Michelle Williams li mette con gli abiti a fiori, senza calze,sperando di passare inosservata quando cammina per Williamsburg. Alexa Chung con le calze spesse nere sopra tubini molto bon ton. Sarah Jessica Parker con i jeans arrotolati, per portare le figlie a scuola. Chloë Sevigny ama girare per l’East Village portandoli con un paio di pantaloni dalla vita altissima,importabili per chiunque altro. Sono i clog, ultimo accessorio in grado di creare tribù: quella dei clogerati. C’è poco da spiegare: o sei dentro, o sei fuori. O ti sei convertita agli zoccoli di legno o sei ancora ferma al finto potere dei tacchi, e allora peggio per te.

C’è un crescente bisogno di levità e di liberazione. E la clog life lo esprime con successo. Liberarsi dagli stereotipi del tacco 12, dall’ufficio tutti i giorni, da una idea di lusso che non ci appartiene più, un po’ perché datata, un po’ perché si guadagna meno di 10 anni fa e oggi aspiriamo a vite più rilassanti e rilassate. Se me lo avessero detto che sarei finita a indossare scarpe di legno non ci avrei creduto. Eppure, quella donna che metteva i tacchi in valigia anche per una vacanza nel deserto del Marocco (mai usati, ovviamente) non c’è più. È stata sostituita da una più saggia, libera e comoda. Una che indossa zoccoli di legno con orgoglio e che non ha paura a gridare ai quattro venti: mi hanno cambiato la vita! Ma perché ho aspettato così tanto a convertirmi alla clog life? Mia madre, ragazza negli anni 70, li portava con spocchia politica: sui jeans di velluto a coste a zampa di elefante che oggi, dalle foto ingiallite della sua giovinezza, mi fanno tenerezza, e sugli abiti estivi e leggeri che si alzavano quando andava sul motorino Ciao, giovane e bella. Da qualche parte, in casa, devono esserci ancora le foto di una vacanza in Costa Azzurra con mio padre, entrambi ventiquattrenni. Acquisti fatti: un paio di zoccoli di legno rossi che successivamente faranno capolino in altre vacanze e in altri contesti. Onore a lei: quelli erano parenti stretti dei clog originali, nati come calzature per i contadini olandesi, evidentemente insensibili alla tendinite e al male ai piedi.

Oggi gli zoccoli di legno sono messaggi politici e di stile. Hanno fatto la loro comparsa nelle collezioni P/E 2018 di Balenciaga e Dolce&Gabbana, in quella iperfemminista di Dior della prossima stagione A/I 2019. Non solo, i clog firmati di oggi non assomigliano quasi più ai cugini olandesi, ma sono diventati sandali platform, zeppe, stivaletti foderati in pile. A New York si comprano da Rachel Comey o da No.6 Store, il marchio che più di ogni altro è diventato l’immagine della clog life e dove per meno di 260 dollari non si porta a casa niente. Per i duri e puri invece il marchio di riferimento è Dansko: approvati dalla American Podiatric Medical Association sono i preferiti delle cameriere e delle infermiere, dei medici e degli chef. Esteticamente sono quello che sono, ma garantiscono salute di ferro (e ci mancherebbe fossero anche scomodi). Se invece li si vuole vintage, sul sito Vestiaire Collective c’è solo l’imbarazzo della scelta: zatteroni di Valentino, zoccoli gialli da spiaggia di Dolce&Gabbana, con le borchie di Miu Miu, incrociati a fiori di Pucci, con la tomaia in jeans di Louis Vuitton.

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Le "Crocs" elevate, Balenciaga
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Sandali con lacci, Lucio Vanotti
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Sandali con borchie, Joseph
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Ibrido tra sandalo e Birkenstock, Christopher Kane

Hanno cambiato aspetto, forma, dettagli ma sono ancora intrisi dello stesso spirito. Oggi come allora gli zoccoli sono simbolo di una certa militanza. Solo che è cambiato quello per cui militiamo: prima per il diritto all’aborto. Oggi ancora (purtroppo) per quello,per essere pagate quanto i maschi e per mettere fine agli abusi sessuali e di potere sul lavoro. Non è un caso che marchi come gli svedesi Hasbeens abbian omodelli con la gomma sotto, ideali per marce di protesta, e che il loro slogansia: scarpe migliori per un mondo migliore. La giornalista Lauren Mechling, sul The New Yorker, racconta che la prima cosa che ha fatto dopo essere stata licenziata è stata andare da N.6 a Soho e comprarsene un paio: liberata dall’orario 9-17, non vedeva l’ora di tuffarsi in un futuro da freelance fatto di ore trascorse a scrivere al coffee shop sotto casa, sorseggiando macha latte. E postando foto della sua nuova vita su Instagram con l’hashtag #cloglife.

Comodità non è solo un concetto fisico, ma anche spirituale. «Quello che ci vuole per un’esistenzaslegata dalle fatiche aziendali, una vita vissuta non completamente fuori dalsistema, ma che gli sta accanto» continua la Mechling. Non è un caso se la cloglife piaccia al pubblico engagé e bohémien delle costeamericane, alla ricerca di uno stile di vita fatto di sottrazione, con unocchio all’impegno civile e l’altro ai siti di e-shopping. E dove il lusso veroè il tempo, non il possesso. Che è poi quello che ho pensato quando, in un motodi cloggismo, ho deciso di regalare le mie Louboutin.

Quando, tornando a casa, ho visto sull’account Instagram @cloglife la fotografia di un paio di zoccoli pelosi con questa didascalia ho capito di aver fatto la cosa giusta: “Questi sono i clog per quando realizzi che metà delle cose che pensavi fossero importanti nella vita in realtà non lo sono”.