Dopo le meravigliose metafore della fashion week milanese, finita alla chetichella e con sfilate a porte chiuse dopo i primi casi di Coronavirus, Parigi, che sta riuscendo in questi giorni a concludere la settimana della moda dell'Autunno Inverno 2020/2021 con la sua solita dignitosa alterigia, seppur tra bisbiglii preoccupati e cartelli all'ingresso – un monito a osservare una certa ragionevole distanza umana, per evitare il Covid-19 – non ha lasciato spazio a suggestioni poetiche. Le doppie letture, i calembour stilistici sull'abito e sui suoi significati performativi, appaiono vezzi da novelle Marie Antoinette, brioche distribuite inutilmente all'alba della rivoluzione, lussi ready-to-wear in un tempo che si appresta ad avere bisogno di generi primari, più che evasioni dalla realtà in seta dévoré. Il vestirsi, in fondo, a prescindere da ciò che asseriscono quanti credono sia solamente una necessità resa obbligo dalla morale e dalle temperature, è un atto politico: e la moda, non era da tempo così, inequivocabilmente, politica. E, a scanso di equivoci, Virgil Abloh lo aveva messo ben in chiaro in una dichiarazione rilasciata poche ore prima dello show di Off-White, al quale è ritornato dopo una stagione di pausa: "Occupo, chiaramente, uno spazio che rappresenta il modo nel quale sono cresciuto, la mia visione su ciò che accade all'esterno di quest'industria, non al suo interno".

Basta parlarsi sopra, addosso, in un rimando infinito di citazionismi in saldo, perché l'emergenza ambientale, i profughi siriani alle porte dell'Europa, e di una nuova crisi globale orchestrata dalla manus longa di Erdogan, un governo americano sempre più allergico non solo alla democrazia, ma anche al comune buon senso, richiedono risposte. E allora, in quello che appare come un cimitero di quattroruote che non correranno mai più, ma che rimangono l'ultima traccia tangibile del passaggio umano sulla Terra, si palesano le sue modelle, ultime sopravvissute a uno scenario che ricorda l'Australia desertica e selvaggia di Mad Max: Fury Road.

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Le sorelle Hadid – a cui si è aggiunta per l'occasione la madre Yolanda, mommager che sfila tra le rovine con un business suit giacca-pantalone che trasuda sicurezze e fatturati – non si sono ancora tramutate nella guerriera Furiosa del film, ma di certo hanno cominciato a cambiare il guardaroba per prepararsi all'evenienza. Gli abiti sognanti, gonne a ruota addomesticate dalle geometrie del plissé, si indossano con ben più comode giacche tecniche di Arc'teryx. La quota "fisicità potente" è ad appannaggio di Karlie Kloss, top americana ora maritata Kushner – divenendo, senza molti entusiasmi, cognata di Ivanka Trump – che, con i suoi 1,88 cm di altezza distribuiti su una fisicità fiera, vigorosa, e a stento contenuta dall'abito con spacco altissimo, incede sulla passerella mostrando, con la sua sola presenza, i prodromi di un'umanità nuova, geneticamente perfezionata, e pronta all' era nella quale ci si sta per avventurare.

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Karlie Kloss sulla passerella di Off-White

E che si sia al punto di svolta con un futuro cupo, realistico nel suo essere così smaccatamente distopico, Rick Owens lo diceva da molto più di una stagione. La passerella di questa fall/winter, con i bomber dai volumi extra come mantelli da Cavalieri dell'Apocalisse in versione sci-fi, la presenza in prima fila della guerriera più televisiva e monumentale del recente passato, la Gwendoline Christie che fu Lady Brienne di Tart in Game of Thrones, le spalle appuntite degli abiti e i cuissardes in pelle bianca che sembrano dei gambali adatti a cruente battaglie spaziali, ha solo reiterato un concetto che Owens non ha mai smesso di ribadire. Ironico che, proprio Owens, all'alba di molteplici crisi internazionali, abbia definito questo suo ultimo sforzo come "una collezione incentrata sul gioco": eppure il creativo californiano, con le sue macchine spara fumo e la soundtrack courtesy of Gary Numan (l'artista dietro le sperimentazioni di Kraftwerk e Ultravoxx) è abituato sin dai suoi inizi a mistificare, confondere, irridere persino una realtà divenuta fin troppo simile ad una delle sue passerelle. Un'ironia indubbiamente dai contorni noir, e che però, forse, può trasformarsi in un esercizio di stile apotropaico, capace di esorcizzare persino un incubo che rifiuta di scomparire, con il sorgere del sole.

