Non sono mai serviti fiumi d’inchiostro per demolire un amore.Però nel suo ultimo libro Brigitte Giraud ne fa a pezzi undici in sole 120 pagine, forse un record (motivo per cui qui di seguito la intervistiamo). Serial killer? Scrittrice. Presta le sue abilità narrative alle protagoniste dei racconti, tutte donne, che in L’amore è sopravvalutato (Guanda) trovano, finalmente, le parole giuste per descrivere la morte del Sentimento che più di ogni altro si vorrebbe eterno (ma a volte non passa la nottata). Con grandi verità travestite da dettagli, la Giraud permette che l’ecatombe si consumi fino in fondo, fino all’estremità più remota del dolore vero. Leggendo, è fatale che si rivivano i propri delitti e castighi amorosi, ma si guadagna forse la chance di una catarsi personale. Il libro - in Francia ha vinto il Goncourt - esce in Italia il 7 febbraio, una settimana prima di San Valentino: può essere una buona palestra per love story vecchie e nuove. Non siete convinti? Peccato, costa 12 euro ma dura ben più di una scatola di baci Perugina.

Ci può dire qualcosa della sua biografia sentimentale?

La mia storia è molto semplice. Ho vissuto vent’anni con lo stesso uomo, mio marito. È morto in un incidente di moto a 41 anni, nel 1999. Ho scritto un libro, A présent, che parla di questo avvenimento che ha diviso in due la mia vita. Nel racconto cerco di capire come la nostra società contemporanea guardi la morte, anzi come si sforzi di non farla esistere.

Perché, durante i momenti di crisi, le parole delle donne diventano «il più potente dei sonniferi» per gli uomini?

Può darsi che le donne parlino troppo. Hanno bisogno di capire, analizzare e trasformare in frasi. Parlare per loro è un modo per stare vicine, attaccate all’altro, è come fare l’amore. E nei momenti di crisi le parole delle donne sono una prova a volte insormontabile, perché cercano la verità e la verità in amore è difficile da sopportare. Il sonno è un’arma efficace per proteggersi dalla verità.

Quanto è triste l’amore?

Non è triste. Al contrario, ci dà l’energia per fare tutto: viaggiare, pensare, dare il meglio di se stessi, immaginare, creare. Solo che è potente quanto sconvolgente. La cosa peggiore è non essere più amati, attesi, desiderati. L’amore intrattiene uno strano rapporto col tempo. Evolve, cambia ed è la causa di tutte le inquietudini.

A un certo punto finisce o noi non sappiamo stargli dietro?

Non lo so! Credo che l’amore possa durare a lungo. Si trasforma, ha diverse facce, un ritmo, come la vita, come le stagioni. Credo che due esseri possano amarsi una vita intera, ma accettando che l’amore si trasformi. Tenerezza, complicità, benevolenza, solidarietà: anche quello che accompagna l’amore è bello. Le storie finiscono così spesso perché abbiamo paura, paura di non vivere qualche altra cosa più forte, di non essere “liberi”. Paura di invecchiare. E anche perché l’altro diventa un oggetto inanimato, una cosa ingombrante, la causa di tutti i nostri problemi.

Il film sentimentale che ha segnato lei e la sua generazione?

Le onde del destino di Lars von Trier. Un capolavoro che mostra i sacrifici che si è in grado di fare per amore, la forza insospettata che dà, le follie di cui si è capaci per essere amati, fino a perdere se stessi. L’amore è pericoloso. Fa fare solo le cose migliori o le peggiori.

Quanti indizi fanno la prova che una storia è finita?

Una storia è finita quando, semplicemente, l’altro non aspetta più. L’amore è sopravvalutato è un libro sull’interpretazione dei segni, fa osservare quel che non si vede, ciò che non si mostra. È una narrazione del dettaglio, di cui va a caccia nelle zone d’ombra, nelle camere da letto e nelle cucine... Insomma nei luoghi dove si gioca veramente l’amore.

È vero che gli uomini sono emotivamente più distratti delle donne?

