Netflix and chill. Uno slogan che suggerisce uno stile di vita – quello di chi opta per chiudersi tra le mura di casa, procedendo al bingewatching della prima stagione di I am not ok with this – nel quale l'estremo lusso è abdicare alla rutilante vita sociale fatta di aperitivi e cene, incontri e ricerca smaniosa di rapporti umani, e chiudersi la porta alle spalle. Una direzione che, saggiamente, ha intravisto anche la moda: e in effetti l'estetica del comfort è entrata da diversi anni nelle nostre vite, sebbene, ovviamente, in maniera silenziosa e senza strepiti, e per motivazioni diverse.

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Durante gli Anni 10 che ci siamo appena messi alle spalle, il concetto stesso della vestizione è in effetti cambiato, cresciuto insieme alla consapevolezza di una nuova femminilità, maturata abbastanza da sapere che il corpo poteva essere il primo, inequivocabile messaggio personale che la donna manda al mondo. Al bando quindi tacchi a spillo, mini-dress body conscious ed estremamente poco pratici, pantaloni e gonne come guaine chirurgiche per scolpire e modellare, al pari dei dolorosi corsetti dell'800. Le donne si sono riprese il loro campo d'azione primigenio, e lo hanno rivestito di un messaggio chiaro: quello che il parere degli uomini, degli amici, o persino le costrizioni e gli stereotipi sociali, contano esattamente quanto il due di briscola. Ovvero nulla. In questo senso è andata, nel decennio scorso, la narrazione del femminile che ha messo in campo Phoebe Philo da Céline, così come quella delle gemelle Olsen – ex star bambine della tv convertite a una certa moda razionalista e fondatrici di The Row – così come anche quella di Jil Sander nell'era benedetta di Raf Simons. Le donne si vestono per piacere a se stesse, il contouring e lo strobing si lascia alle sorelle Kardashian e al loro clan di replicanti, un approccio al make up più naturale è preferibile, così come è ottimale avvolgersi in maxi maglioni in cashmere cammello ed eleganti pantapalazzo a vita alta, sempre in nuance raffinate e neutrali, che non hanno bisogno di urlare per rimarcare la propria, rilassata, unicità. Un assioma sostenuto nelle ultime stagioni anche da Clare Waight Keller, direttrice creativa di Givenchy, che per quest'estate ha messo le donne in blazer sartoriali e culotte business-like, mettendo ai loro piedi delle pantofole, senza toglier loro autorevolezza: un guardaroba costruito anche da maxi-gilet trasformati in vestiti lunghi ai piedi, pantaloni dalle linee affusolate, ma sempre senza essere stringenti, e che ha trovato ispirazione nella lettura del libro di Allison Yarrow 90s Bitch: Media, Culture, and the Failed Promise of Gender Equality, saggio che riflette su come la denigrazione del guardaroba di donne percepite all'epoca come mascoline, potenti e potenzialmente fastidiose per il classico modello patriarcalealias Hillary Clinton o l'avvocatessa Anita Hill che nel 1991 accusò di molestie sessuali il suo capo, l'oggi giudice della Corte suprema Clarence Thomas – abbia messo le basi per l'attuale presidenza americana, affidata a un uomo che non ha mai nascosto di considerare il corpo delle donne come un campo sul quale è libero di muoversi a suo piacimento.

L'altro filone dell'estetica del comfort, che non si è mossa per ragioni di genere ma per delle nuove, e ormai consolidate, abitudini sociali, è quella del loungewear 2.0, ovvero appunto, quello del Netflix and Chill. Se il Sunday Service di Kanye West ha recentemente portato la sua messa sulle passerelle parigine, con i suoi modelli-adepti che cantavano tutti insieme, tutti nella stessa tuta beige dai volumi comfy, intorno a un piano, ci sono molti altri brand che, pur senza la benedizione della città della moda, si dedicano alla rivoluzione del guardaroba casalingo in chiave luxury. Uno spostamento dell'asse che dirige la nostra quotidianità, e che è sostenuto da una serie di dati numerici: la società di ricerche Mintel ha recentemente sancito che il 28% degli young millennial (quindi i ragazzi tra i 24 e i 31 anni) non amano particolarmente uscire – che sia per un aperitivo o per una cena – ma preferiscono maggiormente organizzare all'interno delle proprie mura cene e aperitivi con gli amici più cari. La prima generazione "più noiosa dei propri genitori", come sono stati definiti i millennial, non mette al centro del proprio universo la vita sociale, in tempi nei quali tutto, anche le amicizie e le relazioni – andando agli estremi ipotizzati da Spike Jonze in Her, dove Joaquin Phoenix si innamorava della voce del suo sistema operativo, courtesy of le corde vocali sensualissime di Scarlett Johansson – possono essere vissute in digitale. Forse, anche la difficoltà economica di questi tempi, che vede nella proprietà di una casa un traguardo quasi miracoloso per i 20-30enni di oggi – e che invece ai loro genitori è sembrata sudata, ma molto meno utopica – portano una generazione nata sotto i migliori auspici e finita a combattere per contratti sempre più umilianti, sempre più precari, a vedere nel "mattone" un bene rifugio quasi emotivo, una certezza laddove tutto il resto appare volatile. "La crescita del settore del luxury loungewear va di pari passo con il valore crescente che la gente ripone nelle proprie case" ha detto a Fashion Beans Molly Goddard, una delle due menti creative dietro al brand Desmond & Dempsey, che per quest'estate realizza pigiami e mascherine da notte con stampe tropicali o animali. E in effetti, dalle ultime ricerche, il mercato del loungewear tra il 2020 e il 2024 crescerà di 17.69 miliardi, secondo le stime di Technavio, con un tasso di crescita annuale del 9%, trainate al 41% dai paesi dell'Asia Pacifica.

