Jonchet, Adhemar, Merlemont ma anche Boucher o Louvière e poi ancora Breteuil. Per chi vuole ostentare o iniziare a imparare il francese può iniziare cercando il significato dei nomi dei modelli creati da Claire Waight Keller per Givenchy. Dopo lo zaino Haute Couture e i completi in lattice della scorsa stagione, la stilista smorza la ribellione per tornare a rivedere il concetto di femminilità sartoriale. E per farlo si ricorda di uno dei feticci amati dal fondatore della maison Hubert de Givenchy: le piume. Il gigante della Couture (era quasi due metri) le aveva usate in tante collezioni, sempre in maniera tridimensionale, mai usate per ricami piatti ma per ravvivare i look Audrey Hepburn, Grace Kelly, Rita Hayworth o Nadine de Rothschild e fino sulla sua ultima collezione nel 1995 non mancavano mai. Già sul suo invito ne appariva una vera, come se fosse una virgola, un segno distintivo quasi una macchia d’inchiostro nero, ideale per chi crede in una nobiltà di spirito in ogni senso.

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La stilista inglese inglese ha aggiunto però un dettaglio: “la Haute Couture è un equilibrio in cui il passato deve tessere un futuro radicale”. Un desiderio di nobiltà inteso come raffinatezza, attesa, leggerezza e ancora femminilità delle più preziose. D’altra parte la migliore cliente pare sia la Duchessa del Sussex, Meghan Markle, e quindi tutto avrebbe anche una base logica e reale ripensando a quello che si è visto.

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I suoi ricami migliori sembrano quasi appoggiarsi ai tessuti grazie a filamenti leggeri o ricordi di aeree piume. La classe non è un dettaglio ma è il tono segreto della sfilata. Un rigore scandito dalla musica di Tiersen, First Rendez-vous, ma anche dal bianco e nero e dalle stampe floreali o nei castigati pizzi.

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Non sono però mancate le sorprese: cappotti doppiopetto rosa ampi come abiti da sera, luccicanti orecchini di almeno 20 cm da esibire o copriorecchie che sono scheletri lucenti. Il bustier in faille di seta sembra un paracadute aggiustato ad arte. Il cappotto sette ottavi è bifasico e le piume non si indossano verticali come vuole la tradizione, ma orizzontali, quasi tribali. Clare attinge dagli archivi anche di Alexander McQueen e Riccardo Tisci ma lo fa in maniera così femminile e intelligente che ogni capo ha una sua ragione d’essere. Nobiltà a parte, tutto è così studiato per essere bon ton ma anche sovversivo che non si può non apprezzare.

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