Non esiste un capo d’abbigliamento che sia più legato alla storia della società del costume da bagno. La moda a bordo piscina o in spiaggia ha da sempre fatto da specchio alla cultura moderna e da termometro alla voglia di anticonformismo. La storia del costume da bagno rappresenta una guerra fra la pelle, le macchine industriali e il tessuto, proiettata sullo sfondo del cambiamento delle epoche e della civilizzazione. In questa lotta, due forze contrapposte dominano i giochi: la voglia di liberazione ed esposizione e il bisogno di proteggere, nascondere e custodire. Freud sosteneva che il progressivo nascondere il corpo, di pari passo con lo sviluppo della civiltà, ha tenuto viva la curiosità sessuale nell’essere umano. Se l’abbigliamento può essere considerato erotizzante, poiché spande l’attenzione sessuale su un’unica entità (il corpo umano), il costume da bagno è l’opposto, ha fatto da spot light su parti del corpo diverse, sparpagliando l’attenzione sessuale. Questo significa che i costumi da bagno, nonostante la loro lunga storia e i mille cambiamenti, hanno sempre strizzato l’occhio alla sessualità. L’invenzione del costume da bagno ha trasformato in indumento un capo che fosse allo stesso tempo funzionale e infinitamente espressivo. Il costume da bagno ha fatto ciò che nessun altro capo prima era mai stato chiamato a fare, rappresentare il paradosso: un modo di svestire che funzionasse come simbolo del vestito. Il costume da bagno è stato bistrattato in tutti i modi prima di trovare un valore simbolico. Tutti i movimenti culturali che si sono alternati nella storia sono stati inevitabilmente assorbiti dal mondo della moda, che di volta in volta trasforma le nuove idee in una varietà infinita di tessuti, forme e tecniche innovative di produzione. Il costume da bagno è nato seriamente svantaggiato da grande limite pratico poiché ha dovuto mostrare la stessa critica innovativa all’interno di poco più di un metro di tessuto. Come sostiene Gideon Bosker, autore e artista, se la moda è un linguaggio, il costume può essere paragonato al telegramma, deve essere coinciso e attrarre in pochissimo sazio tutta l’attenzione possibile.

spectators of the first hungarian formula one grand prix sunbathe while watching the last time trials for the upcoming grand prix on hungaroring on august 10, 1986 photo by daniel janin  afp        photo credit should read daniel janinafp via getty imagespinterest
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Un gruppo di spettatori del Gran Premio di Formula Uno in Ungheria nel 1986.

