Cominciamo con un dato: gli acquisti delle borse da donna, secondo Euromonitor, sono calate durante quest'anno dal 10 al 28% in ogni area del pianeta. Certo, senza la possibilità di uscire o dirigersi verso una riunione di lavoro o una cena con gli amici, è comprensibile che anche la loro utilità si sia ridimensionata. Questo non vuol dire che il fascino dell'accessorio tra i più desiderati dal pubblico femminile, ne sia stato intaccato. A dimostrarlo c'è la mostra da poco aperta al V&A Museum di Londra, Bags: inside out, che racconta l'epopea attraverso i secoli delle borse, già capaci di superare diverse crisi e uscirne vincitrici. Con un'esposizione di circa 300 oggetti, il percorso è suddiviso in tre aree, iniziando dalla caratteristica principale per la quale sono utilizzate: quella di trasportare oggetti. E se gli oggetti in questione sono preziosi, le borse non possono che essere quanto meno eclettiche. C'è quella in grandi dimensioni, ricamata, che conteneva il Gran Sigillo del Regno Unito, che Elisabetta I usava per approvare i documenti ufficiali, così come la valigetta rossa nella quale Winston Churchill portava i documenti, compresi quelli con i quali annunciò il coinvolgimento dell'Inghilterra nella Seconda Guerra Mondiale; quella che conteneva una maschera anti-gas di proprietà della Regina Mary, e un maxi baule di Louis Vuitton dei primi del '900, probabilmente appartenuto a qualche nobile avvezzo a spostarsi con una certa scioltezza sui paralleli terrestri.

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Bettmann, V&A museum
Winston Churchill con la sua valigetta rossa

Nella seconda sezione, si analizza la correlazione tra Identità e status, argomento da 30 anni centrale, quando si tratta di scegliere quale modello acquistare: insieme alla sua funzione pratica, la borsa svolge da sempre un ruolo identitario, ovvero quello di raccontare chi siamo (o vorremmo essere) e come ci percepiamo, senza neanche bisogno di parlare. A provare l'efficacia di questa teoria, la sezione esplora il lascito di alcuni modelli storici, dalla Lady Dior, il cui nome è tributo alla principessa Diana, passando per la Kelly di Hermès, sempre al braccio di Grace Kelly. Nell'ultima parte, "Design & Making process", è invece possibile comprendere tutto l'itinere che un pezzo di stoffa compie, per trasformarsi in oggetto del desiderio, con tanto di sketch e prototipi in mostra su un tavolo da lavoro. Ma a voler raccontare le borse più simboliche del secolo scorso, quali si sceglierebbe?

Se tra gli esperimenti surrealisti più divertenti è facile ricordare nel recente passato quella a forma di cane di Thom Browne – modellata sul suo amico a quattro zampe Hector – con un antenato nel modello a forma di rana, che arriva dal 17esimo secolo, ed esposto alla mostra, c'è anche una tracolla a forma di cartone del latte firmata da Karl Lagerfeld per Chanel nel 2014. Spesso venute a simboleggiare un'icona del cinema, e tutto ciò che l'attrice rappresentava, si pensa spesso a Grace Kelly quando si riflette sul potere evocativo della Kelly di Hermès, che l'attrice usò addirittura come arma di protezione contro la curiosità dei fotografi, nascondendo con i volumi della borsa la gravidanza, ancora non annunciata, di Alberto, oggi sovrano del Principato di Monaco. In realtà, però, Grace sfoggiò un'altra borsa, allora meno nota, a cui regalò il successo: la Bagonghi di Roberta di Camerino, vista su di lei mentre era a Roma nel 1959, schizzando subito in cima alla lista dei desideri delle donne, con quella struttura in legno realizzata dagli artigiani avvezzi a trattare il materiale, con il quale costruivano anche le gondole di Venezia.

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Sarah Duncan
La borsa Bagonghi di Roberta di Camerino, in mostra al V&A museum di Londra

