Primavera stagione anche, di nuovo, di spose: se l'anno scorso la pandemia ha imposto un drammatico stop a tutte le cerimonie, rimandate poi a tempi migliori, o in molti casi, all'anno successivo, il 2021 con le sue graduali aperture verso la stagione calda, si sta configurando come il momento X molto atteso da un intero comparto, quello nel quale, finalmente, riprenderanno a celebrarsi – ma soprattutto a festeggiarsi – i matrimoni. Un business che negli ultimi anni, a causa della diminuzione globale delle cerimonie o di nuove abitudini aveva visto un momento di stanchezza: secondo IBISWorld le vendite dei vestiti da sposa sono in calo dal 2015, con una percentuale del 2% all'anno, a livello globale. Andando nello specifico, un sondaggio di Pew Research Center ha evidenziato come il 25% dei millennial americani non abbia intenzione di sposarsi, mentre in Cina il numero dei matrimoni è sceso del 41% rispetto al 2013, secondo l'Ufficio statistico Nazionale. In casa nostra, secondo l'Istat, nel 2019 – l'ultimo anno prima dell'inizio della pandemia, che ha imposto un drammatico stop alle celebrazioni – i matrimoni erano diminuiti del 6% rispetto all'anno prima: un dato che riguarda soprattutto le prime nozze. Anche le seconde unioni, però, non se la sono passata particolarmente bene, diminuendo del 2,5%. Per quanto riguarda l'annus horribilis 2020, i dati disponibili presso l'Istituto nazionale di statistica sono ancora provvisori, ma registrano, come da pronostici, un crollo nel secondo trimestre, quando si sono attivate le misure di contenimento della pandemia: rispetto allo stesso periodo dell'anno prima, si è registrato un -80% per i matrimoni classici, e un -60% delle unioni civili.

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courtesy press office
Un abito di Elisabetta Delogu

Numeri ed eventi che hanno di certo cambiato l'approccio alla cerimonia, favorendo un generale tramonto di abiti da sposa volumetrici a vantaggio di linee scivolate, morbide, più agili da indossare, pur senza divenire minimalisti: è il caso di Elisabetta Delogu, fondato dall'omonima cagliaritana, autrice di un'estetica dalle vibrazioni boho, che arricchisce le sue creazioni con pizzi antichi e riadattati, o consistenze tessili a cui regala nuovi colori con dei bagni in acqua "colorata" con polvere di caffè o foglie di tè.


«Nella mia estetica, già prima non c'era spazio per gonne e sottogonne complicate» spiega Delogu «le spose prediligono abiti romantici, ma dalle linee pulite, e dato il momento complicato che si spera di essersi lasciati alle spalle, ho pensato bene di realizzare modelli ancora più essenziali. D'altra parte, quelle che avevano previsto di sposarsi lo scorso anno con un mio abito, e hanno dovuto posticipare l'evento al 2021, ne hanno approfittato per personalizzare il vestito arricchendolo magari con dei veli o delle applicazioni». E se il business ha ripreso a macinare numeri, cambiando anche abitudini – in America, secondo Bof, che ne ha parlato nel pezzo The post-pandemic bridal opportunity, il settore si è rivoluzionato, tra fitting online, negozi solo digitali, e ritmi di molto velocizzati – anche alcune maison vedono in questo momento un'opportunità: Prabal Gurung, che realizza ready-to-wear, lancerà online, a ottobre, una collezione sposa, che sarà anche venduta attraverso le classiche boutique dedicate all'evento. Un'opportunità ragionevole, considerata la nuova tendenza di indossare, all'altare, pezzi separati, jumpsuit, blazer e gonne corte. A confermarlo è anche Nadia Manzato, donna dietro l'omonimo brand bridal, atelieri a pochi km da Milano ed estetica ispirata a icone come Twiggy e alla "Manic pixie dream girl" per eccellenza, Zooey Deschanel.


«Questa pandemia, con il conseguente ridimensionamento delle feste, ha portato le spose a scegliere delle linee più semplici e portabili» spiega. «I ricevimenti si sono trasformati in molti casi in feste più intime con la presenza della famiglia e degli amici più stretti, per cui la scelta di molte è ricaduta su abiti più comodi e minimal, dalle linee sobrie. Ampio spazio hanno ricevuto anche gli abiti corti, sempre adatti a matrimoni civili o comunque più raccolti, e abbiamo assistito anche allo sdoganamento della tuta da sposa, vista come un’alternativa moderna e attuale al classico abito».

