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Milano Fashion Week 2015: 5 argomenti di conversazione per (far finta di) sapere tutto

Moda uomo della prossima estate: 5 divagazioni da Armani a Prada su estetica maschile e uomini scandalosi.

Di Antonio Mancinelli
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Getty Images

Abbiamo svoltato anche questo girone di sfilate moda uomo alla Milano Fashion Week 2015 (non è vero: continuano a Parigi, ma è qui che si consumano le polemiche; lì al massimo consumano un macaron tra un défilé e l’altro). Sono state, come al solito, una ghiotta occasione per sfoderare lo sgabuzzinismo in cui sono posteggiati agli addetti ai livori, come avrebbe detto Marcello Marchesi. Fra cinque anni diremo, con una certa qual nostalgia: «Quelle in cui hanno deciso che i maschi dovevano vestirsi da ricchioni». La nostalgia sarà dovuta al fatto che da qualche anno la moda maschile non accendeva così gli animi, le menti e le morali. Non dimentichiamoci che mentre a Milano alcune colleghe si stracciavano le vesti griffate al grido di «Ma questo non è vestirsi da maschio!», a Roma c’era il Family Day e la difesa del nucleo parentale tradizionale. Senza nessuno che si chiedesse né a Roma, né a Milano:

- Cosa sia oggi un nucleo familiare tradizionale;

- Che cosa significhi oggi “vestirsi da maschio”;

- Chi o che cos’è oggi un maschio.

Siccome da queste parti si nutre sincero affetto per chi ha la bontà di leggere queste righe, si pensava di fornire un piccolo vademecum di delucidazioni – con utili rimandi – per fare bella figura in società. Quando, invece di default, Isis e nuova Sars vi saranno rivolte seminali domande di questo tipo:

1.«Sono pazzi a voler vestire gli uomini come gay?». Citazione appropriata: «È ora che le donne e i gay si rendano conto che i primi uomini o sono loro o altri non ce n'è al mondo» (Aldo Busi, Manuale del perfetto papà, 2011). Sotto accusa, per non perdere la priorità acquisita, l’ottimo lavoro che sta facendo Alessandro Michele per Gucci. Già dopo due sfilate e mezzo, si è capito che il designer ha una visione molto chiara di ciò che fa e dove vuole arrivare: vendere. Michele ha un fiuto da marketing degno di un lupo di Wall Street (dichiarare di volere far soldi causa maggiore irritazione dell’argomento omo). La teoria di fanciulli postadolescenziali, mischiati ad arte con ragazze altrettanto postpuberali dove tutti si somigliano tra loro e tra tutti insieme fanno il peso di una persona di buon appetito, sono il segno di un’immagine che mai come oggi riscuote successo tra uno strano, bizzarro tipo di pubblico: gli uomini etero. Certo, non i cumenda all’adipe della carriera, ma quella tribù di giovani ricchi ad alto mantenimento che è internazionale, globale e coesa più di un congresso all’Onu. Comprano per desiderio, ovviamente non per necessità: di sicuro si trovano meglio in un’estetica che contempli anche le ballerine da uomo, i fiocchi ottocenteschi alla camicia e i blazer ricamati come tappezzerie giapponesizzanti piuttosto che in un tre pezzi à la hipster, ormai defunti come le loro barbe (senza dire che tolte le canotte di pizzo e i fiori al posto del papillon ci sono accessori desiderabili anche da Mario Draghi, come le borse shopping semplicissime, un quadrato nero). È una sensibilità diffusa e “urgente”, come usa dire alle Biennali a proposito di qualsiasi opera d’arte o aspirante tale. Il confronto con la memoria non può non avvenire se non guardando a un presente che oggi richiede e pretende dall’abito doti come come dolcezza, protezione, fiaba, artigianato (Michele, oltre a essere direttore creativo di Gucci, lo è anche di Richard Ginori, sempre di proprietà dello stesso potente Kering Group: e anche lì ha trasformato le porcellane in sculture d’immaginifici insetti, farfalle, scarabei, uccelli variopinti, dimostrando una visione molto personale e individuabile). E poi: qualcuno ha presente come si vestono i gay? In cravatta. Con camicie a scacchi. Con la polo. Con i jeans. Male, malissimo. Bene, benissimo. Sapete, sono persone, mica massoni.

