Dior, Chanel e Gucci sul podio, seguiti da Saint Laurent e Prada, in una classifica che include anche il brand di Remo Ruffini, Moncler: secondo la ricerca di Launchmetrics, sono stati questi i 20 marchi che sono stati più ricercati, nominati, chiacchierati, nell'anno appena conclusosi. Lo studio ha preso in analisi 1600 magazine cartacei e 8000 allegati, 40 mila pubblicazioni online e blog, 500 mila account social, sparsi per l'intero globo terraqueo (in Europa 88,5 mila, in Nord America 62,1 mila, in Sud America 7,3 mila, in Medio Oriente 4,3 mila e in Asia 90 mila). Tra i risultati, però, non c'è una semplice lista dei nomi che si sono particolarmente distinti, anche in un anno difficile come quello della pandemia, ma anche le aree che, ad esempio, da quel 2020 facilmente definibile come annus orribilis, stanno già uscendo: la Cina è stata l'unica area nella quale il settore del lusso è cresciuto (+45%): un risultato che ha portato molte maison ad aumentare i loro già consistenti investimenti, in termini di campagne marketing, nel paese.

Chi l'ha fatto meglio, però, è stato chi ha saputo sfruttare gli strumenti tipici della zona, che vive di social e realtà, inesistenti nel resto del mondo, tipo Weibo, sito di microblogging autorizzato dal governo, dove Facebook non esiste: 523 milioni di utenti attivi (con una penetrazione del mercato che è pari a quella di Twitter negli Stati Uniti) con la possibilità di postare storie o status, è un ibrido tra Facebook e Instagram. Wechat, invece, è l'alternativa cinese a WhatsApp, anche se, oltre alla possibilità di scambiarsi messaggi del social di Menlo Park, dispone anche di un portafoglio digitale allegato dal quale fare acquisti: tutti mezzi utilizzati anche dalle maison come piattaforme attraverso le quali moltiplicare la loro presenza, attraverso l'aiuto degli influencer. Una figura, quella degli influencer che, in Cina più che negli altri paesi, ha contribuito al MIV (media impact value, valore di efficacia sui differenti canali): circa il 31% del risultato finale, più di un terzo, è infatti, secondo la ricerca, dovuto a loro, veri KOL (opinion leader chiave). E infatti Arne Eggers, senior vice president di Karla Otto, uno degli uffici stampa più noti a livello mondiale, aveva già precedentemente commentato che "mentre in altri mercati, i KOL vengono usati come elementi aggiuntivi nelle campagne di marketing dei marchi, in Cina ne sono il cuore pulsante".

Un risultato dovuto anche alle caratteristiche diverse dei loro social, molto spesso canali integrati e verticali, dove chiacchierare, fare network, postare status e storie ma anche acquistare, e che quindi dà una misura diretta e istantanea di quella che può essere l'efficacia del loro messaggio. In Europa e Stati Uniti, invece, i brand preferiscono investire su Instagram per via della sua natura maggiormente creativa. Andando poi nello specifico, a confermarsi come voci decisive nella proliferazione di un messaggio sono, in Cina, gli All- star influencer (quelli che hanno più di 2 milioni di follower) e i mega influencer (tra 500 mila e 2 milioni): pur riconoscendo l'importanza di categorie nuove, come quelle dei micro influencer (tra i 20 mila e i 100 mila follower, spesso un seguito fedele e molto targetizzato, capace di "convertire" e quindi tramutare un post sponsorizzato in un conseguente acquisto) la piattaforma molto più ampia di categorie come gli All Star e i mega consente loro di arrivare al risultato sperato con un numero molto minore di post. Un assunto valido in Cina e America, e che invece è leggermente diversa per l'Europa: pur considerando il peso massimo delle suddette categorie, il 36% del MIV totale dovuto a questa voce – le campagne di marketing che coinvolgono gli influencer – è qui rappresentato da quelli definiti Mid-tier (tra i 100 e 500 mila follower). Un risultato che, secondo Launchmetrics, può essere dovuto al minor numero di post pubblicato dalle categorie superiori per seguito. Le classifiche di importanza dei marchi, divise per aree (America, Cina, Europa), cambiano in maniera minimale, anche se le maison più rilevanti rimangono sempre le stesse, e Dior rimane sempre, saldamente, al primo posto, con un MIV che è cresciuto del 4,3% nell'ultimo quadrimestre del 2020: da questo punto di vista, le evoluzioni più importanti le ha avute Balenciaga, all'11esimo posto nella classifica americana (+68,6%), e Moncler, al 18esimo posto nella classifica europea (+59,6%). Il dato che avrà bisogno di più tempo per essere interpretato? Quello di Bottega Veneta, a 14esimo posto sia in Europa che in America, e all'11esimo in Cina, in tutti i casi con indici di crescita positivi: un risultato che fa riferimento all'ultimo quadrimestre del 2020, e che non tiene quindi conto della scomparsa dai radar social del brand, i cui account Instagram, Facebook e Twitter sono stati disattivati il 7 gennaio. Se questa strategia di comunicazione, che comunque consentirà al brand di essere presente digitalmente, anche se per interposta persona, attraverso i canali delle personalità con le quali sceglierà di collaborare o i giornali online nei quali apparirà, dovesse dimostrarsi efficace, lo sapremo solo nel prossimo futuro.