Ok i camerini virtuali, ok pure le modelle virtuali. Ma qui stiamo parlando di qualcos'altro, di qualcosa di molto diverso. E, per certi versi, anche clamoroso: quello che sta accadendo - adesso - è che ci sono aziende di moda che producono e vendono vestiti virtuali in 3D e persone che se li comprano. Talvolta, anche a cifre pazzesche. Ha fatto scalpore, per esempio, il caso di The Fabricant, fashion brand virtuale, che qualche mese fa ha venduto un suo abito per quasi 10 mila euro. Ma è un caso estremo. In generale, anzi, una delle ragioni alla base del successo delle piattaforme che propongono alla vendita collezioni virtuali è di tipo economico. L'ultima collezione dell'altra celebre società del settore, la norvegese Carlings, per dire, era in vendita a partire da poco più di 10 dollari. Come funziona? Per farsi il proprio outfit virtuale, basta scegliere i capi sul sito e inviare al sistema una propria immagine. Al resto penseranno i designer del produttore, che recapiteranno l'ensemble modellato sulla figura in foto via mail, pronto per essere condiviso sui social. Si tratta di capi perlopiù molto particolari che, se in vendita nel mondo fisico, costerebbero cifre che pochi potrebbero permettersi di spendere. Tutto ciò rappresenta una vera manna per gli influencer che possono sfruttare Instagram (ma volendo anche Facebook e YouTube) come una loro passerella privata. Questo sistema, a ben vedere, potrebbe essere considerato come un ulteriore passo avanti - perfino più comodo - rispetto alla possibilità, già molto in voga tra le fashion victim che fanno dell'hashtag #ootd (outfit of the day) una ragione di vita, di ordinare capi di abbigliamento, indossarli giusto il tempo necessario a farsi i selfie davanti allo specchio e postare le foto sui social.

Considerati i grandi cambiamenti nel rapporto reale-virtuale che la Generazione Z sta portando in molti ambiti della società, questo aumento di popolarità degli abiti virtuali “rischia” di modificare radicalmente il ruolo della moda nei tempi che stiamo vivendo, rendendola sempre meno tangibile e reale. Volendo estremizzare, le piattaforme che consentono di farsi l'outfit in casa potrebbero svolgere un ruolo fondamentale in un processo di democratizzazione della moda, rendendola più accessibile a un numero di persone sempre più numeroso. Oppure potrebbero, addirittura, distruggere quella reale. Quello che avverrà davvero, probabilmente, sta nel mezzo, ovvero i due mondi continueranno a vivere entrambi, su due linee parallele ma interdipendenti in snodi di passaggio comuni, nella speranza che la presenza dell'uno possa spingere l'altro a trovare nuove strade di miglioramento.