C’è l’interrogativo di Cao Fei, abbigliamento o travestimento? che suona un po’ come un essere o non essere? contemporaneo. C’è il bouquet di polaroid metropolitane di Robert Muller che gioca con i pieni e vuoti delle palette cromatiche, e della nostra vita. Ci sono i corpi privi di sensi eppure sentimentali delle statue a Villa Borghese scattate da Jacopo Benassi. C’è il mondo virtuale ma emozionale eccome di Aaajiao che (ci) invita a essere altro, e oltre. C’è un heritage e un futuro infinito da (ri)scoprire nel secondo capitolo di Valentino Re-Signify, il progetto della maison romana desiderato da Pierpaolo Piccioli come strumento interattivo/espositivo per (re)interpretare i codici che si muovono di atelier in atelier, di passerella in passerella, di decade in decade o scatto dopo scatto. Si presenta come una lettura liquida degli elementi che compongono la Maison Valentino tutta, l’interpretazione attraverso 17 artisti in scena dal 17 ottobre al 7 novembre 2021 al T-10 di SKP South a Pechino. “Nelle ipotetiche onde concentriche che si sviluppano partendo da questi momenti d’impatto, si creano tensioni tra il processo creativo di Piccioli e le opere di artisti che tramite percorsi e linguaggi molteplici e tra loro incoerenti perché poeticamente personali si sono trovati a interrogarsi sugli stessi temi che nelle opere scelte sono stati indagati”, così la maison descrive la liaison o contaminazione, che dir si voglia, fra moda, arte e pensiero (laterale) ma anche fra abito, corpo e spazio e, ancora, fra ordine e caos, fra tradizione e rivoluzione, fra comunità da riassemblare o da decostruire. Come dentro scatole magiche e lisergiche, le opere degli artisti scelti dalla maison dialogano con i concetti (im)materiali dietro VLogo Signature, lo Stud, L’Atelier e la personalissima accezione che Pierpaolo Piccioli dà alla parola Couture. Gli abiti scelti dal creative director, provenienti dall’archivio della Maison, dall’Haute Couture recente e contemporanea incluse le collezioni Valentino Of Grace and Light e Valentino Code Temporal, e dalla sfilata Prêt-à-Porter Valentino Act Collection, sono esposti su manichini Bonaveri e si immergono negli spazi espositivi con diverse intensità di presenza, come fossero bisogni complementari alle e delle opere.

Vi raccontiamo le nostre preferite.

Robert Muller - Haute Couture 2018. Cinque immagini scattate da Robby Müller originariamente su supporto Polaroid, vengono ingigantite e proiettate su 5 schermi disposti a pentagono, che permettono al visitatore di osservarle da entrambi i lati e di esserne circondato. Scorci di vita metropolitana, strade, dettagli di automobili, assembramenti di taxi, facciate dei palazzi e una camicia appesa a una finestra, unico momento intimo e domestico in una selezione di immagini urbane. Il colore è l’elemento che riempie e descrive questi 5 momenti, impressioni documentate istantaneamente e senza progettarne il risultato. Gli stessi rosa, giallo, beige e verde che pervadono i 3 look della collezione Haute Couture SS2018 scelti come controcanto alle immagini.

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ROBERT MULLER
Kensington Motel, Santa Monica, Los Angeles, 1985 ROBERT MULLER

Xu Wenkai, spesso conosciuto anche con l’alias Aaajiao, è un media artist e un programmatore. La sua poetica digitale che spesso sconfina nell’interattività videoludica, è qui ben illustrata nel video I hate people but I love you, in cui due identità puramente artificiali, una nella forma di una ragazza modellata in 3d e una in quella di un nastro di Möbius in perenne ricomposizione formato da cartelle vuote che appaiono sullo schermo, partecipano a una sorta di dialogo in cui cercano di conoscersi, forse di innamorarsi, uno scambio monotono di frasi sempre uguali che non portano da nessuna parte. Il corpo umano diventa qui un elemento completamente superfluo per l’affermazione e il riconoscimento di sé, in un territorio alternativo contemporaneamente divertito e inquietante in cui la presenza non implica più alcuna fisicità.

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AAAJIAO
I hate people but I love you, 2017 AAAJIAO

Jacopo Benassi - Valentino HC 2018. In questa serie di immagini in bianco e nero stampate su tessuto, l’artista cerca di smontare attraverso la fotografia la staticità della statuaria classica. I dettagli dei corpi in pietra che abitano il parco di Villa Borghese a Roma: piedi, braccia, schiene, mani, teste da maestosi e duri, qui stampati su tessuti liberi come bandiere diventano eterei, morbidi e aerei. Anche la scelta degli scatti, con le sculture che fotografate in bianco e nero in notturna con l’utilizzo del flash diventano immagini ruvide, quasi violente, sensuali e punk come è proprio del segno dell’artista, amplifica il cortocircuito tra la gravità carnale dei soggetti e la levità dell’opera esposta nello spazio soggetta al movimento libero e imprevedibile prodotto dal movimento dei visitatori. Un dinamismo soffice presente anche nell’abito della collezione Haute Couture FW18 collegato all’opera che unisce in sé la maestosità dei volumi e la leggerezza dei tessuti e delle decorazioni che lo rendono una nuvola sospesa che avvolge il corpo e asseconda i movimenti di chi lo indossa.

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Jacopo Benassi
Jacopo Benassi

Cao Fei - Haute Couture Valentino Des Ateliers (nella foto in apertura). L’artista si interroga con un sovrapporsi rarefatto e dilatato di registri che toccano il tableau vivant, il documentario, il grottesco e lo splatter della cultura pop hollywoodiana su due temi che sono fondamentali nello sviluppo di questa esperienza: il ruolo dell’abito e la metropoli. L’opera Haze and Fog, del 2013, usando gli stilemi del cinema horror, racconta una città magica in cui non esiste più la contrapposizione narrativa tra buoni e cattivi, ma una sorta di pacifica quanto assurda convivenza tra persone e zombie che si mescolano nella classe media tra momenti di quotidiano escapismo e ritualità lavorative e casalinghe.