È il 1916 e un minuscolo produttore di abbigliamento sportivo apre i battenti del suo negozio nella periferia di Helsinki. Ab Sportartiklar O è il nome del brand che, con un orso bruno fatto logo, cambia la storia athleisure e olimpica della capitale finlandese. Ancora prima di confezionare le (già) fenomeno sneakers 2018 Karhu dovrà trasformare nome sì, ma non attitudine alla sperimentazione couture e alla fede nel suo team di produzione… e di quello olimpico scandinavo, per cui inizia a produrre scarpe da corsa, giavellotti, dischi e sci. Sponsor platonico delle Olimpiadi di Anversa degli anni Venti, Ab Sportartiklar O poi diventato semplicemente Karhu (orso in finlandese) raccoglie plauso e medaglie da parte di atleti e addetti al settore. A partire da Paavo Nurmi e le sue nove medaglie d’oro in otto anni. Il mezzofondista dirà che il segreto delle sue vittorie stava proprio dietro ad un paio di Flying Finns, le scarpe Karhu che monopolizzano il mercato sportivo dei Ruggenti.

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Meno poetica, forse, ma in egual modo virale, la storia delle sneakers tendenza 2018 ovvero le sneakers Karhu Aria, Albatross e Fusion 2.0. Piccoli grandi fenomeni indie in suède, pelle, neoprene e, come tutte le sneakers primavera estate 2018, d’ispirazione 90s. Dettagli a contrasto e riflettenti (la combo rosa Blush + verde Cadmium è TOTEMICA), intersuola con tecnologia Fulcrum e onnipresenza in tutti gli store per it-shoes dipendenti. E i loro profili Instagram. A partire da Kanye West, che indossa la colorazione Caramel alternandola al giallo vaniglia delle sneakers create con Adidas.

Oggi, il logo delle sneakers Karhu è diventato una M laterale, che deriva dalla parola Mestari e significa campione in finlandese. Laterale, come il movimento del piede durante la corsa, attenzione del brand che brevetta insieme all’Università di Jyväskylä un sistema (il Fulcrum) in piena controtendenza con quello generale dei cuscinetti d’aria: “Perché correre significa andare avanti e indietro, non fare su e giù”. Il claim è rimasto invariato da quando, negli anni Trenta, la Grande Depressione non accarezza nemmeno un po’ le sorti di quel (fu) negozietto di sobborgo. E che fa sospirare d’un solo fiato il mantra: Faster, Farther, Easier.