La moda americana è ai ferri corti? Dopo una fashion week di New York da tempo messa in discussione nell'intero calendario moda e un'attualità che ha i numeri e gli scenari drammatici del post pandemia, a creare una nuova crepa nel sistema moda americano potrebbe essere una recente biografia. Protagonista André Leon Talley che ha rango di celebrità in patria (e non solo), un po' per via di una carriera meritevole di una trasposizione cinematografica, un po' per quei suoi look di molto sopra le righe, traduzione del camp applicata su tessuto e su una personalità per la quale la definizione spumeggiante è un eufemismo. A riprova di quest'affermazione, oggi, si cita la sua comparsa in una scena di The september issue, documentario sulla realizzazione del numero di settembre di Vogue: Talley si presentò sul campo da tennis per una sessione di allenamento con un maxi asciugamano in spugna e una valigetta in pelle a mo' di beauty bag, per contenere, forse chissà, il deodorante e le chiavi di casa. Nel suo caso però, entrambi i pezzi avevano stampato a caratteri cubitali il monogram di Louis Vuitton, mentre sul suo polso brillava un orologio di diamanti. Nessuno dubitò per un attimo che quell'ensemble così scenografico potesse non essere suo, anche se poi si scoprì, come raccontò lo stesso Talley, che l'intero outfit fu frutto di un prestito da parte delle maison.

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Sonia Moskowitz//Getty Images
André Leon Talley con Diana Ross allo Studio 54 nel 1979

Nella sua autobiografia, in uscita a settembre The Chiffon Trenches: a Memoir, l'ex editor at-large di Vogue US delinea con nuovi toni anche il suo rapporto, durato più di 30 anni, con Anna Wintour, rapporto di amicizia e lavoro iniziato ancora prima del 1988, Anno Domini nel quale Anna Wintour divenne direttrice del giornale. Nato nel 1949, e vissuto nel North Carolina segregazionista delle leggi di Jim Crow, André Leon Talley fuggì da quel mondo crudele grazie a una borsa di studio alla Brown University, per poi ritrovarsi nel 1974 a lavorare nella factory di Andy Warhol, militando da Interview con un paga da 50 dollari a settimana. L'incontro con "Nuclear Wintour", come la chiamano in patria è del 1983, quando ci si ritrova negli uffici specchiati di Vogue, lei direttrice creativa – il giornale era allora guidato da Grace Mirabella – e lui fashion news director, e già uno dei primi uomini afro-americani a essersi fatto strada in un mondo della moda allora ancora incastrato negli adv che ritraevano un'America d'élite, divisa tra le case in Connecticut e le barche ancorate a Hyannis Port, ma sempre, indistintamente, bianca. Un lavoro trentennale, quello di Talley – intervallato negli anni da altri suoi ruoli, a W e Vogue Paris, per poi tornare a New York alla corte di Anna, dove è rimasto come editor at-large fino al 2013 – che non si è limitato alla recensione di sfilate o alle presenze alle feste comandate del calendario modaiolo, dal Met agli Oscar: Talley è stato infatti strumentale per sdoganare sulla passerella le modelle di colore, convincendo i designer a rendere omaggio alla comunità africana e afro-americana, spesso ridotta a numeri di rappresentanza, una a sfilata, giusto per salvare le apparenze. Amico dei potenti, ma anche delle star della disco Diana Ross e Cher, seduto alla destra di Lee Radziwill ai party e alle cene, André Leon Talley ha vissuto quegli anni da protagonista assoluto, amato e sostenuto, anche nei momenti difficili della sua vita personale, da amici del rango di Yves Saint Laurent e Karl Lagerfeld. Lo stesso Talley ha già raccontato come, distrutto dalla morte di Diana Vreeland, che aveva sempre considerato sua mentore, fu invitato quell'anno, il 1989, da Karl a prendere un volo (privato, si intende) per raggiungerlo a Parigi, e poi da lì, con chaffeur, nella villa in campagna dello stilista, anche lui in lutto per la perdita del suo compagno Jacques de Bascher. "Mi chiese di andare da lui, almeno avremmo potuto passare del tempo insieme e sostenerci in un momento che per entrambi era molto difficile. Mi fece anche trovare, al mio arrivo, una penna Fabergé, con le mie iniziali realizzate con dei diamanti. Era indubbiamente un amico generoso".

