«La terra ha memoria, proprio come l’acqua». Lo dice con una tale dolcezza, l’attrice Barbara Ronchi perché sa che non tutti lo ricordano. Lei, che è laureata in Archeologia, sul set di un servizio fotografico in cui i gioielli di Cartier sono milionari, riflette sulla genesi di tali meraviglie. «È emozionante pensare che queste pietre, oggi così perfette, quasi intoccabili, siano apparse da stratificazioni che vanno oltre certi giacimenti antichi. Sono le sorprese che ci riserva la Terra». La prima a credere nello straordinario è stata lei, perché «mai avrei creduto di diventare un’attrice». È successo una sera in cui è stata folgorata dall’opera teatrale Le lacrime amare di Petra von Kant. «Era interpretata da Laura Marinoni e fu la prima volta che mi trovai di fronte a un’opera d’arte in movimento che, grazie a un testo e a una tale interpretazione, mi commuoveva portandomi verso pensieri nuovi. Ecco perché ho voluto diventare un’attrice. Per generare dei cambiamenti. Anche dentro di me». Dopo il diploma all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico, ha iniziato a lavorare in teatro con Carlo Cecchi, interpretando Shakespeare, Molière e Sofocle. «Recitavo in uno spettacolo a teatro quando la casting director di Marco Bellocchio mi ha visto sul palco e mi ha chiesto se volevo fare un provino per Fai bei sogni. Da lì è iniziato tutto, poi sono arrivati Padrenostro, Cosa sarà...». Ora sta girando un nuovo progetto a Milano con Stefano Accorsi mentre il film Mondocane, di Alessandro Celli con Alessandro Borghi sarà presentato alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (di cui Cartier è sponsor principale). E ancora ci saranno Settembre di Giulia Steigerwalt con Fabrizio Bentivoglio, Sulle nuvole di Tommaso Paradiso, Il Boemo di Petr Vaclav e Io sono Babbo Natale con l’ultima apparizione di Gigi Proietti. «Ma il sogno nel cassetto è prestare la mia voce per un audiolibro».

barbara ronchi in mondocane di alessandro cellipinterest
P. Ciriello - 01 Distribution
Barbara Ronchi in Mondocane di Alessandro Celli

Chi l’ha sorpresa di più nel corso della sua carriera?
Molte persone, in particolare Anna Marchesini. È stata un’insegnante molto severa ed esigente, amava l’improvvisazione e da un errore in scena creava la meraviglia, ma allo stesso tempo ci spingeva a essere metodici, ci aiutava a scrivere dei testi nostri e a interpretarli, ognuno con la propria unicità, ci ha insegnato a essere noi per primi autori e registi di noi stessi.


Il ruolo che le è rimasto nel cuore?
Quello della mamma in Fai bei sogni, che è stato uno dei miei primi lavori con Marco Bellocchio: un’emozione grandissima. Ma anche Gina in Padrenostro e Fiorella in Cosa sarà.

Essere mamma oggi è un piacere o un ostacolo alla carriera?
È la cosa più bella che mi potesse capitare e non ha ostacolato la mia carriera, ma sono stata molto fortunata: ho una tribù di nonni, zii e amici veramente presenti. Se non si hanno aiuti e le istituzioni non ci sono, diventa tutto complicato. Le paghe in teatro bastano a malapena per pagare la babysitter. In tante rinunciano al lavoro perché non se lo possono permettere. E tutto diventa un paradosso.

Lei è una madre perfetta?
Non credo, ma ambisco a essere la versione migliore con lui. Voglio che mi ami per i miei pregi e difetti. Sento che è stato lui a venire da me: io l’ho sognato, l’ho aspettato, ma era nella mia testa e nel mio cuore da così tanto tempo che, quando è arrivato, è come se ci fosse sempre stato. In alcune tribù le donne diventano madri nel momento in cui decidono che lo saranno: inventano una canzone per il bambino che verrà, tutta la comunità la impara e tutti insieme la cantano il giorno della sua nascita. Questo è il potere della comunità: ti può rendere una madre migliore.

È così originale in ogni aspetto della sua vita?
Sono sempre alla ricerca di qualcosa di bello. Amo l’arte e la musica, mi emoziona vedere gli applausi alla fine di uno spettacolo, ascoltare un’opera di Puccini o andare al cinema a vedere un film nel buio e nel silenzio della sala. Cerco di rendere prezioso il mio tempo.