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Accappatoio con profili a contrasto, 1910 Borbonese

In effetti, come sostiene sempre Goddard "Stiamo iniziando a capire, come società, la fondamentale importanza della salute e del sonno e un abbigliamento ottimale per l'occasione cambia l'umore. I pigiami sono poi parte della routine casalinga e sono un messaggio non verbale che parla chiaramente di relax". Un relax che però non deve scadere nell'abbrutimento e nelle ciotole di Haagen Dzas consumate sul divano cantando a squarciagola All by myself, sulle orme di Bridget Jones in crisi sentimentale. L'abbigliamento casalingo, dagli accappatoi – come quello che assomiglia a una veste da camera con profili a contrasto di 1910 Borbonese – ai pantaloni, è diventato luxury, oltre che confortevole, con camicie di seta talmente eleganti da poter essere indossate anche fuori dalle mura casalinghe. E se negli Stati Uniti ci sono marchi come Lunya, che producono pigiami in seta lavabile, eccellenze dell'italianità come Loro Piana o Brunello Cucinelli hanno da sempre nelle loro collezioni della maglieria cocooning, in fibre naturali, maxi cardigan e maglioni nei quali avvolgersi mentre ci si rilassa sul divano leggendo un libro, mantenendo però la sensualità ironica di una giovane Jane Fonda che indossava la camicia del pigiama di suo marito Robert Redford – e nient'altro – in un classico come A piedi nudi nel parco. E se si parla di cardigan cozy, dai volumi maxi e però dalle stampe etniche e in cashmere jacquard, non si può non citare Alanui, brand made in Italy che racconta sui propri indumenti di viaggi esotici e lontani, e che però stanno benissimo anche in casa. Un prodotto luxury, che necessita dalle 5 alle 7 ore per essere cucito, altre sei per essere assemblato, il brand è nato 4 anni fa dalle menti di Carlotta e Nicolò Oddi, ed è subito diventato il feticcio di modelle e addetti ai lavori, tanto da essere nel portfolio dei marchi di New Guards Group – conglomerato italiano appena ceduto a Farfetch per una cifra monstre di 675 milioni di dollari, che ha tra gli altri nomi come Palm Angels e Heron Preston. Al guardaroba imprescindibile si è aggiunto nelle ultime stagioni il pigiama in maglina seta, con piume applicate a mano.

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Pigiama in maglina di seta, Alanui s/s 20


"Ho sempre creduto che lo stare bene con se stessi derivi anche da quello che indossi, in ogni occasione, sia a casa che fuori" spiega Carlotta Oddi. "Con i cardigan Alanui, infatti, ho cercato di comunicare quell'idea, sempre più necessaria oggi, della tenerezza nei confronti di se stessi. E oggi più che mai abbiamo bisogno di un senso di accoglienza e di calore anche nei nostri abiti. Con estrema ricerca e attenzione anche per i più piccoli dettagli, come le piume tie dye ricamate sulla casacca/blusa del pigiama in finissima maglia di seta croccante, ci si può sentire speciali andando a cena fuori, o anche rimanendo a casa a leggere un libro sul divano".

E il comfort, guidato dal monito ironico dei millennial "stare a casa is the new uscire", può addirittura essere democratico, oltre che luxury. A sostenerlo è Francesca Ruffini, fondatrice del brand F.R.S – le sue iniziali, ma anche l'anagramma di For Restless Sleepers – linea di pigiami, sottovesti e vestaglie da camera talmente lussuriose da poter benissimo varcare le porte delle proprie abitazioni e recarsi con una certa nonchalance ad una cena, un aperitivo, un vernissage. "Quando ho lanciato il marchio, oltre che dai tessuti, la mia grande ossessione è sempre stata quella della vestibilità: indossare un pigiama è di certo comodo, ma difficilmente risulta donante su tutte le fisicità. Così ho pensato a tutti i modi nei quali potevo rendere questa linea democraticamente adatta alle esigenze di tutte le donne. Ad esempio i pantaloni hanno l'elastico solo sul retro di modo da esaltare le forme senza stringere sul davanti, e mi sono liberata di tutte le zip".

"Per quanto riguarda me" prosegue Ruffini "la necessità di creare il marchio non è stata legata ad una strategia economica che aveva previsto questo trend, quanto ai ricordi d'infanzia: ho delle allergie alla pelle e quindi posso indossare solo cotone o seta. Quando tornavo a casa da scuola, da bambina, non vedevo l'ora di infilarmi nel pigiama in popeline che mia madre comprava per me e le mie sorelle. Siccome erano tutti uguali, un'uniforme, copiata dai pigiami maschili, li faceva cifrare per non confonderci. Quando sono cresciuta, vivendo nel distretto di Como, che è quello della seta, andavo a comprare scampoli di tessuto e li mischiavo, facendo realizzare alla sarta dei pigiami ad hoc. La camicia faceva da scudo alla pelle, e sopra ci indossavo dei cardigan voluminosi, i pantaloni li facevo realizzare in consistenze più pesanti, come lo shantung". Ma quindi, non sarà che la nuova frontiera della socialità sia quella di ritrovare il contatto con sé? : "Certo", concede Ruffini, "rifugiarsi tra le mura di casa propria è la fase più alta della comprensione di se stessi: vuol dire che ci si ama al punto da accogliere l'idea di passare del tempo solo con la propria compagnia, e ci si vuol bene al punto di volersi vestire per l'occasione, anche se non ci sta guardando nessuno." Che poi ci aspetti il divano, un libro, o il cane, la sostanza non cambia.