2.«Ma chi se li comprerà quei vestiti in passerella?». Citazione appropriata: «La ricchezza delle società nelle quali predomina il modo di produzione capitalistico si presenta come un’immane raccolta di merci e la merce singola si presenta come una forma elementare» (Karl Marx, Das Kapital, 1867). I vestiti in passerella rappresentano una minima parte di ciò che realizza il fatturato di una grande azienda: servono a creare un’aura basilare di merce “raccolta” insieme e che – nel corso dei mesi – come un antibiotico a lungo rilascio, lascia fuoriuscire le sue forme elementari: scarpe, cinture, profumi, borse, addirittura biancheria. Ma guai se non venisse officiato il sacro rituale della sfilata: è quel momento che definisce un intero universo estetico da dove poi prenderanno il volo i singoli pezzi. Musica, scelta dei modelli, costruzione dello spettacolo con la tecnica dell’addizione sartoriale (camicie, felpe, giubbotti, soprabiti, giacche, pantaloni) che alla fine diventa addizione economica. Chi non può permettersi un abito sartoriale di Zegna o di Canali, potrà ambire a una loro camicia. Chi non può permettersi quella, acquisterà una t-shirt. Chi neanche una maglietta, ripiegherà sul profumo griffato. Sono le leggi del mercato, baby. E chi le conosce bene – da Prada a Dolce & Gabbana, da Versace ad Armani – sa che la costruzione del desiderio inizia dall’edificare un mondo di riferimento, un tempio della desiderabilità. Certo, ogni passaggio della merce deve possedere al massimo un alto quoziente di qualità, sennò la catena alimentare si spezza.


3.«Che cosa mi devo comprare, per essere alla moda la prossima estate?». Citazione appropriata: «C'è una sola grande moda: la giovinezza» (Leo Longanesi, La sua signora, 1957). Ok, questa è facile. Uno spolverino (welcome back, anni 80!): meravigliosi quelli di Zegna. Una t-shirt strutturata che si allontani dal corpo (tentatrici quelle di Dolce & Gabbana, stampate con le chinoiseries della Palazzina cinese a Palermo). Pantaloni larghi (addio per sempre, risvoltino!) come quelli fluidi di uno Giorgio Armani in purezza. Pantaloncini da boxeur, come da Prada. Un paio di sandali alla francescana da portare con i calzini: c’è il serio pericolo che i turisti tedeschi diventino le nuove fashion icon stagionali. Una sahariana multitasche. Immancabili le ciabatte da piscina da portare anche al consiglio di amministrazione. Un giubbotto Varsity, da campus americano, con il collo e i polsi di maglia. Un abito sartoriale ma in tessuti sorprendenti come quelli di Caruso, che hanno un filo di seta e uno di ceramica nella trama e nell’ordito, di chic inarrivabile. Qualsiasi cosa non troppo stampata e mai a fiori. Un fisico asciutto perché l’oversize sta bene ai magri. Ah, e una fedina penale pulita nel caso l’aveste sporca.


4.«Ma se volessi essere un po’ più moderno?». Citazione appropriata: «La modernità è una categoria qualitativa e non già cronologica». (Theodor Adorno, Minima et Moralia, 1951). Prada, Prada, Prada (anche questa è una citazione, anche se non sembra: è in Glamorama, di Brett Easton Ellis). Non è perché quando vai alle loro sfilate tutti le altre sembrano accartocciarsi in polverose rovine di tempi superati. È che, di tutti i nostri designer, la signora Miuccia è quella che sa cogliere l’attimo preciso, e anche un momento più in là, in cui si vive. La sua collezione celebra l’estetica del glitch. Secondo Wikipedia è «un picco breve e improvviso (non periodico) in una forma d'onda, causato da un errore non prevedibile». Sull’estetica dell’errore lei ha fondato una poetica affascinante e portatrice di turbamenti, dove il glitch corrisponde a quell'imprevisto che modifica e perverte lo stato delle cose. Mi ha riportato alla mente questo articolo su cosa sogna Google quando s'incarta. I risultati sono immagini oniriche che neanche Salvador Dalì, però le ha fatte un algoritmo (paura!). Ma se il glitch puro è accidentale, quello di Prada è deliberato, la coincidenza è sostituita da uno sbaglio progettato, la casualità è rimpiazzata dalla creazione. Sono “glitches” le stampe a coniglietti infantili con una freccia, sparse appantemente a casaccio su pullover e magliette. Sono glitches le pellicce (da donna) eccessive in paillettes, i colori artificiali come visti da uno schermo di computer moribondo. La contemporaneità è mixare insieme cose che sembrano fare a pugni l’una con l’altra, a sottolineare che oggi sia il comeinvece del cosa a dettare legge. Si finisce per sfigurare completamente l’universo sintetico spezzandone la sintassi, frammentandone le espressioni e trasformandolo interamente attraverso un bug estetico. Paradigmi di una geniale estetica che è già parte delle nostre vite e non ce ne accorgiamo.

5.«Ma dopo tutto questo sciorinamento culturale, vuoi dirmi che vestirsi non aiuta più a sedurre? Insomma: il punto di tutto il discorso non è che fare sesso non va più di moda?». Citazione appropriata: «Eh… Lo sai che hai un po’ ragione? Poi ci scrivo un post, magari» (Io).

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Andrea Pompilio

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Antonio Marras

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Canali

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Dolce & Gabbana

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Emporio Armani

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Ermenegildo Zegna

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Fendi

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Gucci

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Moncler Gamme Bleu

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MSGM

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Prada

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