Corpi naturali, baciati dalla luce del sole, sorrisi smaglianti – ma si sa, l'estate, in quel senso, aiuta – e nessun ritocco in digitale. Le imperfezioni – ma chi ha deciso, poi, cosa è perfetto e cosa non lo è? – si celebrano, si mostrano e si godono la bella stagione, nelle collezioni beachwear di marchi che promuovono la body positivity, che in italiano, poi, sarebbe l'accettarsi (e amarsi, di conseguenza) al netto delle differenze (di centimetri, di taglie e di numeri che nulla dicono di un corpo, e di chi lo abita).

Un indizio, del nuovo corso preso dalla moda, era arrivato già a dicembre, quando i dati di Tv by the numbers, avevano segnato il declino dello show di Victoria's Secret, brand di lingerie sexy e beachwear che, proprio l'anno scorso, ha festeggiato il suo ventennale: lo show, un mega-spettacolo registrato con mesi di anticipo, e una line-up di top model corredate, ovviamente da piume e ali del caso, ha segnato il suo record peggiore. A vederlo sono stati solo 3,27 milioni di spettatori, 4,98 in meno dell'anno precedente, e comunque lontani, lontanissimi, dai 12,4 milioni del 2001. Non hanno certamente aiutato i commenti del capo del marketing Ed Razek, che ha affermato di non aver assoldato nel nutrito cast modelle transgender o plus size perché «lo show rappresenta una fantasia, un sogno». Un sogno che, però, di certo non appartiene alle donne, ma si focalizza, ancora, sullo sguardo maschile. Davvero un peccato che a comprare bikini e triangoli, molto spesso, non siano loro.

E infatti, nell'anno di grazia 2019, usi e soprattutto costumi, sembrano aver preso una strada diversa. La ricerca di mercato fornita da Mintel, sostiene che il 18% delle donne compra abbigliamento plus size – dalla taglia xl in su – e lo fa online, evitando così le luci francamente deprimenti dei camerini di prova, aiutate da policy di reso che consentono loro di provare, scegliere, e rimandare indietro, e pagare solo quanto risulti donante sul corpo, e non solo su uno schermo. Un mercato che galoppa verso le crescite, come nel caso del marchio Swimsuits for All, lanciato nel 2015 dalla modella Ashley Graham: 637 mila follower sul profilo Instagram, il cui feed esplode di colori accesi e stampe tropicali, costumi interi neri con scollo a cuore e righe navy, e che, come Rhett Butler in Via col vento, dei canoni estetici prestabiliti, se ne infischia. Peccato che, al momento, la spedizione in Europa non sia prevista.

instagramView full post on Instagram

Alpine Butterfly Swim, marchio californiano che fa della democraticità una vera missione – e infatti i suoi costumi arrivano fino alla 5XL – ha vibrazioni romantiche, rafforzate da colori pastellati e motivi vichy. L'idea è venuta a Olga Caro nel 2015, quando si è resa conto di non riuscire a trovare un costume della giusta taglia per sua nipote. Impressionata dalla mancanza di offerte, e dal conseguente messaggio che scorreva nei sottotitoli, ha fondato un marchio che promuovesse un'immagine inclusiva, e rivoluzionasse l'industria del beachwear.

I pezzi di Youswim, invece, sono in nylon ed elastan di origine europea, e di fabbricazione inglese, per essere duraturi e adattabili alle diverse fisicità. Se l'obiettivo è sentirsi a proprio agio, nel proprio corpo, e si sposa un gusto über-chic e minimale, il marchio è capace di spedire in tutto il mondo.

Ed in effetti, l'attenzione all'ambiente sembra essere linea guida anche di Alyned Together, che ingloba taglie che vanno dalla XS alla 3XL. Se la prima collezione è stata interamente realizzata in poliestere riciclato – eliminando il bisogno di estrarre combustibili fossili – per il futuro si concentrerà sullo sviluppo di tessili ancora meno inquinanti per le prossime collezioni.

Abysse, invece, pur non inserendosi appieno nella gamma plus size – arrivando semplicemente a una XL – è pero realizzata interamente in materiali riciclati, e recuperati dal mare, come reti da pesca, oppure neoprene giapponese, e dona parte dei suoi proventi ad associazioni che si occupano della protezione dell'oceano, nello specifico Sirens for the Sea and Moorea Coral Gardeners. Adatto alle più sportive, le sue vibrazioni sono decisamente più surfer girl, e sembrano essere uscite dagli Anni 70 di Venice Beach.

Dalle reti da pesca riciclate nasce anche l'Econyl, nylon rigenerato utilizzato per i costumi da Mara Hoffman, marchio nato nel 2000. Il Repreve, sempre usato dalla Hoffman, altro non è che texture derivata dal riciclo delle bottiglie di plastica. I costumi da bagno non ne risentono: stampe tropicali, animalier o floreali, bikini a vita alta ispirati agli Anni 50, ma con linee minimali figlie degli Anni 10, il risultato è quello di un raffinato eclettismo, che nelle foto di Instagram non si cura di nascondere le smagliature di ogni taglia – e perché si dovrebbe, poi.

Le appassionate di crochet non si sentiranno in colpa, comprando i bikini di Akitaip, marchio nato l'anno scorso da Michi e Lea Wieser, madre e figlia viennesi. Se Lea gestisce i social, è Michi quella che, nel pratico, si mette all'opera: i loro bikini in poliestere riciclato, ricavato dalle reti da pesca, guardano alla sensualità naive di una giovane Jane Birkin. Essendo gli ordini realizzati (per adesso) su richiesta, non c'è un limite di taglia, ma solo 4 settimane di attesa, per permettere a Michi di cucire addosso l'estate.


A vincere il primato, è però sicuramente Reformation, brand di abbigliamento amato anche da Meghan Markle. Sarà perché è costituito al 75% da fonti naturali, provenienti dalle piante – come il tencel, che arriva dall'eucalipto ed è simile al cotone, ma utilizzarlo fa risparmiare molta acqua e la sua coltivazione è priva di pesticidi – o per via dei solventi non tossici, recuperati alla fine del processo di tintura, invece di essere dispersi nelle acque di scarico. O anche, magari, perché la sua linea beachwear è romantica, shabby-chic come una vacanza in Costa Azzurra, e dedicano una collezione speciale a chi ha bisogno di un supporto maggiore sul seno, fino alla DD cup, un'equivalente italiano della quinta. O forse, semplicemente perché, come recitano nel loro claim, in estate, l'opzione più divertente (ed ecologica) sarebbe la nudità. Ma considerato l'impossibilità a farlo, tanto vale divertirsi, e giocare con la nuova stagione. Senza limiti che delimitino le possibilità e le aree di competenza, perché, come dicono i dati di ascolto televisivi (quelli precisi al millimetro, e insindacabili) non interessano davvero più a nessuno, tantomeno alle donne.