Il TX3, contest per giovani talenti
Finalmente una competizione che non abbandona i vincitori. Ma li accompagna a un (auspicato) successo.
La patria del Made in Italy, il luogo d'elezione della creatività internazionale (e adesso basta con i luoghi comuni) fa molta, troppa fatica ad accogliere tra i suoi cittadini i giovani talenti della moda. È molto restia a dar loro il lasciapassare di “creativi operativi”. Preferisce confinarli nella clandestinità degli uffici stile dei megabrand, nell'anonima opacità di stanze asettiche, tanto lontane dai riflettori sulle passerelle.
Fuor di metafora: se sei uno stilista, da noi è difficile emergere. E non bastano lo show televisivo, la competizione anche se pensata bene, il contest pur condotto con tutti i crismi: se l'estro che possiedi è inversamente proporzionale al conto in banca e nessuno si (pre)occupa di farti da ponte con il mondo della finanza e della distribuzione, rischi che le tue idee giacciano bidimensionali nel cassetto delle tue capacità. E il rischio conseguente è che – in cambio dei warholiani 15 minuti di celebrità – autorità e istituzioni patinate ti sfruttino per fare bella figura, e poi ricacciarti definitivamente nell'oblio.
È per questo che il progetto della start-up TX3, un nome vagamente robotico dietro cui si nascondono quattro imprenditori veneti (Diletta Iaia, Grazia Meroni, Emanuele Canegrati e Roberto Lorenzi uniti a Trevifin, holding finanziaria del gruppo Trevi) ci fa sperare che qualcosa si muova nel senso giusto. Di 15 giovani stilisti, contattati attraverso il web o le scuole di moda, una giuria di addetti ai lavori ne ha scelti otto. A quelli selezionati verrà chiesto di creare tre collezioni (rigorosamente fatte in Italia) nel corso dell’anno, interamente finanziate dalla start-up, che le metterà in vendita online su una piattaforma dedicata.
Alla fine, sarà quindi il pubblico – cioè i consumatori – a essere il giudice finale, e non è detto che le linee più commerciali avranno per forza avere più successo. A Milano, dove si è svolta la selezione, ogni designer ha presentato un modello realizzato, la propria filosofia di lavoro, la sua fonte d' ispirazione. I vincitori? Stefano Lo Muzio, Simone Galofaro, Michele Cadelano, Tsu Yao Wang, Giulia Geromel, Katherina Purkarthofer, Lin Yang e Irene Silvestri. Personalmente (essendo nella giuria) ho trovato particolarmente interessanti le proposte dedicate alla moda maschile, altra magnifica presenza dell'Italian Style che è sempre un po' data per scontata. E invece il meraviglioso cappotto militare con un grande, grezzo ricamo in lana sul retro (una suggestione innescata dalla visione di Salò o le 120 giornate di Sodoma), di Michele Cadelano è stata una piacevolissima sorpresa, come il menswear minimal-cerebrale di Stefano Lo Muzio.
Ma forse non è giusto tifare per un nome o un altro, quanto augurarsi che questa strada possa portare chi lo merita a un successo uguale a quello che il nostro sistema-moda è tanto abituato da tempo. Così abituato da non accorgersi che, di questi tempi, potrebbe perdere il primato su cui si è addormentato.
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