“Dipende da che giornale legge”. Aveva risposto così lady Diana, solo pochi giorni prima, all’insegnante di suo figlio Harry che le aveva chiesto – unico estraneo legittimato a farlo – se erano vere le voci di crisi fra lei e il marito. Era il 21 ottobre, il principe Carlo e la sua consorte non erano più stati visti insieme dal 16 settembre, il giorno in cui avevano accompagnato Harry al suo primo giorno di scuola, e la stampa che li teneva d’occhio non poteva fare a meno di notare un certo allontanamento. Si diceva persino che Carlo avesse trascorso le ultime tre settimane al castello di Balmoral in Scozia senza la moglie, che amava la città e non condivideva la passione del marito per la caccia e la pesca. Tanto, ad aspettarlo lì c’era lady Dale Tryon, una sua vecchia fiamma che una volta aveva definito in pubblico "l'unica donna che mi capisce davvero" e che era ancora ben lieta di accompagnarlo nelle sue attività venatorie. Ma quel 4 novembre, al loro arrivo a Berlino, poche ore prima che Diana in abito rosa di satin diventasse un'immagine memorabile, il principe e la principessa del Galles si mostravano sorridenti e cordiali l'un l'altra e bastò questo perché tutti quelli che negavano la crisi e volevano la favola a tutti i costi, facessero a gara per forzare nelle foto dei due reali segnali rassicuranti che liquidassero ogni speculazione su un immaginario matrimonio in difficoltà. E di questo parlò la stampa britannica, che chiamò quel viaggio "la riconciliazione sul Reno", illudendo tutti.

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Diana e Carlo
furono accolti in Germania occidentale dal cancelliere Helmut Kohl e dal presidente della Germania occidentale Richard von Weizsecker, con tutti gli onori riservati a due membri della famiglia reale di un paese straniero. Il tour prevedeva tappe a Bonn, Colonia, Monaco, Amburgo, Celle e Hannover, e una serata all’Opera di Berlino. Quest'ultimo era un evento molto importante per i tedeschi, si festeggiava il 750esimo anno dalla fondazione della città e si sarebbe tenuta una solenne serata di gala anche con l'esibizione del Royal Ballet come ospite. Due anni prima, proprio dopo un’esibizione della compagnia britannica di balletto, Diana aveva commesso quello che per Carlo era stato un oltraggio imperdonabile. La principessa era comparsa sul palco alla fine dello spettacolo per ballare con il coreografo Wayne Sleep sulle note di Uptown Girl, in omaggio al compleanno del marito che invece, in privato, andò su tutte le furie. Stavolta Carlo non l’avrebbe persa d’occhio un minuto, ma Diana non aveva nessuna intenzione di fare altri errori in buona fede. Per attenersi rigorosamente al programma e per dimostrare la sua buona volontà, aveva chiesto aiuto ancora una volta a Catherine Walker, la sua stilista di riferimento, perché la aiutasse a riempire il suo bagaglio di vestiti che esprimessero il suo spirito di quel momento.

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Ma qual era lo spirito di Diana, in quel periodo? Oggi sappiamo tutti che la crisi con il principe c’era, eccome, e sappiamo che entrambi stavano frequentando di nascosto altre persone (lui, non solo Camilla). Ma Diana in qualche modo pensava ancora che quel matrimonio potesse trovare un suo assestamento, prima o poi, e per questo si sentiva come un “soldatino”. Ossia, in pubblico, era pronta a seguire le regole anche se non le capiva o non le piacevano. Fu per questo che quando Catherine Walker le propose vari modelli di abito da gala per quella serata all’Opera di Berlino, Diana ne scelse uno in particolare sapendo (e aveva ragione) che sarebbe stato il più fotografato dell’intero viaggio. Era un abito in satin rosa pallido carico di significati. Il colore rassicurante e innocente, la stoffa, il satin, scivoloso quanto serve per non trattenere addosso le critiche. La forma della gonna di una principessa Disney che ogni bambina ha sognato almeno una volta di indossare, ampia, gonfia, sontuosa. Diana avrebbe potuto sembrare quasi fragile e indifesa se non avesse avuto quel corpetto, il simbolo del suo coraggio da mettere in mostra. Staccandolo dalla gonna, quel top avvitato avrebbe potuto sembrare quasi professionale se non addirittura militaresco, rigido e abbottonato come la divisa di un ufficiale, con le maniche lunghe e i risvolti bianchi severi che ricomparivano sui revers della scollatura incrociata che lasciava scoperte le spalle come per distrarre dall’inganno che quell'abito portava con sé. Per non aggiungere nulla di lezioso, solo perle: un filo corto al collo e due a goccia pendenti come orecchini. Nessuna tiara. Diana inaugurò con quel vestito il pink power, il consiglio di non sottovalutare chi veste in rosa. Un messaggio che 31 anni dopo ha colto Meghan Markle, che alle celebrazioni per il 92esimo compleanno della regina Elisabetta si è presentata con un abito di Carolina Herrera dalla linea molto simile e dal colore identico, ma in cotone. Un omaggio alla suocera mai conosciuta, hanno detto allora i giornali. Un’imitazione, dicono oggi i detrattori, dopo il Megxit e tutto quel che ne è seguito.

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