So solo che mostrano i loro sentimenti in modo diverso. In generale credo che non siano in grado di essere assorbiti da più cose contemporaneamente: lavoro, sentimenti, problemi, creazione artistica... Isolano questi aspetti in compartimenti stagni, mentre le donne sono capaci di sincronia e hanno bisogno di vivere le cose fino in fondo. E proprio perché hanno bisogno di perfezione, sono più spesso insoddisfatte. Il che può renderle pesanti. Ma gli uni e le altre hanno lo stesso fortissimo bisogno di prove d’amore.

Meglio vedove o zitelle?

La solitudine è una prova molto difficile quando non è stata scelta. Le persone sole che conosco non hanno in testa che una cosa: incontrare qualcuno. Ma le persone sposate si lamentano in continuazione dei loro congiunti.

Cosa è più importante dell’amore?

La vita, ma una vita senza amore è impossibile da sopportare.

La favola che l’ha marchiata a fuoco?

Pollicino. È il terrore assoluto. Non riesco a trovare niente di peggio dell’idea che i tuoi genitori ti possano abbandonare nella foresta. Ho iniziato a scrivere un libro su questo tema.

Cosa, sull’amore, avrebbero dovuto dirci da piccoli?

Il problema sono le favole che ci hanno letto. Finiscono tutte dove la storia comincia veramente. «Vissero felici e fecero molti figli». Le fiabe non parlano che dell’incontro amoroso, e delle prove che bisogna superare per meritarselo. Ma dopo, una volta che la principessa ha incontrato il principe, come vivranno nel loro castello? Si dovrebbe dire ai bambini che l’amore può durare per sempre, ma che può anche finire. E che non si sa mai come farlo finire: è sempre un dramma perché i due non vivono la stessa situazione. E che la fine ha sempre delle conseguenze così concretamente dolorose, perché è molto difficile avere papà e mamma in due case diverse.

Un compagno infedele: meglio saperlo oppure no?

Non so cosa rispondere. Tutto sta nel capire perché è infedele. In ogni caso la vera questione riguarda la menzogna: quella che si racconta a se stessi è importante almeno quanto quella che ci si infligge reciprocamente.

Cosa hanno trovato le donne in questo suo ultimo libro?

Le donne (ma anche gli uomini) si sono riconosciute e hanno riconosciuto quello che non osavano dire, o pensare, o ammettere. Molte di loro l’hanno regalato al loro compagno. Forse per fargli capire quello che non avevano il coraggio di dichiarare.

Il miglior romanzo d’amore?

L’amante di Marguerite Duras. E in generale tutti i suoi romanzi.

La cosa peggiore e la migliore che abbia mai detto a un uomo?

Ho detto a un uomo vivo che avevo la sensazione che fosse morto. Però ho detto anche a un uomo che volevo invecchiare con lui (anche se la parola “invecchiare” fa paura ed è la meno sexy di tutto il nostro vocabolario).

«Ama come se non fossi mai stato ferito» (Mark Twain). È possibile?

L’amore ferisce, è obbligato a farlo. Ma è dalla ferita, dalla sofferenza, dal fallimento che viene lo scambio. È indispensabile per capire il senso della vita, perché una vita senza dolore e senza tristezza non sarebbe vivibile. La vera cosa interessante è il passaggio da una condizione all’altra, che è la costruzione.

C’è un film a cui avrebbe voluto cambiare il finale?

I ponti di Madison County di Clint Eastwood. Finisce in modo così triste, ingiusto. Ma così logico. È un film che affronta tutte le questioni legate alla coppia, alla famiglia, alla passione amorosa. Da una parte c’è una storia nuova, inattesa, appassionata, e dall’altra una legata al tempo, alla durata, al quotidiano, al lavoro, ai figli, alle preoccupazioni, alla noia... Il problema è che la coppia è spesso unita da queste “altre cose” che a volte non si accordano bene con l’amore. Il film lo mostra bene: la passione non sopporta nessuna contrarietà esterna. È proprio per questo che non può durare? Francamente, non lo so.

Consapevolezza in amore, paura di amare: dove sta il confine?

L’amore non va d’accordo col pensiero. Si affida al suo istinto, all’intuizione. Quando tutto fila liscio non c’è bisogno né di pensare, né di capire e nemmeno di analizzare. L’amore fa paura perché ci rimanda alla nostra infanzia, alle volte in cui avevamo la sensazione di essere abbandonati, o dimenticati, o meno amati da nostra madre o da nostro padre. Il problema è che riattiva tutto questo. Lo fa tornare in circolo.

