Un filo di nylon nero, per legare due donne e due modi di vivere unite dalla genetica, e separate da molto altro. Questo racconta la foto d'archivio che ritrae Carolina di Monaco e la sua augusta genitrice, Grace Kelly, che passeggiano per la battigia di una spiaggia del New Jersey, nel 1978. La dimostrazione vivente che il costume intero nero è il più potente, tra i lasciti di stile che una madre può regalare alla figlia, è lì, tra la sabbia e la salsedine, con Philippe Junot che rimane in disparte, incluso nella foto eppure escluso idealmente da quel passo a due, tra due donne che hanno avuto un'influenza senza pari, nel principato di Monaco e a Hollywood. Non era un segreto neanche ai tempi, infatti, che il marito di Carolina fosse considerato dalla famiglia un playboy inadatto al ruolo di consorte: e però, le fu concesso di sposarlo, come si concede un capriccio ad un bambino un po' trascurato, come ha ammesso la stessa Carolina nel libro ufficiale del 2018 , Albert II de Monaco, l'homme et le prince dove la principessa parla di un'infanzia passata con la tata, più che con una madre assorbita dagli impegni del suo ruolo.

E però, in quell'estate del 1978, le due si concedono una vacanza lontana dall'ufficialità del protocollo, indossando lo stesso, identico, costume nero: spalline strette, scollo profondo, sgambatura anni 50, adatta ad una (ex) diva hollywoodiana come ad una nuotatrice pronta per macinare vasche e infrangere record. E in effetti, a stupire, è quanto quel pezzo di stoffa sia un talismano simbolico, che doni al contempo a madre e figlia, divise dall'età e dalle silhouette. Se Carolina a 21 anni sfoggiava la fisicità longilinea e quasi acerba di molte sue coetanee, sua madre a 49 anni manteneva intatto quel fascino che le aveva fatto guadagnare il soprannome di "Ghiaccio bollente", addolcito dalla maturità. La pelle dorata dal sole di Biarritz e Saint Tropez la prima, l'incarnato latteo della seconda – conditio sine qua non per candidarsi contemporaneamente al ruolo della divina indimenticata delle colline di Hollywood e first lady del principato – il potere di quel nero caviale si adatta con la stessa raffinatezza ad entrambe, cancellando le differenze. L'ennesima dimostrazione insomma, di come i capi generazionali, tramandati da madre in figlia, abbiano molto più fascino di un semplice acquisto in un mercatino del vintage: sebbene siano infatti entrambi lodevoli nell'arte del riciclo e dell'acquisto sostenibile, quei pezzi trait d'union tra una generazione e l'altra raccontano storie, hanno il fascino di un capo d'abbigliamento che smette di essere, semplicemente, un altro costume appallottolato nelle borse in tela per la spiaggia, e si fa bagaglio sentimentale, con lo stesso potere emotivo di una madeleine di proustiana memoria.



E quella memoria, nello specifico, racconta di due donne abituate alla luce dei riflettori, Grace per scelta e dovere, Carolina per nascita: una condizione che hanno affrontato con stoica eleganza, tanto da divenire indimenticabili e rassicuranti. Solo un anno prima di questa foto, le sirene di Hollywood continuavano a suonare insistenti alla porta di Grace. Herbert Ross nel 1977 le offrì il ruolo di Deedee in Una vita, una svolta, tentando l'impossibile: riportare Grace sul set. E forse chissà, Grace avrebbe anche accettato, ma la ragion di Stato ebbe la meglio, anche per via del personaggio, che aveva il vizietto della cleptomania: il ruolo andò poi a Shirley McLaine. In fondo però la principessa non aveva più bisogno di quella ribalta: le sue istantanee, soprattutto quelle con la figlia maggiore, ci ricordano ogni giorno, che l'eleganza sta anche nella riservatezza. E in un costume nero, da tramandare ad libitum.