Ultimo aggiornamento 1 gennaio 2021. Storie simili, quasi sovrapponibili, che coinvolgono un uso disinvolto di alcool e droga e abusi su modelli, ma anche uomini e donne trans: accuse dirette al designer Alexander Wang, che hanno cominciato a circolare un paio di giorni fa, riportate subito dalla fashion police dei social, l'account di Diet Prada. Ad accendere la scintilla è stato il modello Owen Mooney, che, in una serie di video su Tik Tok, ha fatto riferimento, senza specificarne il nome, a un designer noto che nel 2017 lo aveva molestato in un club, palpeggiandolo. Quando ha ammesso che il creativo in questione era Alexander Wang, l'account Instagram di Shit model management ha riportato la notizia, attirando l'attenzione di Diet Prada: a quel punto si sono moltiplicate le storie, con fonti anonime, che raccontavano dello stesso dramma, includendo in alcuni casi l'utilizzo di mdma sciolta nei cocktail, sesso orale non richiesto ed eseguito a seguito dello stato confusionale nel quale aveva indotto le presunte vittime. Se accuse del genere erano circolate già nel 2012, nel 2015, e poi ancora nel 2017, senza però trovare mai riscontro o anche l'interesse dei quotidiani, in questo caso Highsnobiety e WWD sono i primi a scriverne sul suolo americano, riportando i nomi di chi, invece, ha deciso di farsi avanti. A confermare la sua accusa a Insider è stato anche Nick Ward, raccontando un'esperienza simile a quella di Mooney, avvenuta nello stesso anno. Nel 2019, invece, era stata la cantante Azealia Banks a condividere tramite Instagram story, dei messaggi – di cui era oscurato il mittente, per garantirne la privacy – che raccontavano storie similari, le cui vittime erano in questo caso donne e uomini trans. Se Diet Prada ha invitato a defolloware Wang e boicottare la sua linea, i commenti sia sull'account privato del designer che su quello ufficiale del brand sono stati disattivati, mentre un rappresentante del creativo di origini taiwanesi si è rifiutato di rilasciare qualunque tipo di commento. E, sempre secondo WWD non disponibile a rilasciare dichiarazioni è anche Erin O'Connor, una modella amica e collaboratrice di Wang, che, nelle parole del suo agente americano Jonathan Sanders "non è al momento raggiungibile per discutere della questione". Fino a ora, in effetti, nessuna delle personalità note per i suoi legami di amicizia con il creativo si è espressa con una dichiarazione di sostegno.

Il primo gennaio 2021 il designer ha rilasciato questo comunicato ufficiale

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Se altre nove persone, tutte anonime, hanno raccontato a Shit model management esperienze similari, Model Alliance, organizzazione che si occupa di difendere i diritti dei professionisti che lavorano nella moda, ha rilasciato una dichiarazione a sostegno delle vittime. "Tutta la solidarietà di Model Alliance va a quanti hanno accusato di abuso sessuale Alexander Wang, raccontando le loro storie» inizia il comunicato. «Diciamolo chiaramente: la moda come industria manca di trasparenza e di responsabilità e mette i modelli in condizione di essere vulnerabili agli abusi, a prescindere dal sesso o dalla loro identità di genere. Per questo motivo sponsorizziamo il programma RESPECT, che fornisce un meccanismo appropriato per permettere loro di riportare gli abusi, richiedere delle indagini, e far affrontare delle reali conseguenze ai colpevoli. Il nostro obiettivo è fare prevenzione». Diet Prada sta continuando a pubblicare stories con momenti del passato e ospiti dello stilista: focus commenti su alcool, party ed eccessi che, alla luce delle accuse attuali, oggi assumono tutt'altro tono. Frasi adesso soggette allo scrutinio dei social, come anche la mossa, già criticata all'epoca, di assoldare per la sua campagna pubblicitaria della primavera/estate 2017 R.Kelly, rapper attualmente in carcere a Chicago, in attesa di affrontare un processo che lo vede imputato per diversi capi d'accusa tra i quali lo sfruttamento sessuale minorile, pornografia minorile, lavoro forzato, ostruzione della giustizia e rapimento. Se le accuse si sono fatte impossibili da ignorare per la giustizia, a seguito del documentario Surviving R.Kelly, del 2019, dove diverse sue vittime raccontavano di torture psicologiche e fisiche, il comportamento del rapper – noto in Italia sul finire degli Anni 90 con la sua hit I believe I can fly – era già chiacchierato e noto agli insider da parecchio tempo prima, sulla scia del caso Weinstein.

Un comportamento, secondo Diet Prada, che è stato sempre più o meno giustificato dalla filosofia stessa del brand, dedicato, secondo i suoi slogan, agli amanti della nightlife, con fasce logate con frasi come "Wangover" (gioco di parole tra il cognome del designer e hangover, letteralmente i postumi dell'ubriacatura) e "party animal". L'avvocato Harley Lewin, che ha lavorato su casi di proprietà intellettuale con Wang in passato, è stato sentito da WWD, a cui ha rilasciato una dichiarazione che, senza toccare la specifica questione, racconta l'hic et nunc di casi del genere. «Sono stato da entrambe le parti in questa situazione. Ci sono ragioni convincenti per trattare ogni accusa di negligenza professionale con rispetto, dando loro credibilità. Le persone devono farsi avanti e a volte esporsi al ridicolo, o a cose ugualmente sgradevoli che succedono nel mondo dei social. D'altra parte c'è spesso un certo livello di innocenza, o, francamente, di stupidità. La gente della vecchia scuola che si comporta da "gente della vecchia scuola", dimostra una mancanza di sensibilità senza averne intenzione, e senza per questo andare oltre il limite del consentito. Molto spesso, certo, le accuse di molestia sessuale sono state ritirate perché sedersi al banco dei testimoni ti mette in una posizione difficile, quella dell'interrogatorio incrociato, dove spesso si tende a trasformare una donna, ad esempio, in qualcuno che non è, qualcuno privo di morale. Si mette la donna sul banco degli imputati, al posto del potenziale colpevole. Succede anche oggi, nonostante i trend sui social spingano in una direzione differente». Nel caso di Alexander Wang, i social per adesso si sono espressi in un unico senso: toccherà alla giustizia, nel caso le accuse arrivino nelle aule dei tribunali, definire la portata e la validità di una questione sulla quale, al momento, nessuna delle personalità note e facente parte del circolo del designer, sembra interessato a esprimersi.