Nicolas Ghesquière, uomo conosciuto per le sue creazioni immaginifiche, tanto quanto per il suo riserbo. Il direttore creativo del womenswear di Louis Vuitton – posizione che occupa dal 2013, anno del passaggio di testimone con Marc Jacobs – ha deciso però di far correre la sua "sottile" protesta sul filo di un post Instagram. Il 48enne ex enfant prodige – a 21 anni era assistente di Jean-Paul Gaultier, poi diventato direttore creativo di Balenciaga – è da sempre noto per una certa timida ed educata ritrosia, eppure, forse, di fronte a quello che gli è sembrato un attacco diretto, ha deciso di contrattaccare, puntando direttamente al Numero 1 della Casa Bianca, Donald Trump. Ma cosa è successo?

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Il casus belli – che casus belli in realtà non lo è, e di certo Donald Trump, per una volta, non lo ha causato volontariamente – è stato il taglio del nastro nei giorni scorsi, di un nuovo stabilimento di Louis Vuitton in Texas, a Keene, dove il marchio produrrà accessori, borse e scarpe, creando secondo le stime, 1000 posti di lavoro nei prossimi 5 anni. Il Rochambeau Ranch, come è stato chiamato, diviene così un'altra medaglia che il presidente si appunterà garrulo sulla giacca, un risultato che si iscrive all'interno del Pledge to America's worker, programma che mira a creare più posti di lavoro – ma soprattutto stipendi più alti – per i lavoratori americani, che, per nascita, hanno, secondo il sito ufficiale, il diritto a vivere l'American Dream (che fino a Obama non avevano potuto, si suggerisce tra le righe). Al taglio del nastro, ovviamente, era presente anche Bernard Arnault, il patron di LVMH, maxi gruppo del lusso di cui Louis Vuitton è punta di diamante, che si è detto soddisfatto del risultato, schivando da ineffabile francese qualunque implicazione politica. "L'evento di oggi sottolinea due impegni"- ha affermato durante la cerimonia. "Il primo è quello di LVMH con il mercato americano; il secondo quello di Donald Trump con il programma America's worker. Siamo molto onorati di avere qui il presidente. Non sono qui per giudicare la sua politica, ma per lavorare con il mio marchio che, entro 5 anni, produrrà 1000 posti di lavoro, ed è questo l'importante".

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NICHOLAS KAMM//Getty Images
Bernard Arnault alla cerimonia di apertura della fabbrica di Louis Vuitton in Texas con Donald e Ivanka Trump

Ed in effetti, criticare la politica maschilista e machista, neo-liberista e aggressiva, nei toni e nei modi, di The Donald sarebbe troppo facile. E, infatti, sono stati in molti nomi noti a criticare subito quello che poteva passare come un risultato per il presidente, ricordando la lunga lista di recenti misfatti. Andando oltre i meme nati dal modo nel quale Trump pronunciava il nome del brand (spoiler: male, tanto che Diet Prada lo ha accostato in un video esilarante allo sguardo carico di cipiglio di Meryl Streep in versione Miranda Priestly), Debra Messing – l'attrice più conosciuta in Italia nel ruolo di Grace Adler, arredatrice d'interni in Will e Grace, e oggi molto impegnata anche a livello civile – ha twittato: "Giusto perché lo sappiate, mentre Trump sta tagliando il nastro da Louis Vuitton, decine di migliaia di curdi, costretti a scappare dalle loro case, cercano ora di trovare un posto sicuro dove vivere come rifugiati". E, di distanziarsi da quest'associazione indesiderata, Nicolas, da sempre vicino alle cause LGBTQ+ , che Trump ignora e irride un giorno sì e l'altro pure, ha sentito la necessità. "Sono uno stilista, e rifiuto quest'associazione", è stata la caption sibillina con la quale, ieri, ha corredato il post –la hit dance del 1984 di Evelyn Thomas, High Energy. Meno sibillini sono invece gli hashtag: #homophobia e #trumpisajoke. Fino a ora il post ha guadagnato i like, e si immagina anche i consensi di colleghi come Giambattista Valli, il direttore creativo degli accessori Louis Vuitton Camille Miceli, il direttore di Vogue UK Edward Enninful e di Nicole Phelps, penna di Vogue.com. Un post che il brand non ha voluto commentare – ed in effetti, su nessuno dei suoi social ufficiali sono apparse immagini o citazioni dell'evento, a riprova che l'associazione con il capo di stato americano è potenzialmente dannosa – e che, fino ad ora, non ha visto risposte dalla White House. Forse, per una volta, Trump, che ha ammesso senza grazia durante la cerimonia che "nel corso degli anni ho imparato a mie spese a conoscere molto bene Louis Vuitton", terrà a freno la lingua, e i polpastrelli già pronti a twittare una risposta velenosa?