La tentazione a non uscire fuori dal tratteggiato era forte per Jack McCollough e Lazaro Hernandez, creative director di Proenza Schouler. Quando sono stati chiamati da Birkenstock per realizzare una capsule collection insieme, c’era una sorta di timore reverenziale che aleggiava nei loro atelier di New York: stravolgere o non stravolgere un’icona di quasi 50 anni, questo è il dilemma. “Saremmo potuti tornare indietro, ricreando qualcosa di già fatto, di sicuro”, ci raccontano i fashion designer, “ma alla fine abbiamo deciso di intraprendere un percorso nuovo, che portasse la nostra firma, che non fosse mai stato battuto prima”. Apparsi per la prima volta durante la sfilata Spring Summer 2020 di Proenza Schouler, i sandali Birkenstock Arizona e Milano, reinterpretati secondo i codici della maison a stelle e strisce, scattati da Juergen Teller con la creatività di Peter Miles, saranno in vendita a partire dal 20 marzo su 1774.com, proenzaschouler.com e nei retailer selezionati. “Il dettaglio-svolta della collezione? Il velcro. Un’idea che che non era mai stata sondata, esplorata, celebrata prima d'ora dal brand tedesco”.

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Dalla sfilata Proenza Schouler SS20

Come si rinnova un’icona come un paio di Birkenstock?

Birkenstock è Birkenstock grazie ad alcuni elementi molto specifici che abbiamo voluto rispettare e mantenere intatti. Sapevamo di voler trovare un modo per iniettarvi una sorta di "sapore urbano". Volevamo mantenerne lo spirito, la sua profonda funzionalità, ma riducendo il tutto alla sua essenza più pura e in ultimo sostituire le fibbie con degli inserti in velcro. Volevamo anche trasformare la scarpa in un’uniforme, per questo abbiamo rivestito in pelle il classico plantare in sughero, in modo da creare una texture unica e priva d’interruzioni, che apparisse elegante e moderna, urbana e pragmatica.

Ad un paio di Birkenstock abbinereste di più l’aggettivo ascetico o provocatorio?

Birkenstock per noi rappresenta il tempo libero. Crea atmosfere casual, intime, rilassate. Ti porta in vacanza, in spiaggia, in campagna, dritto al weekend.

Possiamo dire che quella dell’indipendenza è una filosofia comune tanto a voi quanto a Birkenstock?

Sì. Ci sentiamo incredibilmente fortunati nel poter fare ciò che amiamo giorno dopo giorno. Ci sono pochissimi esempi di designer completamente indipendenti come noi che riescono ad andare avanti, stagione dopo stagione, per così tanto tempo. Non è sempre facile, ci sono molti rischi dietro l’angolo, e non solo economici, ma noi non potremmo fare diversamente.

Abbigliamento utility e calzature atletiche sono le vostre fonti d'ispirazione: come ci siete arrivati?

Lasciando intatto lo spirito di Birkenstock ma creando un trait d’union con il concetto di urbanità e lusso. Siamo sempre stati attratti dalle sneakers old school che usano gli strappi in velcro al posto dei lacci, e abbiamo pensato che creare qualcosa di simile sui sandali Arizona e Milano potesse essere interessante.

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Come Juergen Teller e Peter Miles hanno tradotto in scatti le vostre idee?

Solitamente creiamo la maggior parte dei progetti o collezioni partendo da un’idea nata dopo aver visto una mostra o un’opera che ci ha permesso di leggere la vita in un modo inedito. Quando ciò accade, ci piace rendere pubblicamente omaggio a quell’opera, a quella visione, a quell’artista, negli anni è diventato una sorta di “codice Proenza Schouler”. Sapevamo di voler incorporare l’arte in questo progetto, in qualche modo, ma non eravamo sicuri di come farlo, visto che avevamo le idee piuttosto chiare di come dovessero apparire i sandali. Abbiamo pensato che forse la scelta migliore sarebbe stata quella di ingaggiare un artista, che desse la sua personalissima visione della scarpa e collaborare con lui nella creazione di un’installazione che potesse essere usata per il lancio della collezione. Abbiamo parlato con Peter Miles, con cui collaboriamo costantemente nei progetti Proenza Schouler, e con Juegen Teller, tedesco anche lui come Birkenstock. Ecco, se cerchi qualcosa che ti sorprenda sempre, loro sono la coppia giusta.

Quale sarà il futuro delle collaborazioni costanti fra brand?

Le collaborazioni possono essere fantastiche se nascono in modo spontaneo o, comunque, ben strutturato. Noi, in realtà, non ne portiamo avanti molte perché amiamo concentrarci sul lavoro che già svolgiamo internamente. Se però il possibile partner si distingue per qualcosa di iconico, che ha senso per noi e per la donna che abbiamo in mente, allora la collaborazione diventa imprescindibile. Può aprire il tuo marchio a un mercato di persone che non lo conoscono o che normalmente non lo acquistano. Il segreto? L’incrocio di culture, idee e stili di lavoro diversi.

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