Se chiedete a una donna dal seno generoso quale sia l’indumento che più la mette in imbarazzo vi dirà (più o meno): «una T-shirt a V che rende chiunque anonima mentre nel mio caso mi rende volgare». La scollatura vertiginosa è esattamente come la (non) lunghezza della minigonna? Ovvero: c’è un limite alla profondità? C’è una linea di demarcazione tra il provocante, il volgare e l’eccessivo? Siamo o non siamo nell’era delle bralette in pieno giorno, delle canottiere senza reggiseno, degli abiti vedo-non-vedo-ma-vedete-tutto? Su Instagram sta girando un post dalla pagina di The Last Artist Ever che riporta la creatività di Quality Institute: c’è una donna che indossa un top all’americana molto scollato e una serie di lineette con aggettivi a seconda della profondità della scollatura. Il meccanismo è quello che anni fa aveva regolamentato la minigonna, appunto: fino a quando si può scendere di centimetri e quanto si può scoprire del proprio corpo?

Lo scollo all’altezza del collo? Da matrona. Lo scollo a barchetta? Vecchio stile (ditelo a Brigitte Bardot, prego). La zona di flirt? Al centro del costato. La provocazione? Esattamente sotto al seno, in quella che è una tendenza dello scollo squadrato profondissimo e centralissimo. Il livello più criticato? Quello definito slut, seguito subito sotto da whore, sinonimo ben più colorito del primo. E su queste due scelte provocatorie ovviamente i commenti si scatenano: quali tipi di scollatura rendono una donna sensuale (specie se ha il seno piccolo) e quali invece dichiarano l’arrivo nella hot-zone? Tre centimetri di tessuto fanno davvero la differenza tra chi sta flirtando e chi sta provocando? Beh: e anche se fosse? L'ironia di questa immagine è lampante. E la vera domanda è un’altra: svelare non è più sexy, la categoria matrona è quella più vista su PornHub, i nuovi completini di lingerie erotica sono di lana tricottata quindi l’epoca della scollatura profonda è fi-ni-ta?