Romy Schneider non deteneva titoli nobiliari, non aveva sposato un principe, non aveva corona né sudditi. Eppure, sarà per sempre ricordata come una principessa triste, esattamente come Lady Diana. Perché questa giovane attrice di origine austriaca, nata il 23 settembre 1938, mentre il mondo si preparava ad affrontare la Seconda Guerra Mondiale, scomparsa molto prima di poter invecchiare, aveva messo piede su un set la prima volta controvoglia. E per tutta la vita si pentirà di una serie di interpretazioni che l’hanno resa celebre, ma per cui lei provava imbarazzo. No, non si trattava di film osé, ma del ruolo iconico nei panni della principessa Sissi. Vi abbiamo appena infranto un sogno, lo sappiamo, ma la cose stavano così.

Romy Schneider, madre e padre. Il vero nome di Romy Schneider era Rosemarie Magdalena Albach-Retty. Sua madre, Magda Schneider e suo padre Wolf Albach-Retty erano entrambi erano attori molto popolari in Austria. Come accadeva con molti figli di celebrità di allora, la piccola Rosemarie cresce in collegio dove sviluppa una certa sensibilità nella pittura, mentre la madre viene costretta in ruoli di propaganda del Terzo Reich. Il collegio è a solo 25 km di distanza dall’abitazione degli Albach-Retty, ma non vanno mai a trovare la loro bambina. Rientrata a vivere con i genitori, Romy vorrebbe intraprendere gli studi per sviluppare le tecniche pittoriche. Ma la madre, che riconosce già in lei la presenza scenica, le fa abbandonare le sue aspirazioni per spingerla verso la recitazione. Nel 1953, a soli 15 anni, Romy debutto nel film Quando il bianco lillà fiorisce di nuovo. L'anno dopo è nel cast di L'amore di una grande regina, dove comincia a riscuotere successo. Da quel momenti in poi Rosemarie Magdalena Albach-Retty diventa Romy Schneider, preferendo il cognome materno. Due anni dopo, inizia la trilogia di film della Principessa Sissi, un ruolo in cui verrà identificata per tutta la vita.

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Romy Schneider, Sissi unite da un destino. La trilogia di Sissiracconta la storia della regina d'Austria Elisabetta, la duchessina di Baviera rappresentata impropriamente nella trilogia come donna felice e innamorata, ma nella realtà prigioniera di un matrimonio indesiderato e insofferente alle regole, un disagio che la porterà a diventare la pioniera delle anoressiche celebri. Le due donne Romy e Sissi, nate a un secolo esatto di distanza, sono unite dallo stesso destino: qualcuno ha scelto per loro come vivere. Ma al pubblico il falso storico piace, la trilogia ottiene un successo strepitoso e ancora oggi, a distanza di oltre sessant'anni, i tre film sono spesso riproposti in televisione registrando una buona audience. Romy Schneider è una ragazza dalla spiccata percezione artistica e quando si vede costretta a specializzarsi in favolette romantiche, commedie frivole e nel ruolo della fanciulletta ingenua e spensierata, si sente fuori posto. Tra l’altro, la madre non la molla un minuto perché fa spesso parte del cast con lei: nella trilogia di Sissi interpreta, manco a dirlo, la madre della principessa. Uno dei film più imbarazzanti di questo filone è forse Eva, confidenze di una minorenne, del 1958. Anche qui, mamma Magda vigila nel ruolo di madre per copione. Ma forse è questa la pellicola che per Romy rappresenta la goccia che fa traboccare il vaso. Siamo alla fine degli anni '50, il quarto film su Sissi è in cantiere. Ma lei dice di no, vuole diventare un’attrice impegnata.

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Romy Schneider, film. Si cambia registro: a Parigi. Nel 1958, con il film L'amante pura, diretto da Pierre Gaspard-Huit. Basato sulla pièce teatrale Liebelei di Arthur Schnitzler Romy Schneider fa un passo avanti. E sul set incontra il suo grande amore storico: Alain Delon. Lui è l’uomo più bello del mondo, occhi blu, capelli neri, intriso di fascino francese. Lei la ragazza più pura del cinema. Il pubblico sogna vedendoli insieme. Ed è amore vero. Intanto, Romy diventa amica di Coco Chanel, un legame di grande complicità che va oltre gli abiti che la grande stilista seleziona per lei. I film di Romy sono diventati tutt'altro che leggeri: lavora con Orson Wells in Il Processo, con Otto Preminger in Il Cardinale, con Jacques Deray in La piscina. Interpreta La Califfa di Alberto Bevilacqua. E poi Ludwig, di Luchino Visconti, La morte in diretta di Bertrand Tavernier. Sul set dell’esigente Visconti, Romy comincia a dimostrare le sue fragilità. La vita sentimentale si complica. Nel 1964 lei e Delon si dicono addio, glielo porta via un’altra donna. Lei comincia a dare segni di depressione, che cerca di soffocare nell’alcol. Ma non ha mai funzionato con nessuno.

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Romy Schneider figli e amori. Romy si sposa due volte. Con l’attore Harry Meyen, con cui avrà il primo figlio David Haubenstock (dal vero cognome del padre), e col giornalista franco italiano Daniel Biasini, suo segretario, con cui avrà Sarah Biasini, attrice anche lei. Ma l’ex principessina Sissi è ormai scivolata nella spirale dell’alcolismo, che aggrava i suoi problemi di depressione. Ad appesantire il carico, ci saranno il suicidio di Harry Meyen, un tumore al rene che costringe l’attrice a un delicato intervento di rimozione. E il colpo finale, l’assurda morte del figlio 14enne David, rimasto infilzato nel cancello della casa dei nonni che stava cercando di scavalcare.

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Romy Schneider morte e ricordo incancellabile. Il 29 maggio 1982 Romy Schneider viene trovata morta a Parigi nella casa del suo nuovo compagno, Laurent Petin. Ha solo 44 anni. All’inizio si sospetta il suicidio, le circostanze sollevano gli stessi dubbi di Marilyn Monroe. Ma l’autopsia conferma il decesso dovuto ad un arresto cardiaco. Il corpo provato da alcol e antidepressivi non ha retto il colpo della morte di David. Di lì a poco si scopre che Romy Schneider era sotto il controllo dei servizi segreti a causa della sua attività segreta di appoggio ai movimenti politici di opposizione alla Repubblica Democratica Tedesca. Ma il dubbio che questo c’entrasse qualcosa col decesso è stato rapidamente smentito. Nel maggio del 2017 non le è stata risparmiata nemmeno la profanazione del sepolcro, da parte di ignoti. Della sua vita bruciata resta però una lunga lettera che Alain Delon le ha scritto per darle l’addio prima della sepoltura, e che inizia così: “Ti guardo dormire. Sono accanto a te, mia Puppelé, Bambolina E penso che sei bella, e che forse non lo sei mai stata così tanto. Per la prima volta nella mia vita – e nella tua – ti vedo serena, in pace”. E si conclude con: “Riposati. Sono qui, vicino. Ho imparato un po’ di tedesco, grazie a te. Ich liebe dich . Ti amo. Ti amo, mia Puppelé”. Forse il messaggio più romantico e commovente mai scritto da un uomo a un amore perduto.

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