C'è una sottile (e un po' amara ironia), nel tanto atteso défilé di Gucci post-Frida, ad ascoltare la colonna sonora di tutto lo show: è il soundtrack di A Single Man, il film di Tom Ford, colui che per primo diede nuova vitalità negli anni 90 alla maison fiorentina. E finì per essere poi soppiantato - ops, sostituito! - dalla designer romana, che da un paio di mesi non ne è più il direttore creativo. Ad apparire, alla fine, è il suo ex staff capeggiato dal suo ex braccio destro, Alessandro Michele. La storia, ahinoi, ripete sempre se stessa: Frida Giannini aveva rimpiazzato Ford, di cui era il suo braccio destro, e oggi si ritrova a subire lo stesso trattamento. E la musica - una scelta troppo precisa per apparire casuale - segna un po' la chiusura di un ciclo e, insieme, la ripartenza verso un nuovo linguaggio estetico, come se al gruppo Kering avessero voluto premere il tasto "reset" (ma secondo noi, i giochi ancora non sono finiti, abbiamo questo sospetto).

Fatta questa doverosa premessa, la collezione - di non molti pezzi, ma sufficienti a segnare un distacco stellare con la gestione precedente - mette insieme uomini e donne, anzi di più. Sembra un trattato antropologico in 3D (anche se i modelli sono così esili da sembrar bozzetti che prendano vita) di "Gender Studies". Un tema che evidentemente deve essere molto caro anche alla sfilata più attesa, quella di Prada, così interessata al mix maschio-femmina da lasciare sui posti un Miucciapensiero Manifesto in cui la designer si e ci chiede quali siano le possibilità inaspettate, l'assortimento delle relazioni che possono accadere quando un uomo e una donna procedono all'atto quotidiano del vestirsi. «Gender is a context and context is a gendered», continua il testo, ovviamente in inglese. La sessualità è sempre generata dal contesto, così come la sensualità. Arrivati a questo punto, s'impone un interrogativo: superato il femminismo vecchio stampo, superato il machismo troppo esibito, cosa può prender la donna dall'armadio di lui, ma soprattutto cosa può prendere lui da quello de lei?

Per Gucci, la strategia è invertire il giro più consueto dell'abbagliamento maschil-femminile: sembrano da signorina perbene le bluse con il fiocco in crepe di seta in colori pastello chiuse da bottoncini rivestiti sulla schiena, il montgomery e il cappottone blu da ammiraglio sono totalmente unisex, la collana sottile è il nuovo must-have insieme alle pantofole da zio ma rivestite in pelliccia. C'è una contemporaneità assoluta nel dialogo tra un lui e una lei ipotetici perfino nelle poche proposte similformali, perfino nel casting dei modelli dove non si distinguono i ragazzi dalle ragazze, sicuramente nella scelta di un "mormore" di lusso che non prevede loghi ma gesti e gusti distintivi: l'accostamento di toni stridenti, la linearità neominimalista che non è understatement ma una puntuale scelta espressiva. Che, evidentemente, si rivolge a un nuovo pubblico che sta rileggendo, in tutto il mondo - o nel mondo dove la moda occidentale tira - i concetti di "virilità" e "femminilità". Forse abbiamo altre guerre a cui pensare per cui quella tra i sessi oggi può anche passare in cavalleria o essere agevolmente superata.

Nel caso di Prada, l'armistizio si può riassumere in un "ritorno alle origini". Ovvero: il nylon come tessuto polisemico - che può servire a realizzare un intero guardaroba ma nel caso specifico è stato il materiale con cui è stato realizzato lo zainetto che ha fatto conoscere il marchio ovunque - e forme primarie, quasi elementari, tanto in grado di rappresentare un'uniforme quanto un rifiuto alla dittatura dei trend: camici da operai, mantelle disegnate con il righello, giacche body. Che poi, negli abiti da donna, presenti in numero quasi uguale a quelli da uomo, ci siano talvolta fiocchi e gale corvine a chiudere scollature e e ingentilire il punto vita, non è altro più che un guizzo intelligente di voglia di destabilizzare ulteriormente una relazione che stabilisce un nuovo cortocircuito tra essere uomini, essere donne ed essere alla moda. Stimolante? Certo. Interessante? Certissimo. Vendibile? Vedremo. Certo, mai come in queste due sfilate si è visto come l'allestimento, la fisicità degli indossatori/trici, lo styling, perfino la tipografia degli inviti - costituiscano, alla fine, un mondo culturale di riferimento di cui fanno parte anche le "cose" con cui ci vestiamo.