Il glamour della Old Hollywood, invece, era incapsulato in un modello meno noto, la Stardust – e come altro poteva chiamarsi, se non polvere di stelle? – firmata dal marchio Wilardy Originals negli Anni 50. Forma a semicerchio, traforata, con due fasce a fare da tracolla, era realizzata in lucite, materiale realizzato in una plastica particolarmente durevole, che richiedeva di essere modellata a mano per assumere quella silhouette, poi sfoggiata da dive come Elizabeth Taylor e Marilyn Monroe. In una mostra che racconta l'identità che assumiamo quando viaggiamo, fosse anche solo per recarci in ufficio, non possono mancare però i bauli da viaggio di Louis Vuitton, apparsi in una versione realizzata per l'occasione da Marc Jacobs, anche nel Treno per il Darjeeling, pellicola di Wes Anderson nella quale tre fratelli viaggiano non solo su un eclettico treno carico di ricordi e passeggeri dalle personalità definite, ma anche indietro nel tempo, riportando alla memoria la loro infanzia. Il tutto portando sempre con sé dei bauli che riportano le loro iniziali, come il marchio usava fare per i propri clienti sin dai primi anni del secolo scorso. Ad avere dei segreti scottanti da raccontare, però, sono forse altri modelli: Margaret Thatcher sfoggiava una Asprey grigia, e la mitologia – o meglio il suo biografo Charles Moore – sostiene che le conferisse un potere quasi sacrale, tanto da assomigliare a una sorta di scettro del potere che l'inquilina di Downing Street usava come parte della sua armatura vestimentaria ( e il V&A conserva già alcuni pezzi del suo guardaroba, come il due pezzi royal blue di Aquascutum, fornito di spalline che tenevano alto l'orgoglio degli Anni 80). E la borsetta, si sussurra, non era usata soltanto come accessorio, ma proprio come arma, con la quale colpiva i membri del suo Governo che non si allineavano con la sua visione.

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La borsa di Chanel a forma di cartone del latte, firmata da Karl Lagerfeld

Certo però non fu in quel modo che la usava, quando si incontrava settimanalmente con la Regina, con la quale i rapporti, in certi momenti della storia, furono abbastanza tesi, a voler dare credito alla ricostruzione di The Crown, sempre avversata dalle fonti ufficiali che invece sostengono di un rapporto proficuo tra le donne che hanno guidato il Regno Unito. La borsa di preferenza di Queen Elizabeth, invece, è sempre stata la Traviata di Launier, che indossa solo in bianco, grigio, o nero. A differenza del modello alla mostra londinese, quello della regnante è ovviamente realizzato su misura e ha la maniglia leggermente più lunga, per consentire alla sovrana di appoggiare, forse, la borsa sul braccio, invece che portarla a mano. A essere però bramata da donne del grande e piccolo schermo, nell'universo della cinematografia e nella vita reale, è stata indubbiamente la Birkin di Hermès, che a Jane Birkin deve il suo nome. Se l'attrice inglese era solita, come molte donne, infilare all'interno dell'accessorio un'intera vita, documenti, trucchi e chissà cos'altro – tanto che la stessa Birkin a un certo punto confessò che era divenuta così pesante, da decidere di farne a meno – la sfoggia anche Margot Tenebaum/ Gwyneth Paltrow, in un altro film di Wes Anderson, I Tenenbaum, così come pure Cate Blanchett in Blue Jasmine di Woody Allen, nella sua versione cammello. E per averla, Samantha in Sex and The city, è notoriamente disposta a tutto: protagonista di un intero episodio, per l'oggetto — per il quale c'è notoriamente una lista d'attesa lunga anni – Samantha arriva a mentire, millantando che quella borsa sia desiderata in realtà dall'attrice Lucy Liu, guest star dell'episodio. «5 anni? Per una borsa?», «Non è una borsa, è una Birkin», risponde impassibile il commesso, negandole l'acquisto.

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Un dettaglio della Birkin di Jane Birkin, in mostra al V&A museum

E sempre all'interno dello stesso contenitore, quello del telefilm seminale che ha formato le donne sul finire degli Anni 90, c'è un altro momento, ben più drammatico, incentrato su un'altra borsa altrettanto iconica, la Baguette di Fendi, che il brand, in tempi di ritorni ai modelli amati sul finire della decade – così come è successo di recente alla Saddle di Dior – ha rilanciato. Persasi in un'estate newyorchese, alla disperata ricerca di un negozio dove fare shopping, Carrie viene derubata da un ladro ben consapevole del valore dei suoi accessori, tanto da chiederle anche di consegnargli le sue Manolo Blanik. «Dammi la tua borsa», «Ma è una baguette», implora come se il dato potesse fare differenza. Eppure, probabilmente, l'avremmo fatto anche noi. Perché, a prescindere dal brand o dal valore economico, dentro quegli scrigni non racchiudiamo soltanto le chiavi di casa e la patente, o un rossetto che forse ha superato la data di scadenza: dentro le borse c'è quello che siamo state, siamo e vorremo essere. E la mostra del V&A Museum di Londra, l'ha capito sin troppo bene.

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La baguette di Fendi indossata da Carrie in Sex and the city