Le maniche a sbuffo; la gonna (molto) ampia; crinoline e merletti; strascichi che, calcolando le lunghezze, dall'inizio alla fine probabilmente cambiano provincia. Gli abiti da sposa degli Anni 80, sinonimo stesso di una decade edonista, che credeva di cambiare il mondo, erano fatti della stessa materia di cui sono fatti gli incubi delle trentenni di oggi: nuvole di taffetà, maxi meringhe decorate di strass. Il prime mover, però, l'Abito 0 a cui tutti poi si sono ispirati per i dieci anni successivi, è stato sicuramente l'abito da sposa di Lady Diana, apparso per la prima volta in quel maledetto 29 luglio 1981 nella St.Paul's Cathedral, e sugli schermi televisivi di tutto il mondo. Taffetà di pura seta color avorio, corredato da autentici pizzi antichi, forse ritrovati in qualche baule nelle segrete del palazzo reale, ricami eseguiti a mano, paillettes. Il tutto corredato dal canonico strascico di 7,62 metri, che il padre della principessa del Galles faticò non poco a far entrare nella carrozza di vetro. Dopo poche ore dal matrimonio, copie dello stesso abito realizzate da altri sarti erano già disponibili, moltiplicando in maniera esponenziale il potenziale di quell'incubo, tanto da fargli meritare una pagina Wikipedia ad hoc. La nuora che Lady D non ha mai conosciuto, Kate Middleton, ci ha fatto tirare un sospiro in sollievo, quando, per sposare il principe William, ha indossato un abito realizzato con gli stessi merletti di Carrickmacross, ma dalle linee molto più discrete, sottili, e comunque regali. Certo, però, quel brivido freddo che percorre la schiena al solo ripensare a quell'immagine – ma soprattutto alle sue emulazioni innumerevoli, spalmate democraticamente su ogni regione dello Stivale, su ogni fisicità – permane ancora oggi, a diverse decadi di distanza.

Per questo motivo, quando ci sediamo nel front row della sfilata di Nicole Milano, c'è la giusta dose di timore. Le spose del futuro – nello specifico quelle del 2020 – passeranno di qui, per scegliere l'abito per il loro giorno più importante. Nella cornice monumentale del Palazzo dei Congressi di Roma risuonano già le voci di Sophia Loren e Marcello Mastroianni, simbolo di quel “Sogno italiano”, a cui si dedica la sfilata. Un tributo all'eleganza del passato, recita il comunicato stampa – e qui si sgrana il rosario sperando che quel passato non si identifichi con il 1981 – dal quale partire per maneggiare il futuro, tenendo a mente il presente. La sfilata si compone così di tre atti, immaginati dalla fondatrice del brand Alessandra Rinaudo, una vita passata negli atelier a dare corpo e consistenza ai desideri delle future spose.

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E in effetti, la prima carrellata di abiti ha un sapore rétro, recuperando l'eleganza dei fifties: ce li si immagina subito addosso a dive come la Loren, ma anche ad attrici dalla fisicità esile come Audrey Hepburn. L'alert crinoline è sui livelli di guardia, i veli che coprono il viso sono romanticamente ricamati, ma senza eccedere.

Il secondo atto, invece, si compone di abiti da sposa scivolati in chiffon, gli scolli sono profondi e geometrici, adatti a certe fisicità nordiche, prive delle sensuali curve mediterranee. Il sussulto arriva però sui cerchietti in raso bombati e decorati da micro-stud, dai quali prendono il via i veli impalpabili. L'accessorio, azzeccatissimo e che coglie la tendenza già lanciata da Prada, si ripropone così anche su modelli dalle linee che accarezzano il corpo, sete sulle quali si ricamano foglie e felci che nascondono ad hoc le trasparenze dei tessuti.

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Chi ai pizzi non vuole rinunciare trova pane per i suoi denti in modelli dal minimalismo essenziale, che però trovano il loro perfetto contraltare in complicate gorgiere in pizzo francese, che decorano il collo, a ricordare i paramenti guerreschi in uso nel Medioevo. À l'amour comme à la guerre, cantava Philippe Léotard, cantante francese – e attore di culto della Nouvelle Vague francese, amato da Truffaut e Lelouch – sancendo una verità mai sconfessata, quella che districarsi nelle faccende amorose equivalga a combattere una guerra, e vestirsi di conseguenza può aiutare.

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Sul finale sfilano i 10 modelli della limited edition NicolexNicole, realizzati a quattro mani da Alessandra Rinaudo e dalla figlia Nicole Cavallo, e dedicata esplicitamente alle spose della generazione Millennial. Gli spunti così arrivano da tendenze meno sacrali, ma estremamente contemporanee. Chi lo desidera, potrà scegliere di camminare per le navate indossando panta palazzo a vita alta e crop top, corredati da boleri in bianco ottico, o ancora vestiti dai bagliori glitter, da abbinare con lunghi spolverini con collo a scialle e stivaletti. Archiviando definitivamente incubi di meringhe, ma soprattutto, le maniche a sbuffo, che continueranno a vivere, fortunatamente, solo negli Anni 80, e impresse a fuoco nella nostra memoria.