia Veroni (direttrice del Master e figlia), questa non custodisce manoscritti (anche se ci sono più di 6000 libri e riviste), ma soprattutto capi di maglieria. Sono almeno 50.000, esclusi gli accessori. L’incubo peggiore di Umberto Eco incontra il sogno più bello di Carrie Bradshaw. È una ciclopica cabina armadio, in cui gli uffici stile vengono da tutto il mondo per farsi ispirare dal passato, e ricombinarlo. Proprio come nel labirinto librario del Nome della rosa, all’interno di questo archivio degli archivi della maglieria di tutti i tempi e di tutti i luoghi non ci si orienta, ma si procede solo se guidati da un iniziato, perché i capi sono organizzati e disposti con dei criteri apparentemente imperscrutabili. Quando Sonia ti fa l’onore di accompagnarti tra gli stand, ti senti inadeguato come Adso da Melk, la prima volta che si trovò al cospetto di fra Malachia da Hildesheim. E davvero alcune iscrizioni sugli appendiabiti sono misteriose come e più della celebre Finis Africae, a partire da certi nomi di maison giapponesi che un profano non osa neanche provare a pronunciare.

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È una meraviglia nella meraviglia vedere Sonia e Deanna lavorare insieme. È Sonia che ci conduce negli archivi e nelle aule del Master. Nel frattempo, Deanna, con la grazia e la teatralità di una madre superiora consumata, non si mostra ma si nasconde tra le novizie, sfogliando vecchi cataloghi (ma in realtà sta studiando noi) e, solo dopo aver sussurrato a una collaboratrice preziose indicazioni sulla logistica del pranzo, si rivela e comincia a raccontarsi, chiedendo aiuto all’altra e più giovane solo quando l’emozione di un ricordo prende il sopravvento su una data o un nome. Invece che a una semiologa particolarmente fashion, somiglia più che altro a una geniale Edna Mode della Bassa, nascosta com’è nella sua casa-laboratorio nel profondo della provincia emiliana.

In questi stessi stanzoni, per più di quarant’anni, ha avuto sede il maglificio creativamente e tecnicamente più importante d’Italia.

La maglieria è fatta così: può diventare grandissima anche partendo da un punto molto piccolo.

Somiglia più alla buona cucina, che alla moda in senso lato: puoi sempre modificarla e riplasmarla, non c’è quasi niente che sia dato una volta per tutte. È calda, non è mai fredda. È più facile che sia multicolore che che ton sur ton. Ma ci vuole una grande padronanza della materia: è un invito al verso libero a partire dalla grammatica.

Miss Deanna è il nome dell’azienda che Deanna aveva fondato nei primi anni ’60, con l’obiettivo di elevare la maglieria italiana, dacché era relegata solo al largo consumo o alla produzione domestica, ai massimi livelli della moda internazionale. Kenzō Takada, producendo qui le sue prime collezioni, diventa Kenzo con lei. Arrivano le collaborazioni con Saint Laurent, Max Mara, Valentino, Krizia, Versace, Giorgio Armani. Deanna produrrà anche diverse linee in proprio. Su tutte: Pour Toi, pietra miliare della moda italiana degli anni ’80 per il concetto, che introduceva, di maglia total look, chiaro segno dello sprezzo del pericolo espresso da quel decennio. Era disegnata dai giovanissimi Luca Coelli e Sam Ray, che vissero per anni praticamente come famiglia in casa Veroni Ferretti (elemento da cui forse il futuro Master avrebbe tratto parte della sua vocazione conventuale), grazie uno straordinario connubio tra tecnica e creatività, che resterà uno dei momenti di massima realizzazione della visione Miss Deanna.

Ma l’idea più geniale di Deanna, un bel giorno degli anni ’90, fu quella di prendere per mano

un giovane Martin Margiela e portarlo a cuocere delle maglie dentro un altoforno.

Un concetto e un procedimento che portarono a una collezione rivoluzionaria, che presentò per la prima volta capi che conservavano, nel tempo, linee e spazi destinati a seno, gomiti, fianchi. Lo scopo non era andare contro la natura cangiante della maglia, che prende sempre nuove forme, ma dimostrarne ancora, questa volta per assurdo, la duttilità. Una maglia che modellava e non veniva modellata dal corpo.

