La natura di ogni cosa è difficile da ritrarre, quasi quanto trovare equilibrio tra tecnica e visione. Tutto quello che Albert Watson fa sembrare la cosa più naturale del mondo. Quando esordisce, mettendo un papillon all'oca e al talento di un maestro del brivido come Sir Alfred Hitchcock, o rilegge storie di donne per il Calendario Pirelli 2019. Quando inquadra quello che è destinato a rendere Kate Moss un’icona di stile, fotografandola per quindici ore di seguito sulla spiaggia di Marrakech. Utilizzando le mutevoli sfumature della luce solare, poco trucco, effetto nudo come il resto e la sintonia trovata con la modella, nel giorno del suo diciannovesimo compleanno.
Il resto è storia, d'immagini iconiche del confine tra sensualità e vulnerabilità, sui primi passi di una sorta di ninfa dei boschi capace di brillare anche tra le ombre, dello straordinario linguaggio visivo di un fotografo tra i più influenti del mondo. Incurante delle regole formali e del fatto di essere cieco da un occhio fin dalla nascita. Un "Ciclope" con una vista acuta e una grande sensibilità per la ricerca della qualità, applicata indistintamente a diversi scatti di moda, paesaggi e personaggi famosi. Opere celebri, esposte insieme a quelle più rare, esclusive e nuovissime, in mostra per la prima volta in tutto il mondo con la retrospettiva Albert Watson alla CAMERA WORK di Berlino (23 novembre 2019 – 18 gennaio 2020).
La selezione di opere in mostra copre tre decenni di approccio eclettico e ingegnoso, capace di rendere arte qualsiasi cosa. Il volto velato di una giovanissima Christy Turlington, o quello di Cindy Crawford trasfigurato dall'ombra. Il paesaggio concettuale di Las Vegas e quello della più classica delle nature morte. La moda stessa, liberata dalle pieghe di Issey Miyake, o le curve sinuose di Iris van Herpen indossate da Gigi Hadid, prefigura nuovi paesaggi.
La verve camaleontica di David Bowie sembra uscita da un labirinto della mente. Il ghigno che ha reso inconfondibile Jack Nicholson e grandiosi personaggi cinematografici come il suo Joker, è protagonista di una fotografia che condensa diversi fotogrammi e altrettante prospettive. Tutto il movimento che blocca con un'inquadratura, anche ritraendo Michael Jackson mentre danza. La sperimentazione tecnica che ha già prestato l'agguato di un ghepardo a Mick Jagger, lavorando con la doppia esposizione su pellicola. Molto prima dell'avvento di Photoshop e una vasta gamma di virtuosismi digitali.
Forse il braccio armato dello scimpanzé, o altre celebri fotografie di Albert Watson, mancano all'appello. Le opere che questa mostra espone per la prima volta al mondo e sono in vendita in esclusiva da Camera Work, offrono però una prospettiva inedita e preziosa del fotografo e di questa piccola grande galleria. Nota per l'attenzione dedicata allo sviluppo dell’arte fotografica e la sua influenza su quella contemporanea. Sin dalla scelta del nome, preso in prestito dal pionieristico periodico di fotografia di Alfred Stieglitz e storico punto di riferimento per chi è alla ricerca di qualcosa di nuovo.