Alzi la mano chi - uomo o donna - nel periodo del lockdown non si sia imbattuto in un meme o in una frase che intendeva essere spiritosa sull'aumento di peso dovuto al poco moto e al maggiore indulgenza verso il cibo. Divertenti? Forse. Ma in stridente contrasto con il movimento della body positivity, argomento complesso soprattutto quando il body appartiene a una donna. Un movimento che professa l’accettazione del proprio corpo e la liberazione da standard di bellezza imposti dall'esterno per farci adeguare a un modello fisico proposto come l'unico socialmente accettabile.
Su questo argomento interviene Manuel Scrima, giovane fotografo, art director e artista nato a Cremona, che in questi giorni espone a Milano, nella galleria Fabbrica Eos, la mostra Disembody, corpus di lavori realizzati nel corso di anni, opere che partono da foto stampate su lastre di vetro e plexiglas montate assieme, in una sovrapposizione di più livelli che ricreano la complessità dell’immagine finale. Partendo dal nudo classico - quello statuario, quello delle paolineborghesi e dei telamoni dei grandi palazzi, eredità di una cultura umanistica e di una raffigurazione "canonica" del corpo - Scrima arriva a "disincarnarlo", a renderlo via via sempre più astratto, per trasformarlo in un'apparizione fantasmatica o che addirittura evoca altre immagini, come quella di un fiore o di una piramide egizia.
«Tutto è iniziato quando ho fotografato un ragazzo di 18 anni, la cui perfezione fisica era tale da richiamare quella delle statue ellenistiche. Ma quando ho visto che, sovrapponendo due sue ritratti il risultato era quello di una terza immagine che rimandava ad altro, ho cominciato a fotografare sempre più corpi "imperfetti" che, nell'essere sovrapposti l'uno sull'altro nelle stampe trasparenti, restituivano dignità all'essere umani e, allo stesso tempo, a vedere l'anatomia forma di ispirazioni per nuove forme. Tanto che invito chi acquista i miei quadri ad appenderli orientati come vuole: c'è chi vi vede un profilo, chi un paesaggio, chi un puro decoro geometrico», afferma l'autore.
Ed è così che la composizione formale serve a indirizzare l’attenzione sulla bellezza e la verità del soggetto fotografato «perché alla fotografia appartengono due componenti sostanziali: “il sentimento e la composizione”, diceva il teorico e artista Jaromír Funke», continua Manuel Scrima. Un effetto ottenuto senza interventi in postproduzione, dove la simmetria delle forme non è dettata dalla duplicazione e specularità delle immagini ma dalla associazione maniacale di corrispondenze formali ed equilibri corporei.
Quelle di Disembody, alla fine, sono immagini "politiche" perché s'innestano sul discorso intorno alla Bellezza con una sofisticata irrisione alla mercificazione del corpo propagandata dai social network, e restituiscono alle forme del corpo un ruolo che è gioco, ma anche erotismo suggerito che richiede una seconda e talvolta anche una terza occhiata perché si sprigioni pienamente. Tant'è vero che, a chi la visita, la prima sorpresa deriva dal pavimento coloratissimo di mattonelle colorate. È composto da un puzzle di 400 quadrati di pietra tagliate a mano, composte da materiali a base quarzo, prodotte da Stone Italiana, che riportano le stampe fotografiche con i soggetti creati dall’artista. E dove la fisicità diventa un caleidoscopio variopinto in cui il corpo è solo un pretesto per una vertiginosa sinfonia di motivi quasi lisergici. Dopo questa mostra, l'artista-fotografo sta lavorando al progetto Prosopon 2030. Sta incontrando 2030 ragazzi della Generazione Z e parla con loro di futuro e sostenibilità. Da questo percorso nasceranno 2030 ritratti, 2030 voci registrate, 2030 video di occhi che sognano e un collage di 2030 tessuti, ognuno con un desiderio destinato a realizzarsi in un prossimo futuro.