L’idea più geniale di Sonia, invece, è stata quella di mettere da parte la carriera da pubblicitaria a New York e tornare a casa, a San Martino, per rimettere in moto la grandiosa macchina di Deanna, portando alle estreme conseguenze la sua vocazione al tempo stesso eccentrica e materna, rendendola funzionale alla formazione di nuovi designer con un piede piantato nella contemporaneità e un altro nell’esperienza sul campo.

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Mentre Deanna ci serve personalmente i migliori tortelli alla zucca di sempre, ci spiega anche quale sia la vera chiave di volta per capire la maglieria, in cosa si differenzi maggiormente dal resto della moda. Il suo segreto non è custodito da benedettini con la coda di paglia, avvolti goffamente nei loro sai infeltriti, ma da elegantissimi ventenni che si muovono leggeri tra gli scaffali e le stampelle, ostentando sì confidenza coi manichini, ma sfiorando sempre i capi delicatissimi con mano guantata.

Invece di dipingere miniature, sterilizzano capi, vi passano l’antitarme, copiano modelli

smacchiano e cuciono. Come il segreto della biblioteca di Eco era preservare la capacità di ridere, di dubitare, di credere in più sfumature di cattolicesimo e di vita, in un mondo che pretendeva a tutti i costi una sola verità, così l’arcano che si cela dentro il sancta sanctorum di San Martino in Rio è, semplicemente, che bisogna provare a vedere intrecci dove gli altri vedono solo linee.

Quando sua madre deve lasciarci per una riunione dell’associazione per la maternità e l’infanzia di cui è presidente (MIRE), Sonia ci racconta una storia. Deanna ha 18 anni e due fratelli più piccoli quando sua madre rimane vedova. È l’allieva promettente di una scuola di moda, ma preferisce smettere di studiare e portare avanti l’azienda del padre, che ha lasciato loro un distributore di carburanti e una piccola ditta di trasporti. Ma naturalmente, più che per le automobili, ha una passione infinita per le macchine da maglieria. Nonostante le difficoltà, riesce a convincere sua madre a comprarne una. Nel retrobottega del distributore costruisce un laboratorio per lavorare la maglia. Una sera, durante uno dei suoi turni, si ferma proprio davanti a lei un’auto in avaria, una di lusso, come non si era mai visto da quelle parti. A bordo ci sono due uomini elegantissimi: devono assolutamente arrivare a Milano, hanno un aereo da prendere. Lei assicura l’auto a un meccanico di fiducia e li accompagna con la sua automobilina in stazione. La vorrebbero ricompensare, ma non c’è verso di farla accettare e li saluta. Un mese dopo i due ripassano dal distributore, in cerca della famosa benzinaia bionda che non aveva accettato i loro soldi, per consegnarle un regalo. Li accompagnano sul retro, dove Deanna aveva stabilito quell’atelier improvvisato e scoprono, con una scatola di cioccolatini tra le mani, il suo altro mondo. In breve, le domande sui campioni diventano talmente mirate che Deanna si insospettisce, e quelli devono vuotare il sacco: uno è socio di Harrod’s; l’altro, suo amico del cuore, ha grandi magazzini in Olanda grandi come intere frazioni di Carpi. Le chiedono: saresti in grado di produrci un ordine di una certa importanza? Aveva più anni che modelli pronti (ed erano solo 20), eppure dice: ok. Accende un mutuo per i filati, non dorme e quasi non mangia per qualche mese, ma ci riesce. L’ordine parte e ne seguono altri.

Era la fine degli anni ’50, il decennio dei miracoli.

Ancora oggi un libro in pelle marrone, custodito come una reliquia, svolge la doppia funzione di primo campionario e album di famiglia, perché le uniche modelle erano Deanna e sua cugina, all’epoca unica collaboratrice. Miss Deanna è nata lì, dietro quella pompa di benzina, perché è così che l’hanno chiamata, quel giorno, i due viaggiatori che l’avevano incontrata per caso, spalancandole gli occhi su un sogno.