Collezionare un maestro, i capi vintage di Kenzo e dove trovarli
Dal cardigan multicolor al soprabito con stampa orientale, passando per gli stivali total white e gli anelli chevalier con tigre: l'epopea di una carriera, nel segno della leggerezza, e dell'ironia.
Il circo, le stampe floreali, la capacità di prendersi gioco di se stessi, e di un altro "circo": quello della moda, con i suoi cerimoniali rigidi e regole ferree, che ha infranto non per una carenza di buona educazione, ma per eccesso di leggerezza. Kenzo Takada, il couturier giapponese scomparso di recente è arrivato in una Parigi, quella dei primi Anni 70, che forse mancava di quell'ironia a tinte – e stampe forti – e l'ha colorata, ad iniziare dal suo primo negozio, il Jungle Jap parigino che riempì di motivi floreali dipinti sulle pareti. Sostenitore primigenio e spesso, in quegli anni, unico, della democratizzazione della moda – che "dovrebbe essere non per pochi, ma per tutti", come disse al New York Times nel 1972 –senza però abdicare alla qualità, ha portato, sulle rive della Senna, abiti colorati, dalle silhouette morbide, a volte over. A ingigantire i volumi ha provveduto l'uso del cotone e l'utilizzo dei tessuti usati classicamente per il kimono, fondendo, sulla tela di un vestito, Occidente e Oriente. Azzardo? No, mera consapevolezza che era inutile ripetersi, cercare di ricopiare i canoni europei, che avevano contaminato e appiattito pure il vestire orientale, e quindi "mi misi a disegnare in modo diverso. Non aveva senso che facessi la stessa cosa degli stilisti francesi, non sapevo neanche farlo", come ammise solo l'anno scorso al South Cina Morning Post. Per questo, ancora oggi, il suo operato, visto nella sua interezza, rimane una nota discordante, nel panorama parigino, eppure capace di imprimere carattere a una sinfonia altrimenti più noiosa. Una carriera da celebrare, e raccontare, indossandolo ancora.
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