Mentre scriviamo, le file di giovani fuori dal nuovo Sancta Sanctorum dello streetstyle – il primo monomarca italiano di Supreme a Milano – si allungano, si ingrossano, si infittiscono, abbassando considerevolmente l'età media di Brera, quartiere di solito frequentato da anziani in paltò e solerti professionisti che tra una zoom call e un "business meeting" portano a spasso il bracco. La 13esima apertura a livello mondiale del brand fondato da James Gebbia nel lontano 1994 , è la terza in Europa, e segue quelle di Londra e Parigi. Un evento che, nella migliore tradizione del brand, è stato annunciato, bisbigliato, rinviato, creando un'attesa spasmodica, dimostrando come, ancora una volta, Supreme faccia scuola nel maneggiare l'arte dell'hype.

Nelle ultime ore, addirittura, dopo che la notizia era stata ufficialmente confermata dal brand con un'inserzione a tutta pagina sul Corriere della Sera, ed era stata condivisa sui social la celebre insegna bianca su sfondo rosso, affissa su un palazzo brutalista molto milanese, si era parlato di un ratto. Non nel senso di mammifero, quanto proprio di rapimento, o meglio, del ladrocinio della stessa insegna, il vero e proprio Sacro Graal della moderna "coolness". Un disperato tentativo di impadronirsi dell'effige e posizionarla in casa, come certi vasi sottratti agli scavi di Pompei? Uno scherzo di qualche buontempone che voleva rovinar la festa a tutti i giovani – ma anche meno giovani – accorsi alla cerimonia ufficiale di apertura (il 6 maggio, di giovedì, giorno della settimana nella quale arrivano in negozio i nuovi prodotti)? Tirando un sospiro di sollievo, si è scoperto poi grazie al solerte intervento del profilo Supreme Leaks news, che la reliquia pagana era stata solo temporaneamente rimossa dallo stesso staff. Il sospetto che però a spargere tremori e sudori in merito sia stato qualche accorto social media manager, rimane alto. Per celebrare l'arrivo in Italia, inoltre, il brand ha annunciato il lancio di una t-shirt commemorativa – come usa fare con ogni sua apertura, il cosiddetto box logo – con il Cenacolo di Leonardo Da Vinci, storicamente custodito nel refettorio milanese di Santa Maria delle Grazie. Per partecipare al primo "drop" sull'italico suolo, però, non è necessario accalcarsi in lunghe code – anche perché, in tempo di assembramenti, non sarebbe un'idea accorta. I partecipanti sono invitati dal martedì a registrarsi online e compilare un modulo completo di dati: nel caso si venga selezionati, si riceve un messaggio sul cellulare che chiede conferma della partecipazione. Solo a seguito di queste operazioni meritevoli dell'ingresso nella congrega più esclusiva dello streetwear, ci si può presentare in negozio e acquistare, tra i primi, i nuovi arrivi. Sette vetrine affacciate sulla chiesa di San Simpliciano e corso Garibaldi, 100 mq di spazio, nello store, minimalista ma con una certa ironia, nessuna decorazione o parte del mobilio è posizionata a caso, nel nome di un'estetica studiata al millimetro: i murales alle pareti sono dell'artista americano Nate Lowman, mentre le maxi sculture all'ingresso sono firmate da Mark Gonzales, creativo e (ovviamente) skater di professione. Infine, la maxi-installazione, un collage di foto digitali, è stata realizzata da Weirdo Dave, per incorniciare le tavole da skate in vendita. Se l'espansione territoriale è resa possibile dal fatto che il brand è stato acquisito l'anno scorso dalla VF Corp per la cifra di 2,1 miliardi di dollari, l'idea però di arrivare a Milano era stata annunciata, nel miglior stile Supreme, tra sussurri e indizi, già due anni fa: nel catalogo della collezione della SS 2019 era infatti presente un maglione in jacquard metallico, nelle cui trame si intravedevano i nomi delle città nelle quali Supreme avrebbe aperto un negozio: tra Paris, London e Tokyo, spuntava anche il nome della città della Madonnina. Un'apertura a lungo rimandata, però, anche per via della battaglia legale che il brand aveva intrapreso sul suolo europeo – dove non era stato ancora registrato il marchio – con Supreme Italia, un vero e proprio legal fake. Una vicenda conclusasi a ottobre scorso, quando finalmente il brand era riuscito ad aggiudicarsi, dopo parecchi rifiuti legali, i diritti esclusivi sul territorio europeo. Diritti che, con questa apertura, il brand incide con un'insegna attaccata saldamente al cemento. Sperando che non arrivi qualcuno – ancora – a tentarne il furto, per poi, magari tentare un "resell".