«Fu allora che vidi il pendolo». Torna in mente l’incipit de Il pendolo di Foucault all’ingresso della maestosa messa in scena della sfilata Gucci per il prossimo Autunno-Inverno: l’enorme spazio del Palazzo delle Scintille è trasformato in una mega aula magna o un gigantesco teatro anatomico, al centro del quale pende una riproduzione del vero pendolo ideato dal fisico francese Léon Foucault come prova sperimentale della rotazione della Terra, che ha un significato simbolico all’interno del romanzo. Ma anche all’interno della collezione. Che narra di tempo e di tempi che cambiano e ci fanno cambiare, mutano la nostra percezione del mondo nel momento in cui trasformano il modo in cui abitiamo il mondo. Prima, nell’oscurità, sui muri vengono proiettate immagine luminose di Alessandro Michele bambino, periodo della sua vita da lui particolarmente sofferto perché “diverso” dagli altri bambini che lo hanno preso in giro, l’invito alla sfilata è un falso invito (ah, come vanno di moda le strutture ricorsive!) che reciti «vieni al rave del mio quinto compleanno» (anche i rave sono molto gettonati) e le note per i giornalisti sono scritte su un foglio protocollo da tema delle elementari. Il tempo che passa, il pendolo oscilla, ma l’infanzia rimane lì, cristallizzata nelle sue prime attitudini esperienziali, epoca dell’esistenza in cui facciamo conoscenza con gioia, dolore, bullismo, crudeltà, piacere. Un’età dell’innocenza a cui si ritorna con i pullover baby con ricamato Mon petit choux, ai cappottini con il colletto di velluto da scolaretta perbene ma in taglia da adulto, ai pantaloni alla zuava, alle vestine con il colletto rotondo da gemellina di Shining.

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Gucci Autunno Inverno 2020/20201

C’è la riproduzione di un momento irripetibile della vita, al centro di una collezione estremamente poetica quanto non facile nella sua declinazione commerciale (ma a quello arriveranno gli accessori, dalla riproposizione della borsa Dionysus in varie funzioni e dimensioni, ai sandaletti “con gli occhi”, fino al must stagionale, la valigetta con scritto a caratteri giganti Fake da un lato e Not dall’altro), che induce a un detox di testosteronica volgarità il concetto del sentirsi uomini, proprio come quando si andava all’asilo e non c’erano differenze evidenti tra maschietti e femminucce. Michele entra con piglio deciso nella conversazione contemporanea sulla mascolinità tossica scoperchiata dal movimento del #MeToo e vorrebbe restituire all’estetica un uomo vulnerabile, fragile, dolce. Perché la cultura patriarcale, in realtà, danneggia gli uomini quanto le donne e rende chiunque non sia conforme a comportamenti eterodotti sul mostrarsi maschio che spesso, ancora oggi, confinano con l’aggressività sessuale, la diffidenza per chi è dissimile da noi, il mito che chi è pene-dotato sia intrinsecamente lontano dalla vocazione alla genitorialità o non possa mai riconoscersi come vittima di abusi o di violenza, con il rischio di subirne ancora se lo dichiara. Ma tutto deve iniziare proprio dal mondo maschile perché «si nasce sempre sotto il segno sbagliato e stare al mondo in modo dignitoso vuol dire correggere giorno per giorno il proprio oroscopo», scrive Umberto Eco ne Il pendolo di Foucault.

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Gucci Autunno Inverno 2020/2021


Finiscono così, con un défilé estremamente politico e innestato nelle urgenze socioculturali di oggi una tre giorni di moda maschile che, nel cercare una “terza missione” tra lo streetstyle e il formale cerca prototipi più che stereotipi. Anche per Fendi e Marco De Vincenzo, ognuno a suo modo, riflettono i tempi e i modi di una mascolinità rinnovata. Per Silvia Venturini, si tratta di cappotti e giacche indossate a rovescio, con il dentro esposto fuori.

Tasche, dettagli, aperture si moltiplicano e trasformano le giacche ed i cappotti in accessori da indossare. Anche le termo-nastrature percorrono l’esterno dei cappotti e giacconi. Zip frazionano i capi, consentono di trasformarli, togliere sezioni o aggiungerle: un cappotto si riduce a un bolero, la maglia si accorcia o perde le maniche ed è lavorata ai ferri perfino la versione maschile della Peekaboo. Alcuni pantaloni hanno un taglio tradizionale davanti ma si illanguidiscono in lunghe gonne sul retro, che si gonfiano a ogni passo, in contrasto con le sneakers robuste, militari.

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Fendi Autunno Inverno 2020/2021

E, a proposito di strutture ricorsive, gli accessori più nuovi sono grandi o piccole borse che riproducono esattamente quelle della boutique. E aprire un sacchetto giallo di Fendi per trovarvi dentro la sua replica in pelle gialla – colore simbolo della maison – è una sorpresa enigmatica e un po’ enigmistica particolarmente sofisticata. Anche da Marco De Vincenzo il pensiero su una virilità “altra” si fa più lieve, ludica, giocosa: i loden sono plissé, le giacche da amministratore delegato dietro hanno un fiocco che il designer definisce “vivaldiano”, i blazer richiamano in maniera fin troppo palmare il sopra dei tailleur femminili di Chanel, nei loro bouclé colorati in sfumature preziose; i cardigan sono a fasce di frange variopinte: il gusto di De Vincenzo per l’arcobaleno cromatico è da sempre un suo punto di forza. Forse non sarebbe stato male introdurre un elemento di maggiore “adultità”, ma la leggerezza dello stilista – da intendere in senso calviniano – ancora una volta fa centro.

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Marco De Vincenzo Autunno Inverno 2020/2021

Scrive Chimamanda Ngozi Adichie in Dovremmo essere tutti femministi: «Facciamo un grande torto ai maschi educandoli come li educhiamo. Soffochiamo la loro umanità. Diamo alla virilità una definizione molto ristretta. La virilità è una gabbia piccola e rigida dentro cui rinchiudiamo i maschi”. Non potrebbe avere più ragione: la mascolinità tossica è proprio questo, è tossica perché soffoca. Impedisce a un uomo di essere umano, di provare le emozioni che accomunano tutta la nostra specie, e gli impone di essere forte, sempre, costantemente, anche quando invece sente di avere bisogno di sostegno e conforto. E magari, anche di un vestito nuovo.