La sfilata di mercoledì allo Châtelet Théâtre di Parigi di Jean-Paul Gaultier sarà memorabile per diversi motivi: non segnerà solo il 50esimo anniversario della sua carriera, ma ne sancirà anche la fine. Così ha scritto lo stilista su Twitter, dove ha ammesso che quella del 22 gennaio, sarà l'ultima sfilata di Haute Couture del marchio da lui fondato. In un video nel quale il 67enne è ripreso, sdraiato con un'aria rilassata e ironica, Jean-Paul infatti parla al telefono. Al suo interlocutore, probabilmente un giornalista, racconta con fare ciarliero che "Devi venire allo show, sarà l'ultimo!" Prima di farsi prendere dallo sconforto, però, è bene sottolineare che lo stesso stilista ha già specificato che non si tratta di un addio alle passerelle, ma solo di un momentaneo allontanamento dai riflettori. "Gaultier Paris e l'Haute Couture continueranno, ma in una nuova forma, ti dirò tutto quando ci vediamo", continua Jean-Paul Gaultier nella sua fittizia chiamata con l'insider invitato probabilmente nel front row e al party che ne seguirà e si annuncia già imperdibile.

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Se la sfilata infatti si annuncia come un amarcord dei 200 look che hanno segnato la carriera dello stilista cresciuto nei sobborghi di Parigi, l'ex enfant terrible della moda – così venne chiamato all'epoca, e, nonostante abbia mantenuto quel suo approccio giocoso alla vita e alla carriera, l'età anagrafica parla di una maturità raggiunta ormai da tempo, troppo per dargli ancora del "ragazzino" – ha incrociato e segnato le carriere di molti cantanti e creativi, entrati nella memoria collettiva grazie ai vestiti dai lui disegnati: di conseguenza, sono in molti a volergli tributare gli onori dovuti, partecipando all'after-party. Assunto da Pierre Cardin nel 1970, grazie anche a una buona dose di faccia tosta – privo di un'educazione alla moda classica, o della frequentazione di istituti rinomati, Gaultier inviava i suoi bozzetti agli stilisti, nella speranza di essere notato – ha da subito fatto capire che l'unica regola della sua estetica era che non c'erano regole.

Il kilt indosso agli uomini (e fuori dalla Scozia), le modelle che differivano dai canoni anagrafici e fisici molto prima che divenisse un'operazione di "awakeness" – parola americana che si traduce in una "ritrovata consapevolezza", e che per per molti brand altro non è stato altro che uno stratagemma di marketing per conquistare nuove fette di mercato – le ossessioni erotiche trasformate nel guardaroba della settima arte, nel film Kika - un corpo in prestito di Pedro Almodóvar, e la costruzione della mitologia Cicconiana (ovvero quello di Madonna, che vestì per il Blonde Ambition Tour del 1990, con il reggiseno corsetto ormai passato alla storia); Beth Ditto e Dita Von Teese, Marilyn Manson – nell'era dell'album The Golden of – e Luc Besson. Jean-Paul Gaultier non ha cambiato solo il mondo della moda, ma ha portato scompiglio nella morale puritana degli anni 80, nei quali parlare di sesso era provocatorio – nonostante ne si facesse molto di più di oggi – ma sempre con un sorriso da monello sulle labbra. E dal suo momentaneo arrivederci alla moda, è lecito aspettarsi di tutto.