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A rientrare nella normalità, dopo un periodo di stop dovuto agli ingressi contingentati in boutique, sarà, secondo molti, il rituale della scelta, che nella maggior parte dei casi, segue delle tempistiche molto dilatate, iniziando con le visite agli atelier, la scelta del modello suggerita dalle amiche e dal gineceo che di solito accompagna la futura sposa, le prove e le modifiche, fino alla consegna dell'abito finale. «Le clienti hanno un forte desiderio di normalità» spiega Delogu «anche durante la pandemia, nel rispetto dei protocolli sanitari ho continuato a seguirle una per volta, perché desiderano avere un rapporto esclusivo con la persona che poi, nella pratica, realizzerà l'abito dei loro sogni». Per velocizzare il processo, in alcuni casi, durante i momenti caratterizzati dalle maggiori restrizioni, c'è stato chi ha iniziato con degli appuntamenti online. «Si tratta di un appuntamento conoscitivo» spiega Stefania Gentile, fondatrice di 1920, boutique nella quale le spose con un gusto rétro possono trovare abiti da sposa vintage, che arrivano dagli Anni 20,30, 40 o anche modelli chiamati Replica, ispirati ai Fifties. «Succede con le clienti che per ragioni di distanza non possono venire a trovarci. Virtualmente viene fatto solo il primo appuntamento, quello conoscitivo e in cui mostriamo gli abiti e i vari servizi che mettiamo a disposizione. Successivamente, soprattutto per gli abiti su misura, c'è bisogno che le clienti vengano a provare il vestito in atelier cosi da vederne insieme la vestibilità, decidere le eventuali personalizzazioni, toccare i tessuti e procedere a creare la loro scheda sartoriale con le misure che necessariamente devono essere prese di persona» Ma non tutto il male viene per nuocere, secondo Giorgio Lippolis, fondatore di My Secret Sposa, atelier pugliese. «Con gli ingressi contingentati abbiamo organizzato gli appuntamenti con le spose facendole accompagnare massimo da due persone della famiglia» spiega. «In realtà la scelta dell’abito è stata più facile perché poco influenzata da troppi pareri contrastanti: spesso la sposa per accontentare tutti finisce per adeguarsi e non è mai un bene. Da questo punto di vista è stato meglio per l’atelier e per le spose. Non è possibile scegliere un abito così importante online, bisogna indossarlo e sentirlo sulla pelle, solo così si capisce se è quello giusto».

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RAFFAL
Abito di 1920

Diversa la situazione all'estero, a causa delle differenti abitudini legate all'evento. Sul mercato internazionale, ad esempio, le spose indiane che magari vivono fuori dal loro paese per lavoro, sono però abituate a scegliere il proprio abito nella terra natia. Così, nell'impossibilità di viaggiare, si ricorre ai fitting su Zoom. Il ricorso all'online ha reso certamente il mercato più globale e meno locale, e sono in molti a riconoscere che Instagram è diventato vettore preferenziale attraverso il quale fare una prima ricerca del brand che si vorrebbe scegliere. Un veicolo che Gentile ha usato per parlare del mondo di riferimenti estetici a cui si ispira il suo brand, portando sul social storie di abiti da sposa famosi, e correlati retroscena. «Abbiamo cercato di comunicare quello che è il mondo da cui 1920 nasce, quindi storie anche un po' singolari di donne del passato, curiosità che non tutti conoscono, ma anche una wedding guide con suggerimenti di ricerca e spunti per accessori e non solo. Abbiamo notato che questo momento ha lasciato in molti la voglia di conoscere storie nuove e di lasciarsi ispirare dal passato per poterlo reinterpretare nel presente».


Altro curioso trend che arriva proprio dal nostro passato, è quello di optare per non uno, ma ben due abiti: se nel passato, chi scrive ricorda come si utilizzasse sfoggiare l'abito da sposa "formale" per la giornata e poi indossare, prima della fine della festa, un altro abito, da viaggio, da sfoggiare per partire agilmente in luna di miele – anche se magari la trasferta era programmata per il mese successivo – oggi ritorna l'idea del doppio abito, anche se con una valenza più pratica. Una tendenza confermata da Gentile: «Sì, quella del cambio d'abito è una tendenza che sta ritornando» spiega. «Siamo stati abituati all'idea che l'abito da sposa sia un capo così importante per una donna che debba necessariamente essere indossato tutto il giorno. Le ragazze che si sposano oggi invece, hanno un'idea molto più elastica da questo punto di vista. Molte delle nostre clienti scelgono uno dei nostri abiti come abito da sposa principale e desiderano indossarlo anche in altre occasioni per esempio. Oppure vengono da noi per il secondo abito, per esigenze di festeggiamenti diversi oppure perché, pur avendo già l'abito da sposa, si innamorano di uno dei nostri abiti, e vorrebbero indossarlo per la seconda parte dei festeggiamenti».

In un mondo globale, dove potenzialmente tutti hanno lo stesso palcoscenico social, la manifattura italiana rimane più importante di sempre e riesce a raggiungere nuovi mercati. Lo conferma Giorgio Lippolis, il cui atelier è in un fazzoletto di terra nella Valle d'Itria che da solo produce il 40% degli abiti da sposa realizzati in Italia. «Esportiamo anche all'estero» conferma Lippolis «l’esportazione degli abiti da sposa italiani vede sempre al primo posto il Giappone, ma anche la Corea del Sud e gli Stati Uniti mostrano sempre più interesse al Made in Italy. Lo stesso mercato italiano, invaso ormai da troppi capi di importazione, si sta ricredendo sul prodotto nazionale di qualità, tanto che molti atelier stanno riqualificando il proprio punto vendita inserendo i marchi italiani per differenziarsi dai competitor uniformati da un prodotto troppo commerciale. E proprio perché i tempi per l’organizzazione del matrimonio sono stretti, molto spesso i capi scelti sono abiti di manifattura italiana, perché le aziende del territorio posso garantire un servizio, anche su misura, in tempi brevi, mentre un abito di importazione richiede molti giorni per la consegna e non sempre il servizio di modifiche fornito è all'altezza. In questo momento di rinnovata attenzione al nostro mercato interno, va detto che i social fanno la loro parte: il 90% delle future spose ci contatta perché ci ha visti su Facebook o Instagram». Sfogliando, in sicurezza, sul proprio feed, ormai catalogo digitale di riferimento, per poi, finalmente, presentarsi già preparate in atelier.