Sembra di vederle, le ali spennacchiate degli angeli di Victoria’s Secret. Le modelle dai corpi disegnati, studiati, mostrati a tavolino che da più di 40 anni rappresentano quel nirvana di perfezione femminile socialmente "riconosciuta". Riconosciuta, accettata, idolatrata dal 1977, quando Roy Raymond poggia su suolo a stelle e strisce la prima pietra del colosso di lingerie, perché stufo di fare shopping intimo per la moglie. Dalla fine degli anni Settanta a oggi le cose sono parecchio cambiate, i Beatles e i Queen non ci sono più, le spedizioni sulla luna sono state messe in stand-by, i walkman sono un aggeggio da museo del vintage design. E la bellezza obiettiva non è poi più così obiettiva… Che riposi in pace Mister Raymond, inconsapevole che un giorno a sfilare su passerelle laccate e posare su profili Instagram virali, ci sarebbero stati corpi irrispettosi dei 90-60-90, indossatrici ricoperte di lentiggini, rughe e smagliature, e persino donne senza alcun tipo di caratteristica fuori dal comune, donne fiere di essere normali insomma. E che, vuoi per la crescente presenza sul mercato di brand illuminati che professano la fede della moda inclusiva, vuoi per una fisiologica evoluzione dei gusti delle generazioni, hanno iniziato a scavalcare e rimpiazzare quei canoni estetici tradizionalmente considerati intoccabili.

Dimostrazione da manuale di questa trasformazione socio-couture è, molto probabilmente, il naufragio lento (e inesorabile?) di Victoria’s Secret - dalle vendite in calo crescente al disinteresse generale per le sfilate spettacolarizzazione-ghettizzazione di certi modelli di femminilità. E alla conseguente ascesa, tanto economica quanto mediatica, di marchi che hanno basato il loro business core sulla celebrazione di ciò che in passato era considerato “non bello”. Come un casco di ricci crespi, una donna di mezz’età su cartellone pubblicitario altezza grattacielo, una silhouette XXL. La popstar e re Mida barbadoregna Rihanna, per esempio, è tra i personaggi più conosciuti e, per questo, dal tornaconto maggiore, a farsi portavoce del movimento che invita le donne a non riconoscersi in nessun modello proposto dalla società, ma di essere ognuna il proprio modello. Se in passato le bastava farlo attraverso i versi di una canzone, i frame di un videoclip su Mtv, oggi lo concretizza con una linea di moda, di cosmetici, di lingerie inclusiva. Dove i fondotinta comprendono palette colori per i quattro continenti, le coppe dei reggiseni non fanno sentire in difetto nessun décolleté, un paio di jeans starebbe bene a quattro amiche (e più).

È anche per questo che chiedersi se le sfilate di Rihanna sono i nuovi fashion show di Victoria’s Secret sembra una domanda lecita. Interrogativo ancor più legittimo alla luce degli ultimi avvenimenti che hanno scombussolato la casa degli angeli, la chiusura di oltre 50 negozi in tutto il mondo, le dimissioni del capo del marketing Ed Razek (l’uomo che non voleva modelle trans, per inciso) e l’annullamento dello show in occasione della New York Fashion Week di questo settembre. Facciamo piovere sul bagnato? Sì, la sfilata del brand di lingerie di Rihanna Savage x Fenty sarà invece uno degli eventi più attesi della settimana della moda americana (e mondiale), ed è solo alla sua seconda edizione. Dopo aver debuttato lo scorso anno con la collezione autunno-inverno 2019, infatti, il Rihanna Fashion Show sarà trasmesso quest’anno su Amazon Prime Video, in più di 200 Paesi e a partire da venerdì 20 settembre. “Rihanna ha reinventato il mondo della musica, del cinema, della bellezza, della moda e soprattutto della lingerie”, ha commentato in una nota stampa Jennifer Salke, responsabile di Amazon Studios. “Il brand Savage x Fenty è una metafora dell’emancipazione femminile, è il corredo perfetto ai principi che da sempre hanno ispirato il lavoro di Rihanna, avere un'immagine positiva e spensierata del proprio corpo, no matter what!".

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