La moda detta legge. Il movimento fur-free ha coinvolto brand quali Armani, Prada, Burberry, Gucci, Chanel, che lentamente hanno deciso di eliminare le pellicce vere, specifici tessuti animali (come la lana d'angora) e pelli esotiche dalle proprie collezioni sostituendole efficacemente con lavorazioni futuristiche. E anche i governi iniziano a sensibilizzarsi: dopo le scelte di Serbia, Lussemburgo, Belgio, Norvegia, Germania e Repubblica Ceca, la California vieta le pellicce. È il primo stato degli USA a diventare fur-free, non si potranno più vendere nuovi prodotti realizzati con pellicce di animali in tutto lo stato dal 1 gennaio 2023. Visone, zibellino, cincillà, lince, volpe, coniglio, castoro, coyote e altre pellicce di lusso diventeranno illegali da commercializzare.

La legge AB44 recita in apertura: "La legge federale vigente richiede che i prodotti in pelliccia siano etichettati con il nome di qualsiasi animale utilizzato, il produttore, il paese di origine e altre informazioni specificate. La legge statale esistente rende illegale l'importazione in questo stato a fini commerciali, il possesso con l'intenzione di vendere all'interno dello stato, il cadavere, o qualsiasi parte o prodotto dello stesso, di determinate specie di animali". Una stretta decisiva che verrà applicata ad abiti, borse, scarpe, cappelli, persino portachiavi con inserti di pelliccia o interamente realizzati con essa. Dalla legge contro le pellicce sono escluse le pelli di vitello, daino, capra e pecora, il che rende lo shearling esente dalle maglie legislative. Tra le eccezioni ci sono le pellicce utilizzate per scopi religiosi (come gli ebrei chassidi, che indossano particolari cappelli di pelo), tradizionali o culturali, come gli animali impagliati (un filino inquietanti, ma ci sono) per la tassidermia.

Tirino pure un sospiro di sollievo le amanti del vintage che nei negozietti sparsi per Los Angeles, dove era già in vigore il divieto di vendita di pellicce a livello locale, hanno sempre cercato l’affare sulla volpe argentata di una sconosciuta nonna: la legge che vieta le pellicce non è retroattiva, e non sarà applicata all’usato degli infiniti e famosissimi thrift shop. Come ha chiarito Vanessa Friedman sul New York Times, il divieto di vendita di pellicce è all’interno dei confini dello stato, ma nessuno impedisce a un libero cittadino californiano di prendere un volo per Las Vegas, comprare una pelliccia e tornare indietro. Per i commerciali californiani che dribblano il provvedimento sono previste multe di 500 dollari per la prima volta, raddoppiati in caso di recidive.

La nuova legge contro le pellicce in California è stata varata assieme a un provvedimento sulla crudeltà contro gli animali, altro hot topic di discussione per animalisti e attivisti per l’ambiente. La legislazione californiana si aggiorna con altri tre provvedimenti legati al rispetto degli animali: oltre al divieto di produzione di pellicce, non si potranno impiegare scimmie, elefanti e tigri nei circhi, viene resa illegale l’uccisione delle linci (specie protetta in quanto animali in via di estinzione) ed è stata approvata una norma che protegge i cavalli dal macello. “La California è in prima posizione quando si parla di animal welfare e oggi lo dimostriamo con il divieto di vendita di pellicce, ma stiamo facendo molto di più: è una dichiarazione al mondo. Animali selvaggi bellissimi come orsi o tigri non possono salire sui trapezi o saltare tra le fiamme” ha dichiarato il governatore Gavin Newsom.

L’esempio virtuoso della California potrebbe presto essere seguito da altri stati USA, come New York e le Hawaii. Il dibattito sulla mossa dello stato della West Coast è comunque aperto. Mentre la PETA prosegue la sua crociata per spingere i colossi di abbigliamento ad eliminare mohair, cachemire, seta e piume, qualcuno taccia i legislatori californiani di eccessivo moralismo e rigidità. Altri guardano al discorso economico-capitalista: l’industria nazionale americana delle pellicce impiega 32mila persone e genera 1,5 miliardi di dollari al dettaglio, riporta il Fur Information Council of America, cifre che potrebbero essere a rischio.

Qualche ditino alzato chiede timidamente di ragionare sulla questione etico-ambientale: la maggior parte delle pellicce ecologiche low cost sono realizzate con materiali sintetici di scarsa qualità e derivati del petrolio. Inoltre, scrive sempre la Friedman, nonostante le faux fur high tech siano diventate un vanto per molti brand, le maggiori pellicce sintetiche sono solitamente considerate un capriccio da one season, il che si traduce in un usa-e-getta dall’impatto ambientale più catastrofico dell’eredità di pellicce usate ereditate o acquistate di seconda mano, conservate e tramandate per varie generazioni. La complessità la fa da padrona: il tema delle pellicce vietate è più centrale che mai. E il focus legislativo non smetterà di intrecciare sempre più fili.