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Rick Owens fall/winter 2020-2021

La processione di latex, sullo sfondo acustico di un ritmo martellante e inquieto, è la disturbante istantanea che regala invece Anthony Vaccarello, in una delle sue sfilate più riuscite come direttore creativo di Saint Laurent. Le donne che falcano la passerella non sono solo l'ultima versione di un archetipo ormai un po' trito, quello della buona borghesia inappuntabile nel pubblico, e perversa nel privato, incapsulata nella Catherine Deneuve de Il Fascino discreto della borghesia – film nel quale la protagonista si vestiva di ossessioni, e ovviamente di abiti concepiti da Monsieur Yves – ma il sinonimo di un binomio eterno, e che in questi tempi di insicurezza si rinnova con vigore: quello tra Eros e Thanatos. La pulsione verso la vita, e quella verso la morte scivolano pericolosamente sui liquid leggings, si insinuano, si mescolano, tra le trame dei reggiseni in pizzo esibiti senza pudore sotto gli smoking, contaminando il guardaroba di un conturbante, e potenzialmente mortale, mistero, qualità introvabile negli usi e costumi della società digitale che tutto condivide e tutto esibisce.

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Saint Laurent fall/winter 2020

Lo scenario più pessimistico, senza possibilità di scampo, si mostra in tutta la sua teatralità da Balenciaga, dove Demna Gvasalia manda in scena la sua personale versione dell'Armageddon. I modelli camminano sull'acqua, ma non c'è nulla di salvifico in quell'incedere tra i flutti, i capelli raccolti da dei cavi USB, ormai inutili in un universo nel quale sono saltate tutte le certezze, figurarsi la corrente elettrica. Sembra l'assaggio di un diluvio universale, ma non c'è nessun Arca in vista, nessun profeta che giunga a portare in salvo l'umanità, mentre l'enorme schermo a Led sul tetto riproduce un cielo che sembra annuvolarsi, e non promette schiarite. Cataclismi incombenti per i quali è necessario avere le spalle larghe, sembra suggerire Gvasalia, che imbottisce e appuntisce le estremità di giacche e blazer, o di fronte alle quali fare squadra, come indicano le divise da calcio e le tute da moto.

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Balenciaga fall/winter 2020-2021

Non sarà che, forse, l'unica via possibile è quella di riunirsi intorno a un piano, e intonare gospel che possano arrivare nell'alto dei cieli, sperando che l'Altissimo risponda alle nostre preghiere? Kanye West propone la via del fervore religioso, inserendosi con il suo Sunday Service in una Parigi dove non sarebbe dovuto esserci, non fosse stato per le assenze negli slot di alcuni stilisti cinesi, impossibilitati a presenziare. Il rito purificatore – da eseguire indossando divise sempre più simili a quelle degli adepti a una setta, che spersonalizza chi ne fa parte, rendendolo uguale a tutti gli altri – mischia sacro e profano, i Carmina Burana e Father Stretch my hands pt.1, brano tratto dal suo album Life of Pablo, concludendosi con un sermone che condanna l'attaccamento ai beni materiali, predicando un più salutare ritorno ai rapporti umani. Una liturgia trattata con una certa sacralità, che convince i giornalisti a presentarsi alle 9:30 di domenica mattina al Theatre des Bouffes du Nord, per l'"evangelizzazione di massa". Un approccio, l'unico – e il meno realistico – che trova sponde anche nelle notizie di stretta attualità, visto che il vice-presidente degli Stati Uniti Mike Pence, notoriamente scettico di fronte ai dettami scientifici, è stato incaricato dal presidente Trump di gestire l'emergenza Covid-19: la sua soluzione è stata radunare una task force di 12 uomini, di cui solo 2 dottori, aprendo i lavori per sconfiggere l'epidemia proprio con un gruppo di preghiera.

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Valentino fall/winter 2020-2021


Il compito della secolarizzazione toccherà allora, paradossalmente a Pierpaolo Piccioli, che ha sempre preferito il reame del sogno e della mitizzazione della figura femminile, e si trova costretto a rendersi conto che "la moda deve essere rilevante", come ha raccontato ai giornalisti appena dopo la sfilata. E allora le sue vestali da Valentino si armano di i combat boot e laicità, total black e un realismo privato del conforto della fede, che sarebbe di certo piaciuto anche all'ufficiale della Resistenza Trinity, la Carrie Anne-Moss braccio destro di Neo in Matrix. La processione di queste amazzoni post-moderne – che ingloba nei suoi ranghi modelle trans, curvy e anche alcuni modelli prestati alla causa – si snoda su una passerella immacolata, mentre l'orchestra riproduce All the good girls go to hell, di Billie Eilish, immaginifico dialogo tra la stessa cantante e un Dio, donna, la cui pazienza verso il genere umano sembra essersi esaurita. "L'umanità è così stupida, perché dovremmo salvarla? Si avvelenano da soli e poi chiedono aiuto, wow. Le colline della California bruciano, è il mio turno di ignorarvi, non ditemi che non vi avevo avvertito". E sì, queste sfilate sembrano aver colto quell'avvertimento, molto prima di certi governi.