Una parabola filosofica, un eterno ritorno nietzschiano applicato alle pudenda, quello dell'intimo da indossare con fascia a vista. Ripescato dal cesto delle occasioni di un department store sulla via del tramonto; rielaborato da giovanissimi designer sulla cresta dell'onda, che vivono, come tutte le generazioni precedenti, in una costante e inspiegabile saudade di un passato mai vissuto e troppo idealizzato; e infine approdate in sordina sui fianchi di celebrities e influencer di casa nostra, causando un brivido sulla schiena di chi, quella tendenza, l'aveva già incrociata quasi 20 anni or sono, quando apparve per la prima volta, e non era pronto al suo ritorno. Nel minipimer fashionista che tutto tritura e tutto diluisce, è arrivato da qualche stagione il revival dei primi 2000, o come si dicono più elegantemente in lingua angolofona, gli "early aughts", età di mezzo tra i leggendari Anni 90, un'arcadia mitizzata di innocenza e ideali, e la ben meno poetica contemporaneità. Esausto, come l'olio utilizzato per troppe fritture, il revival dei nineties – tra camicie a quadri che erano madeleine di Kurt Cobain, e spaghetti dress come pastiche della mitologia dell'esordiente Kate Moss – ha così lasciato posto a quello dei primi 2000.

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Anni, i primi del nuovo millennio, nei quali, con il ritardo fisiologico con il quale il Belpaese recepisce tendenze esplose altrove – in questo caso negli Stati Uniti – arrivò anche sulle strade che costeggiano la Riviera Adriatica, così come quella Tirrenica, l'infausto trend dell'indossare slip con fascia logata bene in vista, meglio se in abbinata con baggy pants con il disperato bisogno di una cintura. Se in effetti la mitologia di Calvin Klein era esplosa già nei primi Anni 90, con certe adv divenute feticcio laico dei successivi adepti – una su tutte quella firmata da Herb Ritts, che incorniciava in un bianco e nero già nostalgico i suoi santi protettori, Kate Moss e Mark Wahlberg, all'epoca rapper divo musicale noto come Marky Mark – l'intimo con logo in vista era stato adottato solo in seguito anche dalle comunità del rap e dell'hip hop americano. Già avvezzi all'utilizzo di baggy pants, comodi per le performance di breakdance, mostrarli diveniva però difficile per gli uomini, a meno di non sfoggiare il petto nudo: tra i primi a osare, aiutato dalla fisicità di chi si è preparato in palestra, per non soccombere alla difficile vita di strada, fu Tupac Shakur, rapper poi entrato nella leggenda e nei moodboard di tutti i trapper che gli sono seguiti, sempre incapaci di replicare quella mitologia nata e morta tragicamente con lui, nel 1996. Sul palco dei concerti, il rapper newyorkese sfoggiava infatti i necessari jeans dal cavallo basso, stretti alla vita da una cinta in pelle, dei boxer con microstampa di Fila, e il petto adornato come un murales. E in effetti, nel caso di 2Pac, più che espressione edonistica di una devozione a un qualunque brand, i boxer incorniciavano con una spruzzata divertita di pop, un corpo disegnato dalla palestra e dall'ago del tatuatore. Una fisicità e un'anima, la sua, dedita, per tutto il tempo che ha camminato su questa terra, alla "thug life" la vita di strada, e che portava ben incisa sul suo stomaco.

chicago   march 1994 rapper tupac shakur performs onstage in 1994 in chicago, illinois  photo by raymond boydmichael ochs archivesgetty imagespinterest
Raymond Boyd//Gallery Stock
Tupac Shakur durante un concerto a Chicago nel 1994

Una mitologia amplificata dalla sua morte, avvenuta durante una sparatoria del 1996 a Las Vegas: un avvenimento che segnò un prima e un dopo, nella infinita faida tra le fazioni di East Coast e West Coast – e infatti, per molti anni la teoria complottistica principale voleva che il mandante dell'omicidio fosse Notorious B.I.G. , arcinemesi di 2Pac, e che incontrò lo stesso fatale destino solo un anno dopo. Sulle spoglie di quel corpo mortale divenuto poi eterno moodboard per gli epigoni sempre mal riusciti, nasce la tendenza che poi esploderà nei primi 2000. Una dichiarazione d'intenti oggi – come già ieri – parecchio diluita nella portata ribelle, e sfoggiata a favore di telecamere e dell'occhio attento dei social, insieme ai necessari baggy pants, riportati in auge da Balenciaga. A raccoglierne il lascito, tramutandolo in un vezzo nostalgico di chi forse non ricorda neanche troppo bene l'origine della mitologia è la trentenne Marine Serre, che sugli slip a vita alta ci imprime il suo logo, la mezzaluna che ormai ha conquistato tutti, da Beyoncé alle influencer di casa nostra.

Ad averne riportato in auge l'utilizzo però, è stato anche un altro evento tragico, quello della pandemia, che ha innescato il ritorno o la nascita di tendenze che hanno l'obiettivo di non far sentire a proprio agio nessuno, se non chi le indossa. Abbandonato momentaneamente l'intimo shaping courtesy di Kim K, nato per performare sotto abiti da gran soirée, tra spacchi e cut-out che non lasciano scampo a bretelle ed elastici, si è ritornati così alla comodità pratica e condita dalla nostalgia verso l'età dell'infanzia, dell'intimo bianco, sgambato, il cui unico vezzo modaiolo è la fascia con logo in vista, e che sbuca senza più causare sopracciglia inarcate o sguardi di disapprovazione.

Una visione sposata, e da chi altrimenti, anche dalla linea di intimo di Rihanna, Savage x Fenty, successore a pieno titolo di quel filone estetico e di pensiero, che, nel suo vasto catalogo include anche i briefs a vita alta con fascia logata. Una transumanza ideologica sublimata però da Les Girls Les Boys. A fondarlo è Serena Reese, che sconta con la creazione di un marchio che si è intestato tutti gli aggettivi giusti nell'anno domini 2021 (democratico, sostenibile, gender-fluid, responsabile) la pena di esser stata la fondatrice di un altro gigante della lingerie, con ben altre ideologie: Agent Provocateur. A sentir lei, però, il messaggio che condividono entrambe le realtà, figlie della loro epoca, è sostanzialmente lo stesso: quello di un'espressione gioiosa e giocosa di sé, un'orgogliosa dichiarazione di appartenenza ad un'unicità, quella del sé, che non può essere più ingabbiata da taglie e luoghi comuni. L'abbandono di pizzi e merletti per il ben più affidabile cotone altro non è che l'adattarsi ai tempi che corrono, sformano ideali e intimo, adeguandoli a delle versioni più socialmente accettabili. Forse meno rivoluzionarie, ma chi vuoi che se ne ricordi più.