Dichiarazioni estreme da L’amore è sopravvalutato.

Cose che non abbiamo mai osato dire. E altre da provare a ricordarsi è la fine della storia e non lo sai. Lui è lì, in piedi davanti alla finestra, e tu non gli perdoni di schermare la luce. Non è lui che vedi, ma il giorno, cui lui impedisce di entrare. Inizia così. Lui è lì, e la sua presenza ti dà fastidio. Non lo aspetti più. (...). Sai cosa deve fare, pensare, accettare. Vuoi educarlo, rieducarlo. Non lo ami più. L’hai svuotato della sua sostanza, l’hai consumato. Ora è davanti a te, logoro e stanco. E così non ti piace più. Un guscio che tu stessa hai svuotato. Si può amare un guscio? Si può amare un uomo che non si ribella? (...) Di chi la colpa, allora? Di chi ha divorato l’altro? Di chi si è lasciato divorare?

Dici che si potrebbe combinare un ocra con delle piastrelle più neutre, mi chiedi se è una buona idea. E siccome continuo a non rispondere (...) mi assicuri che esistono anche tinte diverse, se preferisco, tra i prodotti di un’altra marca. (...) Dico che ho intenzione di lasciarti, e tu chiudi gli occhi. Aspetto una risposta alla mia domanda, e tu sprofondi letteralmente nel sonno, svuotato di tutto il tuo essere, ti spegni d’un colpo come quando si toglie la spina. Subito dopo, i tuoi respiri diventano profondi, e il giorno seguente mi chiedi di scegliere tra il color sabbia e l’ocra

Chiameremo i bambini stasera, come abbiamo deciso (...). Pensavamo di evitare la sera, perché subito dopo c’è la notte. Volevamo evitare il mattino, perché subito dopo c’è la scuola. (...). Tenteremo di sdrammatizzare, inserendoci in quel grande movimento che separa i papà dalle mamme. (...) Diremo ancora «noi», per l’ultima volta, poi cominceremo a parlare come tutti i genitori separati, diremo «tuo padre», diremo «tua madre», e soprattutto passeremo definitivamente alla prima persona singolare. (...) Tirerete qualche calcio in cortile durante la ricreazione, a volte sbatterete la testa contro il muro, farete disegni neri e rossi, sempre lo stesso incendio, ma starete benissimo. (...) Sarete dei messaggeri, farete da tramite; dopo aver ascoltato delle frasi qua e là, durante i pasti, nel corso di qualche conversazione telefonica, troverete il modo di far pervenire le informazioni, in tutta innocenza, seminerete il dubbio per via della vostra stessa paura. Vivrete nella paura, chiuderete gli occhi, alla festa della scuola, quando papà si avvicinerà alla mamma, non vorrete vedere quando, sotto il portico, in piedi uno di fronte all’altra, si parleranno, vivrete nella paura, ma anche nella speranza che i vostri genitori tornino a vivere insieme.

Avevamo riassunto così la situazione: due esseri smarriti, che avevano perso l’abitudine di amare ed essere amati, e che tornavano all’amore, che tornavano da lontano. (...) In quaranta secondi ho fatto ciò che nessuno è mai riuscito a realizzare, ho trasformato una semplice cucina di tre metri per tre in uno spazio ardente di desiderio e di apprensione insieme. Ho trasmesso il mio tremore a ogni oggetto e mi sono macchiata la gonna prima di aprire. (...) Il pasto era durato più di tre ore, e nessuno dei due era convinto di immaginare un seguito. In ogni caso c’è stato un secondo capitolo, uno spostamento dell’azione dalla cucina verso la camera, perché sembrava l’unica transizione possibile. Diciamo che lui non ha avuto il coraggio di congedarsi accontentandosi di aver fatto solo conversazione, cosa che, a mio avviso, sarebbe stata la migliore delle iniziative, ma ci sono momenti in cui è più facile fare ciò di cui non si ha voglia che astenersi, chissà perché. È spesso più facile agire che giustificare la rinuncia all’azione.