Sulla New York fashion week (in programma dal 13 al 16 settembre, giorni durante il quale sfileranno le collezioni della primavera/estate 2021) il pensiero comune a tutti gli addetti ai lavori lo ha già espresso una voce che più autorevole non si può, quella di Vanessa Friedman, direttrice della redazione moda del New York Times. La giornalista ha infatti twittato, con l'asciutta prosa che l'ha resa famosa: "Il programma ufficiale della NYFW è stato pubblicato. Non parteciperanno: Marc Jacobs, Oscar de la Renta, Pyer Moss, Ralph Lauren, Proenza Schouler, Telfar, Brandon Maxwell, The Row, Vaquera, Batsheva, Prabal Gurung. Parteciperà: Marchesa?" Le sue preoccupazioni sono in effetti valide, considerando che in molti non scommettevano neanche sulla possibilità stessa di organizzare l'evento: la pandemia da Covid-19, in fondo, in America è tutto tranne che debellata – anche se New York è stata l'unica città capace di contenere il contagio attraverso misure di lockdown severe – e il mercato dell'abbigliamento statunitense soffre da anni di una crisi d'immagine, incapace di produrre talenti rilevanti anche nella vecchia Europa, o anche di trattenerli in patria (Off-white di Virgil Abloh sfila a Parigi, così come Yeezy), il Covid sembra aver dato un colpo (forse) fatale.

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Il CFDA, il Council of Fashion Designers of America, era però consapevole della difficoltosa situazione – basta rileggersi le dichiarazioni del suo presidente Tom Ford, poco speranzoso rispetto alla ripresa dei consumi e all'arrivo del revenge spending post-pandemia, che in effetti, non c'è stato mai da nessuna parte, figurarsi in un paese che non può certo definirsi nella fase discendente dei contagi – e ha pensato alla creazione di una piattaforma virtuale, così come era successo per la scorsa edizione della fashion week milanese. Runway 360 sarà uno strumento grazie al quale i designer potranno presentare le loro collezioni in un arcobaleno variegato di formati, permettendo anche ai giornalisti e agli addetti ai lavori che non possono – o non vogliono – prendere un volo per la città, di prendere parte all'evento, attivando modalità per le quali sarà possibile tenere conferenze stampa o anche, per i buyer, inoltrare gli attesissimi ordini, rimanendo attivo anche quando, si spera, si tornerà alle sfilate live. L'inizio sarà affidato a Jason Wu, con uno show dal vivo al quale parteciperanno tra le 25 e 30 persone, organizzato sul tetto degli Spring Studios, e che sarà trasmesso in streaming, mentre il gran finale sarà di pertinenza di Tom Ford, che condividerà sul portale delle immagini della sua nuova collezione. A difendere la bontà – e la necessità – della scelta, è stato Steven Kolb, Ceo del CFDA, che ha commentato: «La pandemia ha sconvolto l'industria globale della moda e ha colpito New York in modo particolarmente duro. La settimana della moda è un momento critico in cui i brand sono in grado di connettersi con la stampa, i rivenditori e i consumatori, e sono orgoglioso di quanto velocemente il Cfda abbia sostenuto le esigenze del settore creando Runway360. Siamo entusiasti di vedere 15 nuovi marchi americani in programma, che potrebbero non aver avuto l'opportunità di condividere le loro collezioni con un pubblico globale senza avere accesso a Runway360. Siamo anche entusiasti di mettere in evidenza l'incredibile talento in uscita da Harlem's Fashion Row, e di annunciare il ritorno del New York men's day. Di fronte alle sfide senza precedenti e all'incertezza del nostro settore, la comunità della moda americana si è riunita ancora una volta per sostenersi a vicenda e dimostrare la sua capacità di resistenza». E in effetti, come già preannunciato dal presidente Tom Ford, alle collezioni femminili si affiancheranno quelle maschili, in un ottica di riduzione degli eventi che tiene conto di una rilevanza del comparto "menswear" non assolutamente paragonabile a quella di altre capitali come Milano o Parigi. A presentare in questo settore ci saranno, tra gli altri, i membri del CFDA Timo Weiland e David Hart, così come 10 brand definibili come gender-fluid, e quindi, più prosaicamente, unisex: Apotts, Carter Young, David Hart, Future Lovers of Tomorrow, Ka Wa Key, Official Rebrand, Stan, Teddy Vonranson e Wataru Tominaga.

Certo, l'occasione, come già successo per l'Italia, può essere colta per dare lo stesso spazio di solito riservato ai big, anche a talenti emergenti – anche considerato che la partecipazione è gratuita – come quelli promossi da Harlem's Fashion Row, organizzazione che si occupa di sostenere brand fondati dalla black community: durante la NYFW ce ne saranno tre (Kimberly Goldson, Kristian Loren e Rich Fresh). Chi, come i maggiori nomi elencati dalla Friedman, salterà quest'edizione, lo farà per le ragioni più disparate: se Marc Jacobs, come aveva già fatto intendere in alcune interviste durante la fase critica del lockdown, ha deciso di non produrre nessuna collezione per la primavera/estate 2021, Michael Kors presenterà la sua collezione più avanti, a ottobre, attraverso le piattaforme social del brand, mentre altri, semplicemente, hanno scelto di investire altrove i loro budget già limitati. «Durante la pandemia» ha spiegato Kolb «abbiamo devoluto 5 milioni di dollari ai brand che avevano bisogno di sostegno, e 1 milione di questa somma è andato solo a Harlem's Fashion Row, per supportare i designer di colore. Poi, dopo esserci confrontati con i designer che hanno sfilato in passato e con i membri del CFDA, alcuni brand hanno deciso che non possedevano il budget necessario per creare una collezione o organizzare una presentazione, che fosse digitale o dal vivo. Hanno preferito concentrarsi sul loro personale, e rafforzare l'e-commerce.»


Certo, però lo spirito di gruppo americano sembra iniziare a vacillare, se i più grandi – fatta eccezione per Tom Ford, che ha un ruolo istituzionale nel CFDA e quindi non poteva in nessun modo venir meno – si sfilano dall'evento, tentando di trovare strategie alternative per arrivare ai consumatori e agli addetti ai lavori, ai loro termini. Ci rimarrà solo Marchesa, come sostiene la Friedman? Il marchio di Georgina Chapman, ex moglie di Harvey Weinstein – che, secondo le indiscrezioni dopo lo scandalo e il conseguente #metoo, obbligava le grandi star cinematografiche come Jennifer Aniston a indossare gli abiti da sera del brand, durante le maggiori premiazioni, all'insaputa (pare) della consorte – per quanto scenografico, non ha lo spessore necessario per dare all'evento, da solo, una consistenza, ed è molto più interessante seguire il percorso di Eckhaus Latta. Il brand fondato da Mike Eckhaus e Zoe Latta, infatti, ingloba da anni nel suo discorso sul guardaroba, input che arrivano da altri ambiti, dall'arte contemporanea alla scultura. A dare una speranza, però, seppur in tempi difficili, ci ha pensato ancora Friedman, che a seguito del primo tweet ironico, ha precisato: «Tanto per essere chiari: non credo che voglia dire che la New york Fashion week sia finita. Ma senza dubbio è in una fase transitoria, e quando la supererà, ne uscirà per sempre cambiata».