Se usiamo le espadrillas in estate con grande orgoglio, esibendole by day and by night, con zeppa o, ancora più ligie alla tradizione, con suola bassa, sentendoci pure molto sofisticate, anche se inconsciamente non lo sappiamo, lo dobbiamo a un uomo e una donna che, in maniere diverse, da una passerella e dallo schermo di un cinema d'essai, hanno influito prepotentemente sul modo nel quale ci vestiamo, e vediamo le espadrillas.

Perché, ai loro inizi – per i quali bisogna tornare di molto indietro nel tempo, circa nel 1332, quando è apparsa per la prima volta la parola espadrillas – il livello di glamour delle calzature in corda, non era pervenuto. Se a livello lessicale il termine ha molteplici padri, e filiazioni – il lemma originale, in lingua occitana, è derivato però dal vocabolario catalano, dove “espartenya” simboleggiava le scarpe realizzate con espart, pianta mediterranea nerboruta da cui si traeva la corda – a livello geografico le scarpe si geolocalizzano prima di tutto sui Pirenei.

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Scenari impervi, aspri, quelli delle montagne che dividono la Spagna dalla Francia, e dal resto dell'Europa, che riportano alla mente le avventure semi-picaresche di Don Chisciotte che, seguito dal suo fido destriero Ronzinante e dal contadino prontamente tramutato in scudiero, Sancho Panza, si avventura per i sentieri meno battuti della Spagna, cercando immaginarie avventure. A trasformare il libro di Miguel de Cervantes in un'opera ugualmente visionaria, è stato di recente Terry Gilliam, in L'uomo che uccise Don Chisciotte, dove il ruolo dello scudiero razionale, che tenta senza successo di riportare il padrone alla razionalità, molto meno poetica, degli eventi reali, è andato ad Adam Driver. E in effetti le scarpe espadrillas hanno mosso i primi passi lì, ai piedi dei contadini spagnoli e baschi, dove esistono ancora piccole botteghe a tradizione familiare che le producono da più di un secolo. Contraddistinte dai lacci alla caviglia, escamotage per ancorarle meglio al piede, uomini e donne li indossavano indistintamente.

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A trasformare le espadrillas in compendio chic di look vacanzieri fu Lauren Bacall, che li indossò in L'isola di corallo, film del 1948 nel quale interpreta la parte di Nora Temple, vedova di un soldato morto a Cassino durante la Seconda Guerra Mondiale, che gestisce con il suocero un albergo a Key Largo, piccola isola al largo della Florida. A cambiare le carte in tavola è l'arrivo del boss Johnny Rocco, che requisisce l'hotel, usandolo come base per rientrare in America, dalla quale è stato espulso. Nei suoi colloqui con Frank McCloud – compagno d'armi del defunto marito passato di lì a salutarla interpretato da Humprey Bogart, marito della Bacall nella vita reale – Nora cammina pensosa per i pontili in legno dove attraccano le imbarcazioni, con indosso una camicia bianca con le maniche arrotolate, cinta in vita e gonna a ruota havana in una tela di cotone robusta, e, ai piedi, le espadrillas. A seguire arriva il plauso della futura regnante di Monaco, Grace Kelly.

Salvador Dalì, che invece era spagnolo e le espadrillas le usava prima di tutti, ci si faceva ritrarre nelle più diverse, e tutte ugualmente surrealiste, Polaroid: vicino a una barca, con sguardo sicuro puntato nell'obiettivo, accappatoio in spugna e delle espadrillas nere, ma anche vestito di tutto punto, sguardo verso la linea dell'orizzonte, e un cucciolo di delfino appoggiato sulla testa. Talmente in sintonia con la calzatura, accetta anche di indossare quella e null'altro, in uno scatto che lo ritrae sensualmente sdraiato su una caletta rocciosa, con le parti intime coperte ad hoc dai sassi – e conoscendo la sua attitudine provocatoria, sembra quasi che qui abbia peccato in timidezza – una collana in oro, e sempre loro, le espadrillas nere con i lacci alla caviglia.

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Salvador Dalì nel 1969


Delle espadrillas, figlie di un panorama naturalistico impervio, dalla sensualità rupestre e naïf, si innamorerà più tardi anche Yves Saint Laurent, che però per molti anni, impossibilitato dagli impegni a recarsi direttamente in Spagna alla ricerca di produttori locali, non riesce a trovare qualcuno capace di realizzargliele in maniera artigianale. Un destino che cambia negli Anni 70, quando, ad una fiera a Parigi conosce Lorenzo Castaňer e sua moglie Isabel, eredi di una dinastia che produce espadrillas dal 1927, e che le aveva messe ai piedi anche dei soldati durante la guerra civile spagnola. L'impresa era stata nazionalizzata, scegliere quali modelli produrre non era un'opzione, e gli spagnoli prendono le armi, e delle espadrillas a sette corde. Saint Laurent chiede alla coppia di realizzarne per lui dei modelli con la zeppa, fino a quel momento mai visti. “Se Yves Saint Laurent vuole un modello con la zeppa, l'avrà!”, tuona risoluto Lorenzo prima di mettersi al lavoro, e consegnare alle passerelle francesi il modello.

Riportarle ai piedi degli uomini è stato però merito di Don Johnson, o meglio del suo Sonny Crockett, detective protagonista di Miami Vice, che, complice il suo ruolo, sotto copertura, si veste perfettamente in linea con gli Anni 80, camicie hawaiane incluse. Mascolino eppure rilassato, le espadrillas da uomo sono esibite con completi total white e camicie in nuance bruciate dal sole, virilmente lasciate aperte sul petto. Un boom, che fa registrare un innalzamento dei prezzi: nei reaganiani Anni 80, un paio di espadrillas arriva a costare anche 300 dollari, un prezzo ben lontano dai costi iper democratici del pezzo.

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Oggi, sdoganate anche in città, si arricchiscono di dettagli, inserti in pelle, varianti animalier, fiocchi e lacci, perfettamente a prova di #Instagramopportunity nelle località marine. A intercettarne la desiderabilità, nello Stivale, è stato di recente Manebì, giovane brand che, da quella suola in corda ha costruito espadrillas, zeppe e sandali con fiocchi in suède, giocose, femminili, eppure perfette anche se indossate sotto il denim used, a linea dritta, con gli orli tagliati come richiede il perfetto manuale del jeans estivo. Piegatesi senza fare un plissé ai desideri della moda, quella corda ruvida e robusta di cui sono fatte, ha scalato le montagne e combattuto guerre, e ora, finalmente, si concede una lunga stagione di ozio, nelle città deserte di agosto, o nelle località di vacanza. Un risultato meritato, un lieto fine che così positivo, di certo, non lo avrebbe potuto immaginare neanche de Cervantes.