“Ci sono parecchie cose nel mondo che possono farti incazzare. E nessuna di queste dovrebbe essere nel tuo armadio”. Aprire le ante del guardaroba dovrebbe essere una fonte di felicità, di orgoglio, di bellezza (per il nostro indubbio buon gusto nell’indossare capi che ci fanno stare bene), di soddisfazione. E potremmo chiuderla qui. Che a pronunciare una frase liberatoria così sia una designer come Whoopi Goldberg la rende ancora più epica. Sì, designer, non abbiamo sbagliato. La storica attrice premio Oscar per la medium in Ghost, gigantesca interprete in grado di spaziare tra film pop come Sister Act o impegnatissimi come Il Colore Viola, è da un paio di collezioni anche una discreta stilista. Di un brand, Dubgee by Whoopi, che lavora nel nome della size inclusivity.

In vendita dallo scorso maggio da retailer come Neiman Marcus, Amazon e Ashley Stewart (negli States), il marchio si arricchisce di una nuova linea dal nome simile, Dugbee Forum by Whoopi, appena appena più costosa (tra i 65 e i 175 dollari, il 40% in più rispetto ai 40-90 dollari della linea base). La linea è stata disegnata da Whoopi Goldberg assieme a Julie Haus Alkire, che ha prontamente intuito le necessità creativo/pratiche volute dall’attrice dopo la prima collaborazione (presto conclusasi) con Peter Som. "È portabile, confortevole, tutto ciò che volevo. Voglio sentirmi a mio agio e pure alla moda, ma a modo mio" ha commentato Whoopi Goldberg oggi in una lunga intervista con Lisa Lockwood di WWD. Ed è proprio in quel “a modo mio” che l’attrice tra le più impegnate di Hollywood intende promuovere la sua nuova carriera. Un discorso ampio che abbraccia diversi punti della size inclusivity: quella vera, che non si limita ad aumentare centimetri di tessuto a caso senza guardare al fitting. Donne normali, siamo le benvenute.

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“Ci sono molte donne come me che vogliono qualcosa di interessante e che non somigli a quello indossato da altri” ha continuato l’attrice. “Se si è plus-size, non ci si deve preoccupare si trovare qualcosa nella nostra linea, perché c’è. Se si è magre, idem”. Con un dettaglio importante: nelle tuniche, pantaloni, gonne, abiti di Dubgee by Whoopi non mancano mai le tasche, vero particolare antipaternalista della moda femminile. Le tasche hanno cambiato il modo di concepire gli abiti da donna, e la pratica Whoopi non poteva ignorarlo. Anche se arriverà presto anche una linea da uomo e l’ispirazione saranno gli anni 40, con pantaloni ampi e giacche strutturate, per ora il focus produttivo e creativo riguarda solo le donne. Con al centro l’adattabilità di modelli e forme al maggior numero di corpi (diversi e normali) possibile.

“Sto cercando di pensare in un modo donna-centrico, non taglia-centrico”.

Ma come è riuscita l'interprete di film Whoopi Goldberg ad inserirsi nel lungo elenco di celebs che diversificano i business uscendo dal seminato cinematografico? Rihanna ha Savage x Fenty, Fenty Beauty e la sua nuova linea di luxury womenswear, Lady Gaga ha appena lanciato Haus Of Gaga in campo beauty, Gwyneth Paltrow e Drew Barrymore sono veterane tra special collection di abbigliamento, make up, home decor e quanto altro. In questo universo di limited edition imprenditoriali, la Whoopi Goldberg 2019 ci è entrata a modo suo. Non in punta di piedi, ovviamente.

"Mi sa che sono tutti un po’ scioccati" commenta l'attrice. "Le persone dicono che non sono esattamente una fashion person. Ma a quanto pare, moda è anche la prospettiva della persona che indossa qualcosa. È il loro senso personale di ciò che sono, non io che li obbligo a qualcosa" ha proseguito l’attrice. Che, esattamente come le celebs prima di lei, si fa influencer della sua stessa linea di abbigliamento: ogni pezzo delle due linee di brand Dubgee verrà indossato da Whoopi Goldberg in persona nelle prossime puntate di The View, l’amatissimo talk show di cui è al timone dal 2007 assieme a giornaliste, personalità dello showbiz e colleghe. È la chiave per il successo, in fondo: “Se non lo avessi addosso, perché dovresti volerlo comprare? Bisogna sostenere ciò che si crea, altrimenti non puoi chiedere alle persone di credere in quello che fai”.