Nel film del 1935 diretto da James Whale La Moglie di Frankenstein, da alcuni considerata una commedia dell'orrore, da altri un'astuta allegoria queer, la donna-mostro creata dal dottor Pretorius appare sullo schermo per meno di cinque minuti, verso la fine, eppure questo personaggio è diventato istantaneamente un’icona horror riconoscibile e ricca di significato. A differenza della Creatura di Frankenstein, la Moglie non è in grado di parlare e si esprime solo con strilli e urla di terrore, ma prende vita lo stesso sullo schermo grazie a un costume e una parrucca memorabili, senza sottovalutare l’interpretazione di Elsa Lanchester, tutto un gioco di occhi e sopracciglia alzate. Solitamente i mostri dei film su Frankenstein, con le loro vesti strappate e impolverate, evocano forza e brutalità, al contrario dei mostri femminili che portano piuttosto a riflessioni meno ovvie sul ruolo della donna (può la Moglie esistere solo come soluzione alla solitudine dell’uomo?) e la sessualità femminile (può la Moglie fare sesso con il rischio di procreare altri mostri?). Qui la donna, un po’ Nefertiti e un po’ fantasma, risplende con il suo abito lungo fino a terra, bianco abbagliante nell'oscurità del laboratorio, le braccia ancora avvolte nelle bende post-operatorie, castissima ma ancora femminile.

1935  english actress elsa lanchester 1902   1986 plays the woman created to be the monsters wife in bride of frankenstein, directed by james whale  photo via john kobal foundationgetty imagespinterest
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Il contrasto con un'altra donna della storia, la Mary Shelley del prologo, anche questa interpretata da Lanchester, è evidente: se l'abito di Shelley, sempre bianco e dalla scollatura vertiginosa, è ricamato con lustrini a forma di farfalle, stelle e lune, e appartiene a un'epoca che non c'è più, il costume della Moglie è invece grezzo, informe e fuori dal tempo, per questo facile da imitare ancora oggi. Anche se l'abito che ha richiesto 17 ricamatrici e due settimane di lavoro è stato dimenticato da tutti, entrambi i look hanno creato problemi al film che i libri di storia del cinema ancora ci tramandano. Il primo era così sensuale da mandare in crisi i censori di Hollywood, il secondo aveva costretto l'attrice a bere il meno possibile sul set perché andare in bagno avvolta in tutte quelle bende era una scocciatura e richiedeva assistenza.

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Oltre ad aver avuto un successo immediato, la reputazione del film è cresciuta continuamente dagli anni ’50, mentre l'immagine della sposa vestita con una palandrana bianca, le maniche lunghe e il rossetto nero è mutata da icona cinematografica a costume tradizionale di Halloween, uno di quelli che si possono comprare all’ultimo minuto in un grosso supermercato, come il kit maglione a righe e cappello di Freddy Krueger o la maschera deformata di Scream. Negli Stati Uniti, dove la Universal detiene da sempre i diritti del film, appartiene a quel calderone di soggetti che generano introiti tutto l’anno, basta entrare in qualche negozio di abbigliamento per adolescenti - specialmente il vecchio paradiso degli emo, Hot Topic - e tra un pigiama di Sponge Bob e una t-shirt di Friends o Totoro, The Bride of Frankenstein è sempre presente, ovviamente accanto ad altri classici del genere: The Nightmare before Christmas e Beetlejuice.

L’elogio massimo, lussuoso e intellettuale, è arrivato nel 2019 con la collezione Autunno-Inverno di Prada, utilitaria e romantica, con molto nero costellato di rose dall’aspetto macabro, lampi e bulloni, e la coppia di mostri in questione. Una scelta calzante per perpetuare una delle idee cardini di Miuccia Prada, ovvero che il brutto, e per estensione il mostruoso, ha tanto appeal e potenziale quanto la bellezza canonica, perfino quando non può nemmeno scandire una parola.

milan, italy   february 21 a model walks the runway at the prada ready to wear fallwinter 2019 2020 fashion show at milan fashion week autumnwinter 201920 on february 21, 2019 in milan, italy photo by victor virgilegamma rapho via getty imagespinterest
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