Vorrei essere quel foglio bianco, sfiorato dalla stilografica più meticolosa di Parigi. Vorrei essere quel cartamodello, accarezzato dalle (petite) mani più preziose di Avenue Montaigne. Vorrei essere quel rocchetto color nero liquirizia, lasciare che qualcuno sciolga tutti i miei nodi, mi faccia splendere anche dopo il tramonto. Per 51 secondi ho desiderato essere ogni millimetro di tessuto, ogni persona incontrata, ogni attimo speso per realizzare la nuova Dior Bar Jacket, declinazione knitted del capospalla con cui Christian Dior, il 12 febbraio 1947, dava vita al New Look.

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Oggi, a 73 anni dal debutto in passerella, la Dior Bar Jacket incontra ancora una volta le mani di Maria Grazia Chiuri che opera la sua rivoluzione francese, combattuta con ago e fili, dedicata alle donne, femmine e femministe di tutto il mondo. Il simbolo di Maison attraversa le epoche couture, in un continuo avanti-e-indietro segreto della sua ultramodernità. La vita affusolata, le spalle morbide, la scollatura che lascia intravedere adagio le forme esaltate da imbottiture impalpabili e intelligenti sono le chiavi del desiderio di questo oggetto del desiderio, sublimato/reinventato in una nuova versione in maglia presentata durante la scorsa sfilata Dior Autunno Inverno 2020-2021. Sfuggire al tempo ma senza fretta, senza fiato sul collo, al massimo col vapore di un ferro da stiro sui revers.

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