"Più di 100 individui sono stati nominati amministratori delegati nel 2020 nel mercato dell'abbigliamento, specialmente in Europa e America, nell'ottica di una futura leadership più attenta alla sostenibilità e alle pari opportunità: la presenza di donne, tra loro, è cresciuta del 95%": con questa buona notizia si apre la ricerca di Nextail, Fashion Newest CEO's report. L'azienda madrilena di ricerca dati ha infatti stilato una vera e propria lista di aziende virtuose, raccogliendo le sue informazioni attraverso i comunicati stampa ufficiali dei brand, che spesso sono diramati proprio per annunciare le nomine ai vertici, le novità apparse su Linkedin e quelle condivise dalle maggiori riviste cartacee e online di settore. Una nuova classe dirigente più attenta non solo alle tematiche ambientali, ma anche capace di navigare con competenza nel mondo del digitale (e che nel 63,7% dei casi è stata promossa da posizioni di C-level, quindi da un ruolo manageriale): "Nonostante le conseguenze del Covid-19, le aziende hanno dimostrato di voler pianificare il futuro, ma anche di affrontare le questioni più urgenti" ha commentato il Ceo di Nextail, Joaquin Villalba.

Un cambiamento storico per alcuni brand, che hanno sostituito i fondatori o i familiari nel ruolo apicale, dopo decenni, mentre in altri casi, il ruolo di Ceo (chief executive officer, il nostro Amministratore delegato) è stato creato laddove ancora non esisteva: è andata così da Coty, Kylie Beauty e da J.Crew. Altrove, invece, il cambio della guardia è stato reso necessario da necessità economiche o da accuse di cattiva condotta personale. L'anno scorso, ad esempio, Tyler Haney, fondatrice del brand di activewear Outdoor Voices, ha lasciato il ruolo di Ceo (per poi tornare come membro del consiglio amministrativo): secondo Business of Fashion, le sue dimissioni sono state obbligate e richieste, appunto dal consiglio d'amministrazione, per via delle contingenti perdite economiche registrate dal marchio. Nel caso di Tapestry – gruppo che possiede Kate Spade, Coach e Stuart Weitzman - l'abbandono di Jide Zeitlin, da 14 anni presidente, e da 1 solo Ceo, è stato giustificato da "motivi personali": il Wall Street Journal e Forbes hanno però parlato di un'uscita "suggerita" a Zeitlin dalla stessa azienda, a causa di una cattiva condotta personale, che avrebbe messo il gruppo in una posizione difficile. Tra le nuove assunzioni al femminile, a spiccare è quella di Helena Helmersson, prima persona al di fuori della famiglia a far parte del gotha decisionale del gruppo svedese di H&M. Una decisione presa anche in relazione all'attenzione alla sostenibilità che Helmersson ha sempre dimostrato durante tutta la sua carriera e che, in tempi di una rinnovata sensibilità all'ambiente, diventa obbligatoria, soprattutto per i marchi di fast fashion, i cui volumi di produzione sono spesso nella lista dei principali sospettati, quando si parla di danni all'ecosistema.

helena helmersson, designated ceo of swedish clothing retail giant hennes and mauritz hm, arrives for a press conference at the companys headquaters in stockholm, january 30, 2020 photo by jonas ekstromer  tt news agency  afp  sweden out photo by jonas ekstromertt news agencyafp via getty imagespinterest
JONAS EKSTROMER
Helena Helmersson, nuovo CEO di H&M

Tra le altre nomine al femminile di peso ci sono quelle di Sonia Syngal come presidente e CEO di Gap Inc (a marzo 2020), e quella di Lauren Holbert, primo CEO donna di un marchio di abbigliamento sportivo, Dick Sporting Goods. Se la lista ha per la prima volta preso in analisi anche i cambi ai vertici delle maggiori catene di negozi di abbigliamento, fisiche e online, da Printemps a MatchesFashion (che rappresentano il 7,8 % dei cambiamenti totali) il dato "al femminile" ha le sue logiche spiegazioni. Non solo un'ottica più attenta alla parità di genere, insomma, ma anche riflesso di un dato puramente matematico: l'80% degli studenti nelle principali scuole di moda e il 75% degli impiegati nei negozi di abbigliamento, sono donne. Un trend che, secondo il report è destinato a crescere "dato che le aziende continueranno a perseguire le loro iniziative di inclusività e parità di genere a lungo termine, un processo iniziato durante la pandemia da Covid 19, e che una maggiore rappresentazione femminile condurrà, come conseguenza, a un maggiore sostegno alle donne". Certo, però, in un universo ormai completamente modificato dalla tecnologia, come quello della moda, non è escluso che la ricerca di figure apicali si concentrerà anche su profili che non vengono dal campo del fashion, ma che hanno competenze avanzate in materia di intelligenza artificiale, e sono pronte a scommettere sul loro futuro, adottando, per i negozi, sistemi di automazione che migliorino l'efficienza della supply chain, diminuendo gli sprechi. "Probabilmente, la totale digitalizzazione non era sulla lista delle priorità per le aziende" spiega Nextail, "ma lo è diventata con l'avvento della pandemia, e per il 2021 e il prossimo futuro, si seguirà la stessa rotta. Per questo, le aziende del fashion continueranno ad assumere CEO esterni, in casi nei quali le priorità richiedano abilità in quel momento non presenti in nessuno dei profili di chi lavora già per la compagnia". A suo agio con il digitale, donna, attenta alla sostenibilità: le aziende della moda sembrano aver capito, finalmente, di cosa ha bisogno il mondo del futuro.

paris, france   december 07 charles rivkin, sonia syngal, suzan tolson and stephen sunnucks attend the banana republic champs elysees flagship opening on december 7, 2011 in paris, france photo by michel dufourwireimagepinterest
Michel Dufour//Getty Images
La seconda da sinistra, Sonia Syngal, nuova Ceo di Gap Inc, fotografata all’apertura parigina del negozio di Banana Republic, nel 2011