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Michael Loccisano//Getty Images
André Leon Talley con Anna Wintour nel 2014 alla New York fashion week

In un articolo del Daily Mail, che ha ricevuto in anteprima lo scottante manoscritto, le parole riservate ad Anna Wintour non hanno nulla del politically correct di solito esercitato in punta di fioretto da chi, in questo sistema, deve sempre tenersi in equilibrio tra opinioni squisitamente personali e rapporti lavorativi a sei zeri. "Non è capace dell'umana gentilezza" si legge negli estratti della biografia "e si sceglie gli amici senza alcuna pietà, scegliendoli tra quelli che occupano i posti più alti nei loro ambiti di riferimento: George Clooney, Serena Williams, Roger Federer, per lei sono amici. Io non faccio più parte di quel gruppo perché sono diventato troppo vecchio, troppo grasso, troppo poco cool. Anna è immune a tutto, tranne che al potere".

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Michel Dufour//Getty Images
André con Yves Saint Laurent nel 1978


Parole dure quando si pensa che fu proprio Wintour, fresca di nomina a direttrice, a dare a Talley quello che era stato il suo ruolo fino al giorno prima, quello di direttore creativo: un nuovo lavoro inaugurato con la prima copertina firmata da André Leon Talley per il giornale, con protagonista Madonna, nel 1989. Così nacque un rapporto umano e lavorativo proficuo, anche se ammette che, inizialmente, era terrificato dall'algida inglese, sentimento che Andy Warhol si divertiva a ricordargli. "C'è Anna, vai a salutarla", gli diceva ironico, quando agli inizi si incrociavano alle feste. Eppure qualcosa si è incrinato, a un certo punto. Talley scrive nella sua autobiografia che molto abbia a che fare anche con il suo peso altalenante, un rapporto con il cibo che, umanamente, ha ammesso "non riuscirò mai a risolvere". E probabilmente guidata da un sentimento di umana amicizia e preoccupazione, a un certo punto Anna Wintour, nelle parole di Talley, prende in pugno la situazione e si organizza con altri suoi cari amici, il suo pastore e Oscar de la Renta, per obbligarlo a farsi ricoverare al Duke Diet and Fitness Center in North Carolina. E forse dall'insuccesso di quel ricovero (chili persi ma poi riguadagnati in una spirale difficile che molte donne conoscono fin troppo bene) inizia, secondo Talley, la fine. Nel 2018, spiega nel memoir, il giornalista credeva che, come ogni anno, sarebbe stato affidato a lui il ruolo di intervistare le star sul red carpet del Met Gala, per scoprire poi, senza una spiegazione da parte di Anna, che sarebbe stato rimpiazzato dalla 24enne youtuber Liza Koshy. "Avrei capito se mi avesse detto che bisognava ripensare il format, che dovevamo pensare a qualcosa di nuovo per le mie interviste, in fondo nulla dura per sempre, ma lei ha smesso di parlarmi, regalandomi un trattamento del silenzio che le ho visto usare troppe volte, e ho capito che ero fuori. La vecchia guardia è considerata al pari di dinosauri: si tratta di discriminazione bella e buona, contro una specie a rischio di estinzione".

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Djamilla Rosa Cochran//Getty Images
Con Anna Wintour nel 2003, nel front row di una sfilata a New York

Se sia lo sfogo di un uomo ferito dalla fine di un'amicizia, o l'incapacità a rendersi conto del cambiamento dei tempi non è chiaro. Però sulla scia delle sue dichiarazioni, che ovviamente alzano ad hoc l'attesa per l'arrivo del suo nuovo libro, seguono anche quelle di Ralph Rucci, designer di Chado Ralph Rucci, brand molto noto oltreoceano, che, in un post Instagram non ha lasciato spazio all'immaginazione. Applaudendo il coraggio dell'amico ventennale, ha ammesso di avere quasi pronto un memoir dettagliato con prove a supporto, della stessa verità sostenuta da Talley. Non manca la speranza, nelle parole di Rucci, che l'atto di coraggio possa essere seguito da quello di molti altri designer e giornalisti che hanno subito negli anni lo stesso trattamento. Che le parole di Talley e Rucci siano vere, o frutto di un'intestina lotta al potere tra giganti c'è però di che favoleggiare, e buttare giù la sceneggiatura per un nuovo blockbuster glitterato. Meryl Streep dovrebbe tenersi pronta, nel caso.