Fare i bagagli prima di un viaggio è un'operazione che si vorrebbe risolvere con uno schiocco di dita, una magia che tira fuori dall'armadio tutto ciò che serve e la sistema già piegata ordinatamente nelle valige. Per recarsi in Medio Oriente Lady Diana, sposata da 5 anni con il principe Carlo, aveva a disposizione uno staff intero che l'avrebbe aiutata a sbrigare quella che più che un'incombenza era una questione diplomatica e religiosa a tutti gli effetti. Il principe e la principessa del Galles avrebbero trascorso nove giorni nei paesi mediorientali visitando Arabia Saudita, Oman, Qatar, Bahrain e gli Emirati Arabi Uniti. Un programma serrato fra nazioni dove la condizione della donna era - ed è - molto diversa da quella dell'Europa e dove le regole su cosa una donna poteva dire, fare, indossare differivano persino da uno Stato all'altro. Diana, il cui rapporto con Carlo non era già esattamente idilliaco, non poteva permettersi brutte figure né voleva dargli occasione di criticarla. Inoltre, il viaggio serviva a rendere più forti i rapporti fra quei ricchi paesi e il Regno Unito, per cui la missione si presentava molto delicata. Per confezionare i vestiti che avrebbe portato con sé, la principessa chiese aiuto a David ed Elizabeth Emanuel, la coppia di stilisti che avevano già disegnato, giovanissimi, il suo abito da sposa. "Devono essere osservati alcuni requisiti speciali riguardanti l'abbigliamento e le scrivo per chiedere se sarebbe possibile presentare alla Principessa del Galles alcuni schizzi per abiti da giorno e da sera da cui Sua Altezza Reale potrebbe selezionare gli articoli per questo tour", scriveva Anne Beckwith-Smith, l'allora dama di compagnia di Lady D, a Elizabeth Emanuel, "In ogni caso, la modestia deve essere all'ordine del giorno".

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Gli Emanuel buttarono giù diversi disegni che 20 anni dopo, raccolti in un lotto chiamato The Gulf Tour 1986 Day & Evening Wear Designs sarebbero andati all'asta. Per il corredo da viaggio di Diana furono preparati vari capi, tutti con le maniche lunghe. Un cappotto a righe bianche e blu da indossare su un abito bianco, un abito da sera viola con bottoni di strass, un altro abito da sera in crêpe di seta bianco ricamato con perline bugle e minuscoli cristalli e strass. I due stilisti ricevettero anche indicazioni molto precise (e un po' preoccupate) sulla possibilità che qualcuna delle autorità che avesse ricevuto la coppia reale potesse chiedere a Diana di coprirsi il capo, o integralmente. Per questo motivo la coppia disegnò anche un modello di burqa integrale ingentilito da un fiocco sul fianco sinistro. La 25enne principessa avrebbe visto il mondo attraverso una feritoia nella stoffa, ma si dichiarò disposta a sottomettersi a qualsiasi condizione che avessero imposto gli ospiti. Purtroppo, nonostante tutte queste attenzioni, Diana fu bersagliata dalle critiche appena scesa dall'aereo a Ryad, la capitale dell'Arabia Saudita. La principessa indossava un abito verde chiaro con pois verde scuro molto fitti e un cappellino bianco che teneva con la mano per evitare che il vento glielo portasse via: "the wrong dress", lo ribattezzarono i notiziari britannici, "il tessuto troppo leggero e l'orlo troppo corto di diversi centimetri, per un paese musulmano". Per fortuna Diana non lesse quei giornali fino al suo rientro, perché da quel momento se la cavò abbastanza bene soprattutto grazie a un fattore: i dignitari che la incontrarono, impressionati anche dalla sua presenza imponente, le riconoscevano il lignaggio elevato e per questo il burqa rimase nella valigia - o almeno, non ci sono testimonianze che lo abbia indossato - e non fu mai costretta nemmeno a coprire il capo, anche se durante la visita in un istituto di bambini disabili le venne fatto dono di un ritratto in cui Carlo era vestito normalmente, mentre di lei spuntava solo il viso da un chador nero. Ma fu durante quel soggiorno che Lady D raggiunse uno dei momenti di massimo splendore che fece dimenticare a tutti la gaffe dell'atterraggio.

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Lady Diana con re Fahd dell’Arabia Saudita al ricevimento in suo onore

L'occasione arrivò quando Re Fahd dell'Arabia Saudita diede un sontuoso ricevimento per gli ospiti britannici e Diana si giocò il jolly: un abito da sera bianco e nero che gli Emanuel avevano studiato per lei con estrema cura dei dettagli, ritagliandolo nel raso di seta che incrociarono a contrasto di colore sul corpetto e su cui arricciarono le spalline dando loro il volume che negli anni 80 era di rigore. Diana non era poi stata così "pudica" in quel viaggio, eppure conquistò le popolazioni dei paesi del Medi Oriente e quando ci tornò nel 1989 fu accolta con grande calore, che ricambiava perché era rimasta affascinata da alcuni aspetti di quella cultura. Anche per questo, quando si sparse la voce che avrebbe sposato l'egiziano e raffinato Dodi al-Fayed, tutti i paesi di quell'area si precipitarono a cercare antenati locali nell'albero genealogico del rampollo di Harrods. Come finì lo sappiamo tutti. Ma la principessa Diana Spencer è ancora oggi un modello di eleganza e un esempio per molti in Arabia Saudita e in tutti i paesi che visitò in quelle due occasioni, che sposando Dodi sarebbero potute essere molte di più.