I primi costumi da bagno vengono fatti risalire alla antica Grecia, quando i bagni pubblici erano in voga e frequentati dalla società che poteva permettersi capi per l’occasione e che praticava sport acquatici. Successivamente si è sviluppato in nord Europa, secoli dopo, per il largo uso di bagni termali terapeutici, moda che venne importata in America dai coloni L’evoluzione fu lenta e per molti anni il costume da bagno fu scomodo e impacciato. Verso la fine del XIX secolo consisteva in un paio di leggings alla caviglia, coperti da dei mutandoni fino ginocchio che a sua volta erano coperti da un vestito lungo fino a metà coscia. Nei litorali, che piano piano diventavano sempre più affollate, le donne mettevano i corsetti sotto il costume da bagno. I costumi dell’epoca vittoriana rappresentavano il trionfo dell’artificio sulla natura e della costrizione sulla libertà, mantenendo ben distinti i ruoli sociali anche nelle situazioni di spiagge, dove il corsetto rendeva l’accesso all’acqua privilegio dei soli uomini.Negli anni 20, al contrario, il probizionismo e l’economia prosperosa, oltre che l’invenzione dell’automobile, dettero una grande spinta allo sviluppo della società in senso ottimista. La gente voleva nuove avventure e si sentiva pronta per il futuro. Sulle cicatrici della prima guerra mondiale e del suffragio femminile in America emerse un nuovo modello di donna e una nuova estetica. Curve generose e forme abbandonati furono rimpiazzate da una nuova silhouette, longilinea, arcuata, androgina il cui scopo non era più solo procreare ma lavorare, votare ed emanciparsi. In questi anni il costume si era già ridotto di molto. Consisteva in una tunica composta da due pezzi, un mantello lungo fino al ginocchio e legato sotto il mento e una tunica senza maniche che copriva fino a metà coscia. Rimanevano scoperte zone “nuove” come la parte superiore del braccio, la parte bassa delle cosce, si intravedevano le ascelle. L’inguine era ancora gelosamente custodito. La società aveva ancora bisogno di dettare regole chiare e precise sul pudore e la decenza e nelle spiagge si affiggevano cartelli con le dimensioni permesse di pelle scoperta. I giornali scandalistici erano infuocati dal dibattito fra chi supportava questo nuovo due pezzi e chi gridava allo scandalo. In America oltre alla lotta ai comunisti, il dibattito sociale riguardava il modo in cui il corpo doveva essere vestito sulle spiagge. In Europa, in contrapposizione all’asprezza politica che stava serrando il futuro, una frivolezza dei costumi e dei piaceri della vita trovava il suo spazio nella società intellettuale a cui piaceva la moda e le sue tendenze avanguardiste, fra cui il famigerato due pezzi. Mentre le autorità controllavano i centimetri di carne esposti al sole, l’industria della moda lavorava per rendere obsoleti gli standard di decenza. Gli atelier europei mostravano la nuova direzione del beachwear con l’avanguardia di Sonia Delaunay e con Jean Patou, Lanvin e Schiaparelli e le fabbriche americane lo rendevano disponibile per milioni di bagnanti. I modelli europei erano esotici, interessanti e all’avanguardia ma alla portata di pochi e, anche per il costume da bagno come per la maggior parte dei capi d’abbigliamento, è stata l’industria americana a rendere accessibile il design alle masse. Alla vigilia del giovedì nero, ricordato come la più grande crisi economica americana, il design dei costumi da bagno venne strappato agli atelier di nicchia e messo sui tavoli da lavoro delle fabbriche tessili della produzione di maglieria massa. Gli anni 40 furono molto diversi. Nonostante l’America fosse lontana dalle bombe della seconda guerra mondiale, la popolazione era ossessionata dal tema della sopravvivenza, dalla procreazione, dall’aggressività e dall’abbondanza. Film, riviste e musica portavano nelle case la tensione internazionale e le difficoltà della vita durante la guerra. L’ideale astratto della figura femminile si adeguava, riscoprendo interesse per le forme le curve morbide. I capi d’abbigliamento erano strategicamente prodotti per stringere qua e sfinare là, dando ad ogni corpo la forma delle dive di Hollywood. Il corpo formoso riacquistava il palcoscenico ma rimaneva modulato e contenuto da nuove fibre e stecche. I costumi degli anni 40, sono quelli delle pin up, abbondanti, dolci e ben strutturati per esaltare i fianchi e il seno, assottigliando punto vita e spalle, con uso di tessuti come la spugna, che creavano spessore nelle zone giuste. Le donne che erano entrare nel mondo del lavoro in ruoli tradizionalmente maschili, vestite con tute da operaie e grembiuli reclamavano abiti estremamente femminili nel tempo libero. Finalmente negli anni ‘60 il corpo veniva mostrato senza restrizioni forzate. I baby boomer, nati nel dopoguerra, diventavano adulti, avevano potere d’acquisto ed erano pronti per imporre i loro gusti ad una società che consideravano obsoleta i cui padri avevano fatto la guerra. Un potente senso di rinnovamento era nell’aria. Proteste, ribellione e idealismo erano nella mente di tutti. Contro la guerra fredda, la guerra del Vietnam e coinvolti nelle poteste studentesche gli adolescenti si innamoravano dei Beatles, di Iggy Pop, Jimmy Hendrix e Patty Smith. La politica dichiarava guerra all’anticonformismo e lo misurava con quantità di pelle scoperta sul corpo della gente. La pelle scoperta era per i sovversivi e culturalmente illuminati. Jeans stracciati, bucati, camicie aperte sull’addome, topless e reggiseni bruciati. Secondo il costume di quegli anni, il nudo era naturale e naturale era bello: finalmente il bikini, arrivato negli anni 50, diventava veramente popolare.

la baignade, bathers at asnieres, 1884, 1937 oil on canvas from french painting and the nineteenth century, by james laver b t batsford ltd, london, 1937 artist georges pierre seurat photo by the print collectorgetty imagespinterest
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"Bagnanti ad Asnières" dipinto di Georges Seurat del 1884

Gli anni ‘80 cambiarono nuovamente tutto. Improvvisamente l’attenzione non era più su quanti pezzi di corpo fossero scoperti, ma quali. L’interesse per il nudo era appassito e nuovo ideale fisico si era fatto strada. Dalle classi di aerobica e dai saloni di body building emergeva un corpo allenato e turgido. Disciplina e artificio entrarono nel complicato rapporto fra la donna e il suo corpo, quello che la natura non poteva dare, lo davano esercizio e macchinari. Il costume da bagno adesso metteva l’attenzione sulle zone su cui si concentrava l’allenamento fisico, quelle che invecchiano peggio: ascelle, glutei, inguine, interno coscia. Tanga perfettamente aderenti, string allungati e bikini vivaci imperversavano contemporaneamente ai costumi interi, più geometrici e in-continuum con le linee di un corpo asciutto e palestrato e molto spesso abbronzato. Ironicamente aver portato il due pezzi al suo estremo, il tanga, ha spinto il bikini al suo limite, distruggendolo e facendolo risorgere nel pezzo unico.

maillot de bain dans le défilé hervé léger en octobre 1996 à paris, france photo by alexis duclosgamma rapho via getty imagespinterest
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Close-up dalla sfilata di Hervé Léger Prêt-à-Porter Primavera-Estate 1997